Stelle di neutroni
Laboratori cosmici per la materia estrema
di Ignazio Bombaci
Le stelle di neutroni sono gli oggetti macroscopici più densi dell’universo. Esse rappresentano il limite estremo oltre il quale la forza di gravità prende il sopravvento sulle altre forze della natura e conduce alla formazione di un buco nero. In una stella di neutroni, una massa pari a circa 1,5 volte la massa del Sole è compressa dalla gravità entro una sfera dal raggio di 10 km circa. La densità media di queste stelle è pertanto di circa 700 milioni di tonnellate al centimetro cubo (ovvero 7 x 1014 g/cm3). Neanche al centro dei nuclei atomici pesanti, caratterizzati da una densità pari a 2,7 x 1014 g/cm3 (che indicheremo con ρ0), si ha un valore così grande.
L’esistenza di un nuovo tipo di stelle formate da “neutroni estremamente impacchettati” fu formulata 90 anni fa, cioè nel 1934, dagli astrofisici Walter Baade e Fritz Zwicky, i quali ipotizzarono anche che le stelle di neutroni fossero generate nei processi di esplosione di supernovae (un termine da loro stessi coniato nel medesimo articolo del 1934). Il neutrone era stato scoperto da James Chadwick appena due anni prima e nel 1932 Werner Heisenberg, Dmitri Iwanenko ed Ettore Majorana avevano indipendentemente proposto che il nucleo dell’atomo fosse composto da protoni e neutroni, ipotizzando anche l’esistenza di una nuova forza (la forza forte), che li tenesse legati.
La scoperta delle stelle di neutroni si può associare a quella, nel novembre del 1967 da parte di Jocelyn Bell, delle pulsar, che furono prontamente interpretate da Franco Pacini e Thomas Gold come stelle di neutroni rapidamente rotanti, dotate di un intenso campo magnetico.
Ad oggi sono state scoperte circa 3600 pulsar che emettono radiazione pulsata in varie bande dello spettro elettromagnetico (radio, X, γ). Si ritiene che nella nostra galassia ci siano circa un miliardo di stelle di neutroni.
Ma di che cosa sono fatte le stelle di neutroni? Oggi sappiamo che, a dispetto del loro nome, le stelle di neutroni non sono però costituite soltanto da neutroni, ma possiedono una struttura interna a gusci assai complessa, e in parte non completamente compresa.
Una straordinaria immagine della celeberrima nebulosa del Granchio (Crab nebula), ottenuta combinando i dati osservativi raccolti a varie lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico dai seguenti telescopi spaziali della NASA: Chandra (raggi X), Hubble (visibile) e Spitzer (infrarosso). La nebulosa del Granchio è il residuo di una esplosione di supernova che è stata osservata, come una “stella ospite” nel cielo, dagli astronomi cinesi della dinastia Song nel 1054. Si trova a una distanza di circa 6500 anni luce dalla Terra nella direzione della costellazione del Toro. Al centro della nebulosa si trova l’altrettanto celebre pulsar del Granchio (Crab pulsar) che emette radiazione elettromagnetica pulsata con un periodo di 33 millesimi di secondo. La stella di neutroni associata alla pulsar del Granchio ruota quindi attorno al proprio asse con lo stesso periodo di 33 ms, cioè compie circa 1800 giri al minuto, come la centrifuga di una moderna lavatrice!
I nuclei presenti nella zona più profonda della crosta esterna sono nuclei “esotici”, ovvero molto ricchi di neutroni rispetto ai nuclei pesanti stabili che conosciamo e che costituiscono la cosiddetta “valle di stabilità nucleare”.
Andando più in profondità nella crosta, i nuclei del reticolo diventano così ricchi di neutroni che alcuni di essi non possono più rimanere legati ai nuclei e “sgocciolano” fuori. Da questo punto, il cosiddetto “neutron drip point” (che corrisponde a una densità di circa 400 mila tonnellate in un cm3), comincia la crosta interna della stella di neutroni, formata da un gas degenere di neutroni che assieme al gas di elettroni permea un reticolo di “nuclei” superpesanti ed estremamente ricchi di neutroni. Una cospicua parte dei neutroni liberi della crosta interna forma uno stato superfluido, la cui presenza gioca un ruolo centrale nei modelli delle “glitches”, cioè il fenomeno di improvvisi salti del valore della frequenza di rotazione osservati in numerose pulsar.
Quando si raggiunge una densità di circa la metà di ρ0, i nuclei del reticolo si dissolvono in un fluido uniforme elettricamente neutro costituito principalmente da neutroni, e da protoni, elettroni e muoni in β-equilibrio. A questa profondità inizia il “nocciolo” (in inglese core) della stella di neutroni. Aumentando ulteriormente la densità e quindi andando verso la regione più profonda del nocciolo stellare (il cosiddetto inner core), oltre ai costituenti appena citati, sono previste varie particelle subatomiche, quali gli iperoni e varie fasi della materia, come ad esempio una fase in cui i quark sono deconfinati (vd. Sic transit materia mundi, ndr).
Le stelle di neutroni rappresentano quindi dei laboratori naturali senza eguali per investigare i costituenti della materia e le loro interazioni in condizioni fisiche così estreme da non poter essere realizzate in nessun laboratorio terrestre. Questi corpi celesti consentono anche di esplorare il diagramma di fase della cromodinamica quantistica (QCD), in una regione che è attualmente inaccessibile ai calcoli numerici di QCD su un reticolo spazio-temporale discreto (vd. Calcolando per punti, ndr).
Gli iperoni come i nucleoni (cioè, protoni e neutroni) sono barioni ma hanno una massa maggiore di quella dei nucleoni e inoltre possiedono un ulteriore numero quantico, chiamato “stranezza”, che è zero per i nucleoni. La stranezza degli iperoni è dovuta alla loro struttura a quark.
A sinistra, rappresentazione in 3D di una stella di iperoni. A destra, struttura interna per i possibili tipi di stelle di neutroni descritti in questo articolo. I valori numerici riportati nella parte superiore della figura (stella di nucleoni) si riferiscono a una stella avente una massa di 1,5 volte la massa del Sole, usando nel calcolo della struttura stellare una moderna equazione di stato della materia nucleare.
Gli iperoni possono essere creati negli acceleratori di particelle mediante collisioni tra nucleoni e mesoni o tra nucleoni. Essi sono però delle particelle effimere e decadono nuovamente in nucleoni e mesoni in un tempo di circa un decimo di miliardesimo di secondo. Gli iperoni possono legarsi a protoni e neutroni formando dei nuclei esotici instabili chiamati “ipernuclei” il cui studio dà preziose informazioni sulla forza che si ha tra iperoni e nucleoni. Dentro il nocciolo di una stella di neutroni, come conseguenza dell’enorme densità e della natura fermionica di neutroni e protoni (che obbediscono al principio di Pauli), gli iperoni possono essere formati spontaneamente e restare stabili sostituendosi, in parte, ai neutroni e ai protoni, generando quindi una nuova forma di materia chiamata “materia iperonica” e una variante di stelle di neutroni dette “stelle di iperoni”.
La possibilità che la regione interna del nocciolo di una stella di neutroni potesse contenere una nuova forma di materia in cui i quark fossero deconfinati (cioè, non più rinchiusi nei rispettivi barioni e mesoni) fu proposta da vari fisici negli anni immediatamente successivi all’introduzione, nel 1964, del modello a quark degli adroni da parte di Gell-Mann e Zweig.
Poiché la massa dei quark charm, bottom e top è molto maggiore di quella dei quark up, down e strange, si ha che, alle densità raggiungibili al centro di una stella di neutroni, solo questi ultimi tre sapori di quark leggeri possono essere presenti nel nocciolo stellare. Quindi la fase deconfinata della materia adronica presente nel nocciolo di una stella di neutroni è una miscela di quark up, down e strange, con un appropriato numero di elettroni per garantire la neutralità di carica e il β-equilibrio. Questa forma di materia densa è chiamata “materia strana” (in inglese, strange quark matter) e le stelle di neutroni che possiedono un inner core di materia strana sono chiamate stelle di neutroni “ibride” o più brevemente “stelle ibride”.
Il Neutron Star Interior Composition ExploreR (NICER) è un telescopio per raggi X della NASA che si trova a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), progettato e dedicato allo studio delle stelle di neutroni. Lanciato il 3 giugno del 2017, NICER ha recentemente permesso di misurare il raggio di alcune stelle di neutroni con una accuratezza mai raggiunta finora.
Le proprietà globali delle stelle di neutroni (massa, raggio, massa massima possibile, deformabilità mareale, ecc.) dipendono in modo cruciale dalla cosiddetta “equazione di stato”, cioè dalla relazione termodinamica tra pressione, densità e temperatura della materia stellare. L’equazione di stato della materia in condizioni estreme di densità e temperatura è anche un ingrediente fondamentale nelle simulazioni numeriche di supernovae e di fusione di stelle di neutroni in sistemi binari. Negli ultimi decenni sono stati compiuti degli sforzi enormi per misurare diverse proprietà delle stelle di neutroni utilizzando i dati raccolti da varie generazioni di satelliti a raggi X e raggi γ e da radiotelescopi sulla Terra. Dati osservativi sempre più accurati pongono dei vincoli sempre più stringenti ai modelli dell’equazione di stato e quindi ci danno delle informazioni indirette sulle proprietà della materia estrema e su come potrebbe essere fatta una stella di neutroni. Ad esempio, la scoperta di alcune stelle di neutroni con massa di poco superiore alle due masse solari ha escluso tutti i modelli dell’equazione di stato che non possono supportare stelle di massa così elevata. La missione NICER (Neutron Star Interior Cosmic Explorer) della NASA ha consentito di compiere misure accurate del raggio di alcune stelle di neutroni, ponendo ulteriori vincoli all’equazione di stato.
La scoperta rivoluzionaria del 17 agosto 2017 (da parte della collaborazione LIGO-Virgo) del primo segnale di onde gravitazionali (GW170817) generato dalla fusione di due stelle di neutroni ha permesso di testare in una maniera completamente nuova l’equazione di stato della materia in condizioni estreme. Nelle ultime fasi di spiraleggiamento delle due stelle il segnale gravitazionale contiene informazioni sull’effetto reciproco delle forze di marea tra le due stelle. Queste informazioni sono contenute nella cosiddetta “deformabilità mareale” (in inglese tidal deformability), che è fortemente correlata all’equazione di stato. Il segnale gravitazionale emesso nella fase successiva alla fusione (che potrebbe essere rilevato dagli osservatori di onde gravitazionali della terza generazione come l’Einstein Telescope) potrebbe invece dare delle risposte sulla formazione di materia strana oppure sull’esistenza delle stelle strane.
L’astronomia delle onde gravitazionali ha quindi aperto una nuova finestra per esplorare la materia in condizioni fisiche estreme.
Biografia
Ignazio Bombaci è professore di fisica all’Università di Pisa e ricercatore associato all’INFN. La sua attività di ricerca riguarda lo studio della materia fortemente interagente in condizioni estreme di densità e temperatura, lo studio della struttura e dell’evoluzione delle stelle di neutroni e dei fenomeni astrofisici ad esse associati. Dal 2006 è membro dell’International Astronomical Union.