Presenze invisibili
Metodologie per lo studio del particolato atmosferico

di Massimo Chiari

Schema esplicativo di confronto delle dimensioni del particolato atmosferico (PM).a.
Schema esplicativo di confronto delle dimensioni del particolato atmosferico (PM). Il termine PM seguito da un numero indica le dimensioni aerodinamiche massime: PM10, PM2,5 o PM1 sono quelle frazioni con “diametro aerodinamico” inferiore a 10, 2,5 e 1 μm, rispettivamente. Si definisce diametro aerodinamico il diametro di una particella sferica, con densità unitaria, che abbia le stesse proprietà di deposizione della particella reale.

L’inquinamento atmosferico nelle nostre città costituisce indubbiamente uno dei problemi che preoccupano maggiormente l’opinione pubblica: nonostante le esigue concentrazioni in aria, esso ha importanti effetti sia sulla salute che sull’ambiente. L’inquinamento in atmosfera è composto da differenti sostanze che sono sospese in aria in forma gassosa, ma anche in forma solida e liquida, nel cui caso prendono il nome di “aerosol” o “particolato atmosferico” (PM, particulate matter, vd. fig. a). Molti studi epidemiologici hanno mostrato la correlazione tra esposizione agli aerosol e numerose malattie. Dal punto di vista ambientale, gli aerosol influenzano il bilancio radiativo terrestre (cioè la differenza tra la radiazione assorbita e quella riflessa) attraverso meccanismi diretti e indiretti, incidendo così sul clima. Né vanno trascurati anche gli effetti sul patrimonio storico-artistico, particolarmente importanti nelle nostre città d’arte.
A differenza degli inquinanti gassosi, il particolato atmosferico conserva nel trasporto in atmosfera informazioni sulla sorgente emissiva (marcatori chimici specifici e/o rapporti fra i diversi elementi presenti): attraverso l’uso di opportuni modelli statistici è quindi possibile determinare le sorgenti emissive in una determinata area e quantificarne l’impatto sulla qualità dell’aria. Questo tipo di informazione è fondamentale sia per lo sviluppo di efficaci politiche mirate di abbattimento dell’inquinamento, sia per lo studio e la modellistica dei cambiamenti climatici.
Le misure delle proprietà del PM sono in genere effettuate filtrando l’aria ambiente attraverso degli appositi filtri che trattengono l’aerosol, e ottenendo così un supporto solido, il filtro, che può essere analizzato in laboratorio. Il processo di raccolta dell’aerosol sul filtro prende il nome di campionamento e deve essere effettuato in maniera opportuna. In particolare, un aspetto fondamentale in questo tipo di studi è la “rappresentatività” dei campionamenti effettuati. Essi, infatti, devono cogliere la variabilità della composizione dell’aerosol su tempi più lunghi, al cambiare delle stagioni, e su tempi più brevi, al cambiare delle condizioni atmosferiche e meteorologiche, nonché le variazioni in termini di sorgenti emissive. Possono quindi rendersi necessarie lunghe serie di campionamenti di un’intera giornata ciascuno, per seguire variabilità stagionali, e campionamenti con risoluzione temporale molto più fine, anche oraria, per correlare il particolato a parametri rapidamente variabili, quali le condizioni meteorologiche o i cicli produttivi industriali.
Ciò porta alla necessità di caratterizzare un grandissimo numero di campioni (serie temporali estese e possibilmente raccolti in più siti: centinaia o migliaia di campioni) di piccola massa (per alcuni elementi, fino all’ordine del ng/cm2 di particolato campionato sui supporti di raccolta).
È evidente quindi che per questi studi sono necessarie tecniche di analisi molto rapide e sensibili. Le tecniche di analisi con fasci di ioni (IBA, Ion Beam Analysis) rispondono proprio a questi requisiti (vd. L'arte svelata, ndr).

Schema dei metalli misurati con PIXE e sorgenti di emissione correlate.b.
Schema dei metalli misurati con PIXE e sorgenti di emissione correlate
 
In generale, le tecniche IBA sono tecniche efficienti, non distruttive e non invasive per lo studio quantitativo della composizione di materiali di interesse. I campioni da analizzare sono utilizzati come bersagli per un fascio di ioni accelerati (principalmente protoni e particelle α), prodotto da acceleratori di particelle di bassa energia, così che la loro composizione e il profilo di concentrazione degli strati superficiali possono essere misurati analizzando in energia i prodotti dell’interazione (particelle cariche, raggi X, raggi γ). Tra le tecniche IBA, la cosiddetta PIXE (Particle Induced X-ray Emission), che si basa sulla rivelazione dei raggi X caratteristici degli elementi emessi a seguito del bombardamento con il fascio di ioni, è stata ampiamente utilizzata per lo studio dei campioni di particolato atmosferico grazie anche alla sua caratteristica di essere rapida e multi-elementale: in una sola misura di brevissima durata possono essere rilevati e quantificati simultaneamente tutti gli elementi a partire dal sodio (Na). Tra questi ci sono elementi traccianti di specifiche componenti o sorgenti emissive del particolato atmosferico, quali aerosol marino (Na, Cl), polvere minerale (Na, Mg, Al, Si, Ca, Ti, Fe, Sr), solfati (S), combustione di biomassa o emissioni biogeniche (K, Zn, Rb), combustione di olii pesanti (V, Ni), inceneritori (K, Zn, Pb), traffico ed emissioni industriali (Mn, Ni, Cu, Zn, Pb) (vd. fig. b).
All’acceleratore del LABEC di Firenze è presente una linea di fascio per misure PIXE rapide e sensibili con un fascio di protoni estratto in aria, specificamente progettata e dedicata all’analisi di campioni di particolato atmosferico. L’impiego di un fascio estratto permette di analizzare direttamente il particolato raccolto su filtri di qualsiasi dimensione e forma, con grande facilità di posizionamento del campione, garantendo velocità ed efficienza nell’effettuare sequenze di misure su serie di campioni diversi.
A titolo di esempio, 365 filtri giornalieri, corrispondenti a una campagna di misura di un anno, possono essere analizzati in meno di un giorno di misura. Grazie all’elevata sensibilità, questa linea di fascio PIXE è anche utilizzata per l’analisi del particolato raccolto in aree polari, sotto forma sia di campioni di aerosol atmosferico campionato su filtri che di aerosol estratto con opportune procedure da carote di ghiaccio, in entrambi i casi con quantità di particolato molto basse.
Apparato per misure PIXE rapide e sensibili, presso l’acceleratore del LABEC, su campioni di particolato atmosferico, con un fascio di protoni estratto in aria.c.
Apparato per misure PIXE rapide e sensibili, presso l’acceleratore del LABEC, su campioni di particolato atmosferico, con un fascio di protoni estratto in aria. L’elevato livello di sviluppo tecnologico ha posto il LABEC in una riconosciuta posizione di eccellenza a livello internazionale nel campo dell’analisi degli elementi presenti nel particolato atmosferico. Proprio grazie a questo il LABEC è entrato a far parte di ACTRIS ERIC, il consorzio dell’Infrastruttura di Ricerca Europea ACTRIS (Aerosols, Clouds and Trace Gases Research Infrastructure), che coordina le osservazioni e la ricerca scientifica su atmosfera e clima.
 
L’uso delle tecniche IBA fornisce importanti informazioni sugli elementi che compongono il particolato atmosferico, ma non esaurisce la conoscenza della composizione chimica, e deve essere integrato, ad esempio, dalle misure delle diverse forme chimiche in cui si può presentare la componente carboniosa contenuta nel particolato atmosferico, che ne costituisce praticamente il 50% in massa. A tal riguardo, una distinzione fondamentale è quella tra il carbonio cosiddetto “elementare” e quello “organico”. Meccanismi di produzione e sorgenti di emissione in atmosfera di queste due frazioni sono diverse: il carbonio elementare è sostanzialmente il carbonio in forma grafitica, refrattario alla combustione e di colore scuro-nero, mentre con il carbonio organico si identificano tutte le componenti organiche, tipicamente di colore chiaro, ossia quei composti costituiti da carbonio legato a idrogeno, ossigeno, azoto, ecc.
Carbonio elementare e organico hanno importanti ma differenti effetti sulla salute e sull’ambiente: in particolare, le opposte proprietà ottiche fanno sì che giochino ruoli opposti nel bilancio radiativo terrestre. Il carbonio elementare è originato esclusivamente in processi di combustione, soprattutto incompleta, mentre quello organico, oltre che nei processi di combustione, può avere un’origine biogenica. Misurare la quantità delle due frazioni di carbonio elementare e organico e determinarne separatamente la concentrazione di radiocarbonio (carbonio-14) permette di identificare in modo univoco le sorgenti del particolato carbonioso. Infatti, i combustibili fossili sono per loro natura privi di radiocarbonio, mentre combustibili lignei/biomasse e sorgenti biogeniche sono caratterizzati da concentrazioni di radiocarbonio confrontabili con la concentrazione in atmosfera. Al LABEC, in collaborazione con la sezione INFN di Milano, è possibile eseguire, con la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore (AMS, Accelerator Mass Spectrometry), misure della concentrazione di carbonio-14 su campioni di carbonio elementare e organico caratterizzati da piccolissime quantità di carbonio.
Le informazioni provenienti dalle diverse tecniche analitiche nucleari possono essere utilmente combinate e sintetizzate tramite opportune tecniche di analisi statistica finalizzate all’identificazione delle sorgenti di emissione dell’aerosol e alla quantificazione del loro impatto: informazioni fondamentali sia per sviluppare efficaci politiche di abbattimento dell’inquinamento, sia per comprendere i cambiamenti climatici.

Biografia
Massimo Chiari è ricercatore della sezione INFN di Firenze, dove lavora presso il LABEC, e si occupa principalmente dello sviluppo e dell’applicazione di tecniche di analisi con fasci ionici, IBA, per ricerche interdisciplinari, come lo studio del particolato atmosferico e dei beni culturali. È responsabile dell’Elemental Mass Calibration Centre di ACTRIS e consulente per l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, IAEA.

 

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DOI: 10.23801/asimmetrie.2023.35.08
 

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