[as] traiettorie
Un fisico a -100 °C
di Francesca Mazzotta
Sull’altopiano antartico, a oltre 3200 metri di quota, c’è la base di ricerca permanente italo-francese Concordia, costruita grazie a un accordo congiunto tra l’ENEA (Ente italiano per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) e l’Istituto Polare Francese Paul-Émile Victor. Qui ogni anno si svolgono spedizioni di gruppi di ricerca italo-francesi, che vivono nella stazione per circa tredici mesi, di cui nove in completo isolamento, con temperature percepite anche al di sotto dei -100 °C, senza avere contatti, se non telematici, con il resto del mondo. Durante i mesi dell’inverno antartico attraversano un periodo di circa cento giorni al buio totale senza mai veder sorgere il Sole: il periodo migliore per le osservazioni astronomiche e per le misure di fisica dell’atmosfera.
Al momento la base ospita la diciannovesima spedizione invernale del PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide), guidata dal ricercatore Davide Carlucci dei Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN.
[as]: A quali attività state lavorando? E di che cosa ti occupi come capo della base Concordia in Antartide?
[Davide Carlucci]: Come capo della spedizione sono il responsabile della sicurezza della base, del personale e del mantenimento delle trentotto attività scientifiche in corso. Personalmente mi occupo di una decina di attività scientifiche, che spaziano dalla fisica dell’atmosfera alla sismologia e al geomagnetismo. In particolare, lavoro su misure di fisica dell’atmosfera con un fascio laser per studiare la composizione delle nuvole e capire il loro effetto sul buco dell’ozono. Qui a Concordia lo spessore dell’atmosfera è più sottile che ad altre latitudini e queste attività ci aiutano a capire se e come sta cambiando il clima: osservando le variazioni climatiche in Antartide, è possibile capire e forse anticipare che cosa succederà ad altre latitudini. Inoltre, svolgo attività di sismologia: da qui riusciamo a osservare terremoti in tutto il mondo e i dati che raccogliamo potrebbero essere utili per elaborare un algoritmo per la previsione dei sismi e, allo stesso tempo, ci permettono di fare “reverse engineering”, ovvero di esplorare l’interno del nostro pianeta, comprendendo meglio la struttura del nucleo terrestre o il movimento delle placche. Ci sono, infine, altre due attività di punta che mi tengono impegnato: una sul geomagnetismo e sulla misurazione del campo magnetico terrestre e l’altra dedicata allo studio del moto del plasma atmosferico e degli effetti dei fenomeni di meteorologia spaziale nella ionosfera attraverso un grande radar, il “Super Dual Auroral Radar Network”.
[as]: Quanti siete lì? E da dove venite?
[DC]: Al momento sulla base siamo in dodici: quattro ricercatori e uno chef italiano, un medico e cinque tecnici francesi, che si occupano del mantenimento della base, e un medico tedesco dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), che monitora anche le nostre capacità di adattamento psicofisico in questo ambiente estremo, molto vicino all’ambiente che si può trovare sulla Luna o su Marte.
[as]: Com’è una vostra giornata tipo?
[DC]: Ci alziamo verso le 7, facciamo colazione e poco dopo guardiamo il meteo. Se le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli, ovvero, se ci sono condizioni di visibilità molto scarsa o forti raffiche di vento, non usciamo per attività all’esterno. Se le condizioni lo permettono, invece, usciamo anche con temperature percepite al di sotto di -100 °C per svolgere le nostre attività scientifiche. A mezzogiorno ci ritroviamo tutti per il pranzo, e dopo una piccola pausa continuiamo a lavorare fino alle 18:30. Dalle 19:30 in poi ceniamo e ci rilassiamo, passando anche molto tempo insieme, con giochi da tavolo, ping-pong o guardando un film. Tenere una routine scandita dai pasti è importante perché in questi cento giorni di buio all’interno dell’inverno antartico, in isolamento, abbiamo bisogno di trovare un nuovo bioritmo, e in questo la scansione dei pasti ci aiuta.
[as]: Come si diventa capo-base della Concordia? Come funziona il processo di selezione?
[DC]: È molto lungo! Ho visto il bando nell’aprile 2022 e ho inviato la mia candidatura. A questo sono seguite due interviste psicologiche, una collettiva e una individuale, che hanno valutato le nostre capacità di adattamento. Successivamente ho partecipato a colloqui di valutazione delle mie capacità tecniche e del mio curriculum e sono stato poi sottoposto a una visita medica all’Istituto di Medicina Aerospaziale a Roma. In seguito, ho partecipato a un corso di formazione specifica volto a prepararmi alle attività che avrei svolto in Antartide e a un corso collettivo sulla vita in Antartide, che includeva nozioni di sicurezza e team building. Dopo, ho trascorso un periodo di venti giorni in Francia, per seguire corsi di formazione su alcuni progetti specifici e abbiamo poi passato dieci giorni, tutti insieme, sulle Alpi francesi. Infine, lo scorso ottobre, siamo stati in Germania, a Colonia presso l’ESA, per essere sottoposti a una serie di test psicofisici.
Alla fine di questo lungo processo, ho ricevuto la proposta di diventare capo base e, dopo una lunga riflessione, ho accettato.
[as]: Di che cosa ti occupavi prima di partire?
[DC]: Prima di questa esperienza, ho passato la mia vita lavorativa ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell’INFN, dove mi sono sempre occupato di installazione, collaudo e operazione di macchine acceleratrici. In particolare, ho lavorato sul complesso TANDEM-ALPI-PIAVE, dedicato alla fisica nucleare. Il lavoro a Legnaro, dove sono anche stato responsabile delle operazioni di macchina, mi è stato molto utile. Mi ritengo anche molto fortunato, perché sia a Legnaro che qui ho sempre lavorato in un ambiente molto collaborativo.