[as] convergenze
Tendo a esistere
di Federica Di Carlo
artista
Mi sono sempre interrogata su come funzionasse il mondo, quali le sue regole, tanto da inserire queste riflessioni nella mia pratica artistica da oltre 10 anni. Sono attitudini innate, da bambina domandavo cose molto precise a mia nonna: Perché il cielo è blu? Perché le stelle si vedono solo di notte? Ricordo perfino l’eclissi di Sole che ci fu in Italia nel 1999: la luce sparì dalla spiaggia, il mare divenne quasi grigio, quel giorno segnò la bambina che ero. L’artista che sono. Per questo mi sono sempre interessata alla fisica, stupendomi ogni volta delle risposte trovate da uomini e donne chiamati filosofi della natura, prima, scienziati poi. Per me, solo altrettanti bambini curiosi.
La curiosità è una scintilla vitale. E brillare come fanno il Sole e le stelle sopra di noi è anche uno stato dell’anima. Ho cercato queste due sensazioni, mentre a marzo, seduta nell’aula magna del Galileo Galilei Institute (GGI) di Firenze, seguivo la lezione sulla materia oscura.
“Immagino la materia oscura come qualcosa della stessa consistenza dell’abisso. Un luogo non luogo dentro al quale è custodito un segreto”.
(appunti personali, GGI, Firenze, marzo)
Ero lì su invito della curatrice, Valeria D’Ambrosio, per il progetto di arte e scienza “Grasping the cosmos” (vd. approfondimento). Sarei stata tre settimane con gli scienziati e da questa esperienza avrei creato nuovi lavori da esporre nell’ultima casa di Galileo Galilei.
Inutile dire che dopo cinque minuti di integrali, avevo già perso il filo, i simboli, i punti, le direzioni.
Ascoltavo con gli occhi, guardavo lo scorrere del gesso sulla lavagna tracciare forme. Sostanzialmente osservavo i fisici disegnare, perché in fondo la matematica e l’arte sono nate come disegni per immaginare qualcos’altro.
Uno dei professori si muoveva quasi danzando mentre raccontava della materia oscura, era longilineo, molto alto, spostava le quattro lavagne alternandole con ritmo con gesti larghi verso l’alto, poi verso il basso, destra, sinistra, tracciando lo spazio, il tempo. Mi sembrava di assistere a una performance.
Durante la pausa caffè, mi era quasi venuto l’impulso di recarmi alla lavagna e cancellare tutto ciò che era conosciuto, comprensibile, numeri, parole, per lasciare solo forme libere, segni, puntini... per poi osservare il risultato da lontano.
Avevo molti dubbi su questa oscurità così incerta, e mi sembrava che nemmeno “loro”, gli uomini di scienza, riuscissero a toccarla pienamente. Innanzitutto, non era oscura, forse era trasparente? Noi eravamo all’oscuro, non lei. Per me, poi, come ho scritto, era uno stato dell’anima: serve scendere nella propria materia oscura per conoscersi, senza di essa come sarebbe possibile capire di saper brillare? È un passaggio incerto ma necessario. È con e su questa incertezza che scelsi di misurarmi.
Volevo però darle forma, così me la ripetevo in testa come un indovinello... c’è, non si vede, non ha colore, è ovunque nell’universo. Le particelle di luce ci permettono di percepirla, ma anche se oscurassimo il Sole lei esisterebbe. Che cos’è?
Questo almeno è quello che avevo estratto dalle parole dei professori, quando ci ritrovavamo nel cortile intorno al pozzo di Fermi. Credo che i luoghi conservino l’energia della storia e il pozzo in questione chissà quante conversazioni aveva ascoltato dallo stesso Fermi, quante teorie perdute o verificate. Era una settimana che osservavo la scritta in latino scolpita attorno…nessuno sapeva cosa dicesse. Un giorno ho coinvolto i presenti e la stessa direttrice del GGI, Stefania De Curtis, per tradurla:
“PURA LAVAT SORDES RESTINGUIT FRIGIDA SITIM SALSA FACIT VIRES INVITAT MURMURE SOMNUM”
“Pura lava la sporcizia, da fredda spegne la sete, salata restituisce le forze, col mormorio invita al sonno”.
Narra sia le caratteristiche, ma anche lo stato emotivo di questo elemento vitale. Osservare come il mondo sta al mondo e fuori da sé per restituirlo, è una storia che si ripete da quando l’arte e la scienza esistono. Loro attraverso una formula bellissima, breve, che possa in un colpo d’occhio spiegare tutto; noi creando in una visione sola la possibilità di spostare le emozioni da un punto a un altro. Entrambi vogliamo capire, a volte con processi non lineari e spesso forzati, ma che per qualche strana ragione alla fine tendono a coincidere con lo stato delle cose.
Ragionavo su tutto questo nello studio che avevo dentro la foresteria di Villa Galileo, di lui non c’era traccia, erano rimaste solo mura e stanze vuote. Ho iniziato a pensare il vuoto come un pieno, e così mi sono resa conto che l’elemento più importante appartenuto a Galileo era rimasto lì dove era: gli affacci sul cielo.
Ormai con la mostra alle porte, decisi di tentare di unire il cielo visto da quelle finestre e le teorie sullo stato della materia oscura: presi un vecchio specchio astronomico (un celostato) in disuso, lo laccai in nero e misi il lato specchiante di fronte a una finestra della casa dove soleva arrivare la luce dorata del tramonto, sul lato opaco opposto all’affaccio, feci incidere con la mia grafia “anche se il sole scompare”. Questa è stata la forma che le ho dato. E la mostra dal titolo “Tendo a esistere”, raccontava appunto la tensione verso l’esistenza, misurata con l’impossibilità di trattenere per sempre qualcosa che si muove in costante caduta libera verso quella oscurità che forse è fatta anche di luce.
Grasping the cosmos
“Grasping the cosmos” è un progetto nato dalla collaborazione tra il Sistema Museale di Ateneo (SMA) dell’Università di Firenze e il Galileo Galilei Institute for Theoretical Physics (GGI). Attraverso un programma culturale in cui dialogano scienza, storia della scienza, arte contemporanea e società, il progetto si pone l’obiettivo di restituire Villa Galileo alla cittadinanza con libera fruizione di tutti i suoi spazi. A cura di Valeria D’Ambrosio, storica dell’arte e curatrice d’arte contemporanea, e Pietro Centorrino, fisico, entrambi assegnisti di ricerca al GGI, nell’ambito del progetto GGPaths cofinanziato da Regione Toscana, l’iniziativa si compone di più fasi di ricerca, produzione e disseminazione, corredate di un programma collaterale che garantisce un’offerta culturale continuativa e sempre diversa. “Tendo a esistere” è la mostra di restituzione della prima residenza d’artista, che si è svolta a marzo 2023 a Villa Galileo, inserita ne “Il senso delle stelle”, la prima fase del progetto che aspirava ad avvicinare il pubblico ai complessi meccanismi che regolano l’esistenza del cosmo. La residenza ha visto la partecipazione dell’artista Federica Di Carlo, che ha frequentato la scuola Theoretical Aspects of Astroparticle Physics, Cosmology and Gravitation organizzata dal GGI. L’esposizione nasce dal dialogo con i fisici teorici della scuola e con alcune delle più affascinanti storie di scienza che nel tempo hanno contribuito a creare il genius loci galileiano.