Il Sole in Terra
Le prospettive della fusione nucleare controllata
di Marco Ripani
A sinistra il processo di fusione nucleare di un nucleo di deuterio (2H) e uno di trizio (3H). Nei reattori che attualmente producono energia nucleare avviene il processo “inverso”, quello chiamato di “fissione nucleare” (a destra nella figura). Le reazioni di fissione utilizzano come combustibile elementi chimici molto pesanti, come l’uranio (U) o il plutonio (Pt), la cui massa atomica è superiore a 200. Questi nuclei, inizialmente bombardati con neutroni dall’esterno, si scindono (da cui il termine fissione) producendo elementi più leggeri, nel caso in figura il kripton (Kr) e il bario (Ba) e altri neutroni. I nuovi neutroni, a loro volta, danno origine ad altre fissioni del combustibile, permettendo alla reazione di “autosostenersi” e creare energia utilizzabile dall’uomo.
Queste sono quindi le sfide tecnologiche per realizzare la cosiddetta “fusione nucleare controllata”. Riuscire a intrappolare il plasma caldissimo dentro un impianto, scaldarlo fino al punto di innescare le reazioni di fusione, mantenerlo intrappolato e stabile abbastanza a lungo mentre i nuclei fondono e producono energia, convogliare la parte di plasma che sfugge all’intrappolamento in modo da concentrare il suo enorme calore in zone fortemente raffreddate, onde evitare di fondere la parete del contenitore, e raccogliere l’energia liberata dalla fusione per poi trasformarla in energia elettrica. Infine, per realizzare l’impianto servono materiali che possano resistere abbastanza a lungo al calore, alla radiazione del plasma e anche al bombardamento di neutroni, emessi dalla reazione di fusione, che non sono confinati dai magneti in quanto privi di carica elettrica e, possedendo una grande energia, possono degradare le prestazioni di metalli e plastiche. Sono passati quasi 60 anni dal primo progetto di un reattore nucleare a fusione: il Tokamak, acronimo russo che significa “camera toroidale a confinamento magnetico”. Da allora la competizione per realizzare il primo impianto in grado di produrre energia utilizzabile per scopi civili è stata serratissima (vd. fig. c). Da circa dieci anni l’Europa finanzia e supporta la costruzione dell’impianto Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor), il più grande progetto al mondo dove testare la fusione nucleare controllata su tempi lunghi fino a un’ora. Il contenitore del plasma ha la forma di un’enorme camera a forma di anello, circondata da gigantesche bobine magnetiche per l’intrappolamento e dotata di una serie di impianti ausiliari per il suo riscaldamento. Uno di questi sistemi utilizza un fascio intenso e veloce di atomi di deuterio da iniettare nel plasma per riscaldarlo. Le prestazioni richieste sono superiori a quanto oggi ottenuto nei diversi laboratori e per questo si è reso necessario costruire un nuovo laboratorio, il Neutral Beam Test Facility a Padova. Infatti per produrre questi potenti fasci è necessario realizzare delle sorgenti particolarmente intense di ioni negativi (ovvero atomi o molecole caricate elettricamente per poterle accelerare), una tecnologia di punta portata avanti dall’Infn in diversi contesti.
Un reattore a fusione è caratterizzato dal prodotto tra densità atomica, tempo di confinamento e temperatura (prodotto triplo). Un obiettivo di riferimento è il cosiddetto punto di pareggio (break-even), cioè quando l’energia utilizzata per scaldare il plasma è uguale all’energia prodotta dalla fusione. La figura mostra l’evoluzione nel tempo del prodotto triplo per alcuni impianti realizzati in vari Paesi. Si nota una crescita delle prestazioni simile p. es. a come si sono evoluti i microprocessori. I reattori a fusione sono di due tipi principali: i reattori “a confinamento magnetico” (i cerchi rossi in fig. c) e i reattori a fusione “inerziale” (cerchi blu). Nei primi il plasma viene riscaldato fino a decine o centinaia di milioni di gradi e confinato mediante campi magnetici. Nei secondi si utilizzano potentissimi laser o fasci di particelle per comprimere e riscaldare piccole sfere di combustibile in cui innescare la fusione. Il confronto qui riportato tra le due famiglie di impianti, che hanno caratteristiche molto diverse, è puramente indicativo. Inoltre, per il passaggio a impianti commerciali non basta il prodotto triplo, ma è richiesto un guadagno netto di energia per tempi sufficientemente lunghi.
Iter è una macchina sperimentale che punta innanzitutto a essere un “amplificatore” di energia, cioè a produrre più energia di quella che viene utilizzata per riscaldare e mantenere la fusione nel plasma. Inoltre, mentre il deuterio è abbondantemente presente nell’acqua, il trizio non è disponibile in natura e quindi deve venire prodotto artificialmente. L’ipotesi è quella di usare una reazione nucleare in cui i neutroni energetici prodotti dalla fusione stessa interagirebbero con del litio (relativamente abbondante in natura e presente in molte delle batterie che utilizziamo per computer, tablet e cellulari), producendo elio e trizio. Iter punta quindi anche a dimostrare che utilizzando questa tecnica l’impianto è in grado di autoprodurre il trizio necessario al suo funzionamento. Il primo plasma è atteso nel 2025, mentre il raggiungimento di condizioni di fusione con miscela di deuterio-trizio è previsto nel 2035. Oltre alla dimostrazione della capacità di produrre energia da fusione in grandi quantità vi è la necessità di sviluppare materiali in grado si sostenere l’elevato flusso neutronico. Ciò richiede ulteriori prove sui materiali. Per questo è in corso di realizzazione Ifmif (International Fusion Material Irradiation Facility), un laboratorio dove si riproducono le condizioni gravose determinate dalla fusione. A tale progetto l’Infn dà un importante contributo tecnico-scientifico con la realizzazione di una sorgente di neutroni molto intensa, basata su un potente acceleratore di nuclei di deuterio. Il passo successivo sarà la costruzione della prima centrale a fusione: Demo (Demonstrating fusion power reactor), in grado di produrre energia elettrica, prevista attorno alla metà di questo secolo. Si tratta certamente di una delle più grandi imprese dell’umanità, paragonabile per ambizione e complessità alla conquista dello spazio, con l’obiettivo di rendere disponibile una nuova fonte di energia pulita, sicura, praticamente inesauribile e libera da CO2.
In figura è mostrato uno schema del futuro reattore sperimentale a fusione Iter all’interno del suo edificio in cemento. Al centro si intravede la struttura toroidale della camera a vuoto in cui viene confinato il plasma (illustrato con un colore violetto). Intorno e al centro del Tokamak sono situate le bobine che producono i campi magnetici necessari al funzionamento della macchina. Tutto intorno sono illustrate le strutture che costituiscono l’impianto nel suo insieme (sistemi di raffreddamento, alimentazioni elettriche, controlli, ecc.).
Biografia
Marco Ripani è ricercatore presso la sezione Infn di Genova e lavora da circa 25 anni nel campo della fisica nucleare con sonde elettromagnetiche. Dal 2012 dirige il progetto strategico “Infn Energia”, finalizzato a sviluppare applicazioni di tecnologie nucleari per la gestione dei rifiuti nucleari, la sicurezza e i futuri reattori a fissione e fusione. È membro di comitati internazionali di esperti all’interno dell’organizzazione europea Euratom.
Link
https://www.iter.org
https://www.euro-fusion.org/
https://www.euro-fusion.org/wpcms/wp-content/uploads/2013/01/JG12.356-web.pdf
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