Progetto Energia
Tecnologie nucleari dalla fissione alla fusione
di Marco Ripani
Un cask con a fianco i tracciatori di muoni costruiti dall’INFN (montati sui supporti blu). I muoni cosmici rivelati dai tracciatori attraversano anche il contenitore, permettendo di ispezionarne il contenuto.
I grandi acceleratori e rivelatori di particelle degli esperimenti di fisica fondamentale, che costituiscono il cuore della ricerca dell’INFN, hanno caratteristiche interessanti anche per applicazioni nel contesto dell’energia nucleare, principalmente in tre ambiti: la gestione dei rifiuti radioattivi generati dalle centrali a fissione; i dispositivi per la diagnostica di impianti a fissione e fusione; gli impianti ausiliari che fanno funzionare i reattori a fusione. Faremo alcuni esempi, evidenziando in particolare gli scopi del progetto strategico INFN-Energia.
I rifiuti radioattivi, prodotti dal funzionamento delle centrali che utilizzano la fissione nucleare, sono di tre tipi: quelli prodotti nel combustibile, in cui i nuclei di uranio vengono spezzati creando frammenti radioattivi; quelli che l’assorbimento (“cattura”) dei neutroni produce nel combustibile stesso (ad es. il plutonio); quelli che la cattura dei neutroni produce nei materiali che compongono l’impianto (ad es. il ferro). Il plutonio e diversi altri elementi formati per cattura nel combustibile hanno un tempo di vita molto lungo, da centinaia fino a decine di migliaia di anni e perciò vanno isolati dall’ambiente per tempi molto lunghi. Si può però costruire un reattore “inceneritore”, un impianto che si accende dando il via alla fissione solo se i neutroni vengono forniti da una sorgente esterna, una specie di “fiamma pilota”. Una sorgente di neutroni di questo tipo può essere realizzata accelerando protoni o deutoni e facendoli assorbire da un bersaglio metallico spesso. Quindi, l’esperienza dell’INFN nella costruzione e operazione di acceleratori di ioni potrebbe essere applicata sia alla realizzazione di un impianto di ricerca sull’incenerimento di rifiuti a vita lunga, sia alla realizzazione di un impianto di incenerimento vero e proprio, che richiede acceleratori di potenza particolarmente elevata. Vedremo più avanti come acceleratori e sorgenti di neutroni di questo tipo possono essere utilizzati anche per le ricerche sulla fusione.
Nel frattempo, però, i rifiuti radioattivi che si producono durante il funzionamento e la manutenzione degli impianti, o durante lo smantellamento degli stessi a fine vita, vanno mantenuti in sicurezza e sorvegliati in modo da garantire che non vengano in contatto con l’ambiente circostante. Con il contributo del progetto europeo MICADO, è stata studiata la combinazione di varie tecnologie per la caratterizzazione dei rifiuti ed è stata sviluppata l’analisi, raccolta e immagazzinamento dei dati con le più moderne applicazioni digitali. In MICADO, l’INFN ha sviluppato dei sensori compatti, flessibili e di costo contenuto, per la rivelazione di raggi gamma e neutroni emessi dai rifiuti, che sono stati testati con successo, utilizzando fusti contenenti sorgenti radioattive in modo da simulare le situazioni che si incontrano con i tipici manufatti contenenti rifiuti nucleari. Con il contributo del progetto europeo PREDIS, questi sensori di raggi gamma e di neutroni sono stati proposti per controllare i rifiuti cementati, equipaggiandoli anche con particolari dispositivi elettronici in grado di trasmettere i dati su rete wi-fi. Infine, con il contributo del progetto europeo CLEANDEM, sensori compatti di raggi gamma e neutroni sono stati montati su robot, che possono effettuare ricognizioni preventive delle zone dove sarà necessario intervenire durante le operazioni di smantellamento, garantendo così una maggiore sicurezza agli operatori.
Un altro esempio di gestione e controllo dei rifiuti radioattivi consiste nel monitoraggio dei contenitori per il combustibile esaurito, detti “cask”, costruiti in modo tale da schermare le radiazioni e proteggere il contenuto. Una volta riempiti e chiusi però, non è possibile controllare lo stato degli elementi di combustibile all’interno.
Tra i vari controlli che le agenzie nazionali e internazionali effettuano sulle installazioni nucleari, rientrano anche quelli mirati a impedire che del materiale nucleare venga sottratto e utilizzato per scopi illeciti. In questo caso, ci viene in aiuto la tecnologia della “tomografia muonica” (vd. Raggi mu, ndr). I muoni atmosferici di alta energia sono particelle molto penetranti e la loro carica elettrica ci permette di “tracciarli”, ovvero di misurare la loro traiettoria. Perciò, installando degli opportuni “tracciatori”, che misurano ciascun muone che entra ed esce dal cask, è possibile ricavare una scansione tridimensionale del contenuto, proprio come nella TAC in medicina si ottengono immagini dell’interno di un paziente. Questo permette per esempio di stabilire se tutti gli elementi di combustibile sono presenti e non mostrano anomalie.
Il primo stadio dell’impianto IFMIF-EVEDA, realizzato dall’INFN e installato a Rokkasho (Giappone).
La parte di plasma che sfugge all’intrappolamento va convogliata in modo da concentrare il suo enorme calore su zone fortemente raffreddate (il cosiddetto “divertore”), onde evitare di fondere la parete del contenitore. Infine, per realizzare l’impianto servono materiali che possano resistere abbastanza a lungo al calore, alla radiazione del plasma e al bombardamento dei neutroni emessi dalla reazione di fusione, che possono degradare metalli e plastiche.
Vi è quindi la necessità di sviluppare materiali in grado di sostenere l’elevato flusso neutronico. Per questo è in corso di realizzazione IFMIF (International Fusion Material Irradiation Facility), uno o più laboratori dove si riproducono le condizioni estreme determinate dalla fusione, utilizzando un fascio di nuclei di deuterio assorbiti da un bersaglio di litio liquido, nel quale essi producono un flusso molto intenso di neutroni con energie simili a quelle degli impianti a fusione. A tale progetto l’INFN dà un importante contributo tecnico-scientifico con la realizzazione di un potente acceleratore di nuclei di deuterio (vd. fig. b).
Poi c’è il progetto DTT, lanciato recentemente in Italia, che prevede la costruzione a Frascati di un impianto a fusione dedicato allo studio del divertore sopra citato. In questo progetto, l’INFN contribuisce ai sistemi di riscaldamento del plasma, ovvero l’iniettore di atomi neutri e le radiofrequenze, e ad alcuni sistemi diagnostici.
Per realizzare un fascio di atomi neutri, si parte da una sorgente di ioni carichi che vengono accelerati e infine neutralizzati. Sono necessarie correnti elettriche degli ioni molto elevate: l’acceleratore consiste in un migliaio di fascetti, accelerati usando delle griglie metalliche dotate di un migliaio di fori per consentire il passaggio dei fascetti e raffreddate in quanto la creazione e accelerazione dei fascetti inevitabilmente comporta la deposizione di una grande quantità di calore sulle griglie. Per questi componenti, così come per componenti di trasmissione delle radiofrequenze, l’INFN ha iniziato a sviluppare e ad applicare una tecnologia di punta, la “manifattura additiva” o “stampa 3D” di metalli (leghe di rame o acciaio in questo caso), che consente di realizzare oggetti con geometrie molto complicate con uno scarto minimo. Inoltre, per assemblare i componenti dell’acceleratore, è necessario studiare delle giunzioni in materiali speciali, che consentano il necessario isolamento elettrico senza rilasciare sostanze indesiderate all’interno della macchina dove è praticato un vuoto spinto. Infine, l’INFN contribuisce anche a progettare accuratamente le antenne a radiofrequenza per il riscaldamento del plasma, posizionate all’interno della ciambella dove avviene la fusione.
L’esperienza acquisita dall’INFN negli esperimenti con bersagli nucleari polarizzati, ovvero con lo spin nucleare orientato, è invece alla base delle attività di INFN-Energia sulla fusione polarizzata, dove l’orientamento degli spin nucleari può far guadagnare fattori importanti nella probabilità di fusione dei nuclei. Questa ricerca può avere interesse anche nell’ambito della “fusione inerziale”, che avviene per mezzo della compressione e confinamento prodotti da potenti laser.
In quest’ultimo ambito, l’INFN porta anche avanti il progetto FUSION, con lo scopo di realizzare una nuova classe di esperimenti basati su sistemi laser a impulsi brevissimi e alta frequenza di ripetizione. In FUSION verranno sviluppati bersagli innovativi e nuovi sistemi diagnostici dedicati.
In definitiva, con questi pochi esempi vediamo come le tecnologie di punta sviluppate dall’INFN per progettare e realizzare gli esperimenti di fisica fondamentale possano anche servire a fornire soluzioni nell’ambito dell’energia nucleare.
Biografia
Marco Ripani è ricercatore presso la sezione Infn di Genova e lavora da 30 anni nel campo della fisica nucleare con sonde elettromagnetiche. Dal 2012 al 2020 ha diretto il progetto strategico “Infn Energia” e attualmente dirige il progetto DTT INFN sulla fusione. È membro di comitati internazionali di esperti all’interno dell’organizzazione europea Euratom e all’interno dell’European Strategic Forum on Research Infrastructures (ESFRI).