Feynman e le proteine
Un nuovo approccio alla ricerca farmacologica

di Pietro Faccioli

Rappresentazione schematica del processo di ripiegamento di una proteina.a.
Rappresentazione schematica del processo di ripiegamento di una proteina.

I nuclei atomici e i loro costituenti sono sistemi di elevata densità, dominati dalla presenza di violente interazioni. Questa intrinseca complessità ha reso l’ambito della fisica teorica nucleare e subnucleare un contesto scientifico particolarmente adatto allo sviluppo di metodi di approssimazione e di tecniche numeriche avanzate. Nel corso di decenni, formalismi matematici, algoritmi, approssimazioni e persino macchine per il supercalcolo, originariamente concepiti per studiare questa fisica fondamentale, sono stati poi esportati con successo allo studio delle molecole e della materia condensata. Più recentemente, alcuni di questi metodi matematici sono stati impiegati per sviluppare nuovi algoritmi per la simulazione di un processo biologico fondamentale: il meccanismo di ripiegamento delle proteine. Questa innovazione ha ispirato un approccio completamente nuovo alla ricerca farmacologica, che sta portando alla scoperta di potenziali nuovi farmaci per malattie incurabili.
Le proteine sono catene polipeptidiche composte da 20 diversi tipi di aminoacidi. In generale, se la sequenza di aminoacidi è scelta in modo casuale, queste catene non assumono una forma precisa, ma cambiano struttura di continuo. Al contrario, le specifiche sequenze di aminoacidi che si trovano nelle proteine selezionate dall’evoluzione generano un comportamento completamente diverso: quasi tutte le proteine, infatti, assumono un’unica conformazione, in cui svolgono la loro azione biologica. Queste speciali catene sono in grado di ripiegarsi su se stesse spontaneamente, visitando stati via via più favorevoli energeticamente, fino a raggiungere la conformazione di minima energia, chiamata “stato nativo” (vd. fig. a).
Comprendere e caratterizzare con livello di dettaglio di singolo atomo il meccanismo di ripiegamento delle proteine avrebbe ovviamente enormi ricadute scientifiche e tecnologiche. In principio, simulazioni al computer permettono lo studio con risoluzione atomica di questo processo. In pratica, tuttavia, questi calcoli sono proibitivamente impegnativi.
La ragione di base è che i processi di ripiegamento sono eventi che avvengono molto raramente. Infatti, la catena passa la maggior parte del suo tempo alla ricerca casuale della “strada” che conduce allo stato nativo. Molto raramente, dopo innumerevoli tentativi sbagliati, la proteina “imbocca la strada giusta” e quindi raggiunge rapidamente lo stato nativo. Gli algoritmi tradizionali per la soluzione delle equazioni di Newton (chiamati di “dinamica molecolare”) richiedono di simulare tutti i tentativi falliti. Invariabilmente, il tempo computazionale a disposizione si esaurisce prima di riuscire a osservare anche solo un evento di ripiegamento.

L’approccio convenzionale nella ricerca farmacologica razionale consiste nell’identificare piccole molecole in grado di legarsi alla superficie delle proteine bersaglio nella loro forma nativa, inibendone in questo modo l’attività biologica. b.
L’approccio convenzionale nella ricerca farmacologica razionale consiste nell’identificare piccole molecole in grado di legarsi alla superficie delle proteine bersaglio nella loro forma nativa, inibendone in questo modo l’attività biologica.
 
Tuttavia, il formalismo matematico della fisica teorica denominato “integrali di cammino di Feynman” permette di abbattere questo muro computazionale, sfruttando il fatto che lo stato nativo delle proteine è deducibile da esperimenti o da algoritmi di intelligenza artificiale. Capitalizzando sulla conoscenza “del punto di arrivo”, tutto lo sforzo computazionale può essere concentrato sul meccanismo di avvicinamento, tralasciando completamente i tentativi falliti. In questo modo, i tempi di simulazione sono enormemente ridotti. Inoltre, la formulazione matematica basata sugli integrali di cammino permette di introdurre approssimazioni accurate che abbattono ulteriormente il tempo di calcolo. È così che un gruppo di ricerca, inquadrato in un’iniziativa di ricerca INFN chiamata BIOPHYS (inizialmente in forza all’Università di Trento e da poco trasferitosi all’Università di Milano-Bicocca), ha potuto simulare per la prima volta svariati processi di ripiegamento di proteine di rilevanza biologica. Questa innovazione ha permesso di concepire un nuovo approccio alla ricerca farmacologica.
L’approccio razionale più comune per la scoperta di nuovi candidati a farmaci si basa sull’identificazione di piccole molecole, in grado di legarsi a specifiche proteine “bersaglio”, impedendo loro di contribuire a processi patologici (vd. fig. b). Purtroppo, alcune proteine sfuggono a questo tipo di “attacco”. Ad esempio, ciò può accadere quando la struttura nativa della proteina non presenta una regione concava in cui una piccola molecola può legarsi per poi interferire con la funzione biologica. In generale, le proteine che non si riescono a fermare con approcci farmacologici tradizionali vengono denominate “undruggable”.
Conoscere percorsi di ripiegamento delle proteine bersaglio ci ha consentito di concepire un approccio per rimuoverle dalla cellula, denominato PPI-FIT: Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting. L’idea di base è cercare piccole molecole che possano legarsi alla proteina bersaglio e immobilizzarla, prima che questa raggiunga lo stato nativo. Le cellule sono dotate di un meccanismo di controllo di qualità che consente loro di riconoscere ed eliminare proteine parzialmente o erroneamente ripiegate. In questo modo, le proteine bersaglio sono distrutte dalla cellula stessa.
A sinistra: la molecola scoperta tramite PPI-FIT (SM875) riduce i livelli di concentrazione cellulare PrPc. A destra: dopo l’esposizione a SM875, le catene di PrPc non raggiungono più la membrana cellulare e si accumulano nei centri di degradazione della cellula.b.
A sinistra: la molecola scoperta tramite PPI-FIT (SM875) riduce i livelli di concentrazione cellulare PrPc. A destra: dopo l’esposizione a SM875, le catene di PrPc non raggiungono più la membrana cellulare e si accumulano nei centri di degradazione della cellula.
 
Questo nuovo paradigma è stato per la prima volta testato sulla proteina prionica umana (denominata PrPc). Questa proteina rappresenta il substrato di agenti infettivi chiamati “prioni”, responsabili di diverse malattie neurodegenerative letali, tra cui la famigerata malattia della “mucca pazza”. Riducendo il livello di concentrazione di PrPc nelle cellule, si può in principio fermare o almeno rallentare l’infezione da prioni. Purtroppo, però, tutti gli approcci terapeutici provati fino a ora sono falliti e le proteine PrPc sono state definite “undruggable”. PPI-FIT ha permesso di scoprire diverse molecole in grado di ridurre efficacemente i livelli di espressione delle proteine PrPc nelle cellule e persino arrestare la crescita degli aggregati tossici. Questo risultato è illustrato, per una specifica piccola molecola chiamata SM875, nella fig. c, che mostra l’abbondanza di PrPc in una cellula, in funzione della concentrazione di SM875. Inoltre, la spettroscopia di fluorescenza può essere utilizzata per ottenere una mappa tomografica della loro posizione nelle cellule (punti verdi). Prima del trattamento, le PrPc sono principalmente ancorate alla membrana cellulare, delineando i contorni cellulari. Dopo il trattamento, si accumulano all’interno della cellula, in regioni che possono essere identificate con i centri di degradazione. Un lavoro successivo ha mostrato che il metodo PPI-FIT è applicabile a moltissime altre proteine bersaglio. Questa tecnologia viene ora sviluppata industrialmente da Sibylla Biotech SPA (www.sibyllabiotech.it), una spin-off di ricerca delle Università di Trento e Perugia e dell’INFN. Nel 2021, Sibylla è stata inclusa dalla rivista Nature tra le otto startup biotech più promettenti al mondo.
 

Biografia

Pietro Faccioli ha conseguito il dottorato in fisica presso l’Università di New York a Stony Brook (USA) nel 2002, ha poi lavorato come ricercatore post-doc presso l’European Centre for Theoretical Nuclear Physics and Related Areas (Trento). È stato visiting scientist presso il MIT (USA) e l’Institute for Theoretical Physics del CEA (Parigi). Già professore in fisica teorica presso l’Università di Trento, è oggi professore di fisica applicata presso l’Università di Milano-Bicocca.

 

icon-pdf [scarica pdf]

 
DOI: 10.23801/asimmetrie.2023.35.09
 

 ©asimmetrie   Istituto Nazionale di Fisica Nucleare / via E. Fermi 40 / 00044 Frascati [Roma] Italia
Ufficio Comunicazione INFN / P.zza dei Caprettari 70 / 00186 Roma Italia
Registrazione del Tribunale di Roma n. 336/2012 del 7 dicembre 2012
powered by Multimedia Service e INFN-LNF servizio di calcolo
Informativa sulla Privacy e Cookie Policy