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Superfluidi

di Matteo Cirillo

fisico delle basse temperature

Installazioni multimediali interattivea.
Schrieffer, Bardeen e Cooper (da sinistra a destra) che svilupparono la teoria BCS, per la quale ricevettero il premio Nobel per la fisica nel 1972.

Lavorando presso l’Università di Leida (dove fu professore dal 1882 al 1923), Heike Kamerlingh Onnes fu il primo a capire come ottenere la liquefazione dell’elio e a osservare il fenomeno della superconduttività in materiali raffreddati proprio con l’elio liquido. Negli anni ’30 del secolo scorso furono poi gli studi di Pyotr Kapitza a evidenziare alcune sorprendenti proprietà di un isotopo dell’elio (l’elio-4), tutte riscontrate successivamente anche per un altro isotopo, l’elio-3. Queste proprietà costituiscono l’evidenza fenomenologica della “superfluidità”.
Nella fisica della materia condensata uno stato è definito “superfluido” se è caratterizzato dall’assenza di processi dissipativi quando parametri quali temperatura, campi magnetici applicati e pressione assumono valori specifici. I due isotopi dell’elio, l’elio-4 e l’elio-3, diventano “superfluidi” nella fase liquida e per temperature inferiori rispettivamente a 2,17 K e 2,49 mK, nel senso che la loro viscosità diminuisce drasticamente (di 11 ordini di grandezza) rispetto a quella che hanno nello stato normale: in tal modo acquisiscono la capacità di scorrere anche in capillari micrometrici. Successivamente, all’inizio degli anni ’40, Lev Landau ipotizzò che la superfluidità dell’elio-4 fosse dovuta al fatto che sotto una certa “velocità critica” non potessero essere generate perdite di energia per interazioni tra le particelle del liquido o per urti di esse contro le pareti del “tubo” ove il liquido stesso fluisce.
Ad uno stato superfluido ci si riferisce spesso anche quando si parla di elementi e loro composti o leghe nello stato “superconduttore” (assenza di resistenza elettrica). In questo caso la rivoluzionaria teoria sviluppata da John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer, nota come BCS (dalle iniziali del loro cognome), individuò nell’esistenza di un intervallo specifico di energia (il cosiddetto energy gap) la spiegazione per l’assenza di processi dissipativi e quindi di resistenza elettrica. Di solito, in metalli “tradizionali”, quest’ultima è dovuta alle interazioni degli elettroni con la struttura reticolare. Nel caso di un superconduttore, invece, all’interno di questo gap di energia gli elettroni interagiscono con le eccitazioni reticolari (i cosiddetti “fononi”), ma in modo che il risultato sia quello di generare coppie di elettroni che poi generano correnti di trasporto non dissipative (cosiddette “supercorrenti”).

La teoria BCS presenta tuttavia dei limiti. Ad esempio, nei nuovi materiali superconduttori “ad alta temperatura di transizione”, investigati a partire dai risultati di Georg Bednorz e Alex Mueller del 1986, si osservano temperature di transizione alte, fino a 180 K. Per questi materiali, data l’elevata energia dei fononi, non è semplice pensare a una spiegazione di tipo BCS in assenza di pressione sul solido, poiché la teoria BCS in questi casi richiede che la temperatura non sia superiore a circa 40 K per avere una fase superconduttiva. Ma è un dato di fatto che anche per questi materiali, come per tutti i superconduttori finora noti, le cariche che generano le correnti superconduttrici sono pari a due volte la carica dell’elettrone e quindi sono riconducibili alla formazione di coppie di elettroni. Nonostante i suoi limiti, la teoria BCS resta un grandissimo successo ed è stata d’ispirazione in diversi campi della fisica. Antony Leggett la prese come modello per spiegare la superfluidità dell’elio-3, scoperta sperimentalmente da David Lee, Douglass Osheroff e Robert Richardson nel 1971.

 

Installazione interattiva sull’atomo di Bohrb.
Wolfgang Fritz London, fisico teorico, Medaglia Lorentz nel 1953, il pioniere della ricerca sui superfluidi.
 


Una cosa interessante è che, nella fase superfluida, sia l’elio-3 e l’elio-4 che i superconduttori hanno proprietà analoghe a quelle dei cosiddetti “condensati di Bose-Einstein”, come è risultato per esempio dagli esperimenti sui condensati “atomici” costituiti da vapori di atomi alcalini, scoperti a metà degli anni ’90 da Eric Cornell, Wolfgang Ketterle e Carl Wieman (vd. Oltre i limiti, ndr).
A parte queste analogie però non è semplice, in generale, stabilire legami tra la teoria della superfluidità e quella dei condensati di Bose-Einstein, nonostante questo sia stato il primo approccio teorico di un pioniere della ricerca sui superfluidi, Wolfgang Fritz London. Anche se gli atomi di elio-4 sono bosoni e anche le coppie di elettroni nei superconduttori e le coppie di atomi di elio-3 possono essere considerati in opportune condizioni come dei bosoni, osservazioni sperimentali e argomenti teorici indicano che le proprietà osservate nei superfluidi possono mostrare dei comportamenti contrari a quelli previsti per i condensati di Bose-Einstein. Non è possibile, per esempio, conciliare le proprietà di un condensato di Bose-Einstein con il concetto di velocità critica di Landau. Il problema della relazione esistente tra le teorie “microscopiche” sui superfluidi e gli esperimenti e modelli teorici basati sui condensati di Bose-Einstein è origine di una vasta e interessante letteratura scientifica.
Le “famiglie” di nuovi materiali superconduttori ad alta temperatura di transizione, di cui si è parlato sopra, sono state – e sono – oggetto di grande interesse da parte delle comunità di fisica fondamentale e applicata. Anche se non esistono ancora modelli teorici “microscopici” completi per queste nuove famiglie a pressione atmosferica (tranne che per il diboruro di magnesio, un superconduttore BCS), nella comprensione dei loro comportamenti può venire in aiuto la “teoria di Landau e Ginzburg”. Quest’ultima, in realtà, è stata sviluppata per le transizioni di fase del secondo ordine (e quindi non specificamente per transizioni di condensati di Bose-Einstein), ma fornisce informazioni e “linee-guida” per la caratterizzazione dei nuovi composti superconduttori ad alta temperatura di transizione. Generalmente le previsioni fondamentali di questa teoria permettono di caratterizzare abbastanza bene i nuovi materiali, specie per le prospettive applicative.

 

 

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