[as] lampi
Versi 1052-66 del libro II del “De Rerum Natura” di Lucrezio
Nullo iam pacto veri simile esse putandumst,
undique cum versum spatium vacet infinitum
seminaque innumero numero summaque profunda
multimodis volitent aeterno percita motu,
hunc unum terrarum orbem caelumque creatum,
nil agere illa foris tot corpora materiai;
cum praesertim hic sit natura factus, ut ipsa
sponte sua forte offensando semina rerum
multimodis temere incassum frustraque coacta
tandem coluerunt ea quae coniecta repente
magnarum rerum fierent exordia semper,
terrai maris et caeli generisque animantum.
Quare etiam atque etiam talis fateare necesse est
esse alios alibi congressus materiai,
qualis hic est, avido complexu quem tenet aether.
Se si spalanca da ogni parte lo spazio libero e immenso,
se innumerevoli atomi, una quantità smisurata, volteggiano
in mille modi animati da un movimento eterno,
non è verosimile pensare davvero che siano stati creati
unicamente la nostra terra e unicamente il nostro cielo
e che fuori di loro rimanga inoperosa una moltitudine di corpi.
Tanto più che la natura ha dato vita a questo mondo
perché gli atomi, dopo essersi urtati a caso per forza spontanea,
dopo essersi uniti in mille modi alla cieca e senza alcun risultato,
sono riusciti alla fine a formare quegli aggregati che sarebbero
poi divenuti per sempre i principi delle grandi sostanze
come le terre, i mari, i cieli e tutte le specie viventi.
Allora lo ripeto, e tu non potrai che darmi ragione:
esistono altre unioni di corpi in altri luoghi
simili a quelle che il cielo rinchiude nel suo abbraccio geloso.
tratto da “De Rerum Natura”, di Lucrezio
trad. di Milo De Angelis
© 2022 Mondadori Libri S.p.A., Milano