Scontri creativi
Produzione di particelle negli acceleratori

di Marina Cobal

a.
Il tunnel di LHC, al CERN di Ginevra, dove è stata confermata la validità del modello standard grazie alla scoperta del bosone di Higgs.
La materia visibile che compone il nostro universo può essere costruita a partire da poche particelle elementari incluse nel modello standard, la più completa teoria che abbiamo sviluppato per descrivere il mondo subatomico. I “mattoni fondamentali” della materia sono dodici (con le corrispondenti dodici antiparticelle che formano l’antimateria), e compaiono in sei diversi tipi di quark (sapori, o flavour in inglese) e di leptoni, ordinati in tre doppietti (o generazioni). I doppietti leptonici contengono un leptone carico e il corrispondente neutrino, mentre i doppietti di quark contengono due diversi quark. Quark e leptoni sono fermioni, cioè particelle con spin (il momento angolare intrinseco delle particelle) pari a ½, e – a eccezione dei neutrini – hanno tutti carica elettrica, unitaria per i leptoni e frazionaria per i quark. I primi fermioni sono stati scoperti e studiati utilizzando sorgenti radioattive e raggi cosmici, fino a che si è capito che la strada più efficiente, controllabile e riproducibile, era quella di creare queste particelle in laboratorio con gli acceleratori di particelle.
Gli acceleratori sono macchine in grado di fornire un’alta energia cinetica a particelle cariche utilizzando cavità a radiofrequenza. Queste particelle vengono poi fatte collidere con altre particelle (anche esse accelerate oppure appartenenti a un bersaglio fisso). Secondo la ben nota formula di Einstein E = mc2, massa ed energia sono equivalenti, e quindi l’energia cinetica delle particelle può essere trasformata in nuove particelle massive. Più grande è l’energia cinetica delle particelle che collidono, maggiore potrà essere la massa di queste particelle prodotte.
Gli acceleratori hanno permesso dapprima di produrre in laboratorio particelle “leggere” come i muoni (leptoni simili agli elettroni ma un po’ più pesanti, appartenenti alla seconda generazione) e i pioni (adroni, cioè oggetti non elementari), che prima si potevano rivelare solo come prodotti delle interazioni dei raggi cosmici con l’atmosfera.

 

b.
Lo spettrometro utilizzato allo SLAC per l’esperimento di scattering che ha osservato nel 1968 la prima evidenza dei quark.
 
La costruzione di macchine acceleratrici di energia sempre più alta ha permesso poi il fiorire degli studi delle proprietà di particelle come protoni, neutroni, elettroni, neutrini, e le loro antiparticelle, fino a mettere in evidenza altre entità più nascoste: i quark, ipotizzati nel 1964 (inizialmente in numero di tre) come parte di uno schema di classificazione dei numerosi adroni scoperti in quegli anni. Nel 1968, esperimenti di scattering anelastico profondo elettrone-protone presso lo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC), in California, mostrarono che il protone era effettivamente composto da oggetti puntiformi, molto più piccoli, che sarebbero stati identificati in seguito come i quark up e down (il doppietto che costituisce la prima generazione dei quark). L’esistenza del quark strange fu validata indirettamente sempre dagli esperimenti di scattering allo SLAC: non solo era una componente necessaria del modello iniziale a tre quark, ma forniva anche una spiegazione per i cosiddetti “kaoni”, adroni osservati in passato nei raggi cosmici.
Nel 1970, per spiegare il motivo per cui i decadimenti di adroni con trasformazione di un quark strange in un quark down non venivano osservati sperimentalmente, venne introdotto nel modello standard un quarto quark, il charm. Quattro anni dopo, mesoni formati da quark e antiquark charm furono scoperti quasi simultaneamente da due gruppi di ricerca – uno allo SLAC, e uno al Brookhaven National Laboratory, nello Stato di New York: queste particelle divennero note con il nome di J/ψ e convinsero definitivamente la comunità scientifica della validità del modello a quark.
Nel 1973 il numero dei quark ipotizzati arrivò a sei, per spiegare l’osservazione sperimentale della violazione della simmetria CP (la simmetria quasi esatta delle leggi di natura sotto l’effetto dello scambio simultaneo di particelle con le corrispondenti antiparticelle e dell’inversione delle coordinate spaziali). Nel 1977, un esperimento condotto al Fermilab, nei pressi di Chicago, fornì la prima prova dell’esistenza del quark bottom (chiamato anche quark beauty), attraverso la scoperta della particella che fu chiamata Upsilon (Y), composta da un quark e un antiquark bottom, di peso pari a circa 10 volte la massa del protone.
Kick off meeting del Centro ICSC di Bolognac.
Il laboratorio Fermilab che ospitava l’acceleratore Tevatron, dove nel 1995 è stato osservato il quark top e nel 1997 è stato rivelato il neutrino tau.
 

Come per tutti gli altri quark precedentemente osservati, anche il quark bottom avrebbe dovuto avere un partner della stessa generazione per completare il suo doppietto: il top. Fino al 1994 tuttavia non si riuscì a dimostrarne l’esistenza. Oggi sappiamo che l’ultimo quark ha una massa molto più grande di tutti gli altri quark e di quanto ci si attendeva all’inizio: circa 175 GeV, quasi come un atomo di oro. Solo l’acceleratore Tevatron del Fermilab fu in grado di fornire l’energia sufficiente per creare coppie top-antiquark top e rendere possibile la scoperta, che fu annunciata nel 1995, dalle collaborazioni CDF e D0. Da notare che il top si distingue da tutti gli altri quark: avendo un tempo di decadimento molto piccolo, non riesce a formare adroni, ma si trasforma immediatamente in altre particelle.
Gli acceleratori hanno grandemente contribuito anche al settore leptonico del modello standard, con la scoperta del leptone tau e del suo partner, il neutrino tau. Il tau è una particella di materia appartenente alla terza generazione, che decade rapidamente in particelle stabili e fu scoperta in esperimenti condotti tra il 1974 e il 1977 allo SLAC.
La rivelazione del neutrino tau è invece avvenuta utilizzando l’acceleratore Tevatron del Fermilab: nel 1997 un intenso fascio di neutrini, che ci si aspettava contenesse neutrini tau, ha attraversato l’esperimento DONUT, dove circa un neutrino tau su un milione ha interagito con un nucleo di ferro e ha prodotto un leptone tau. I fisici hanno impiegato circa tre anni per identificare le tracce che rivelavano un leptone tau e il suo decadimento, la chiave per svelare l’esistenza del neutrino tau, e nel 2001 è stata così annunciata la scoperta dell’ultimo dei sei leptoni.
Tutti questi successi hanno permesso di completare e consolidare il settore di materia del modello standard. Tuttavia oggi sembra necessario ipotizzare l’esistenza di una “fisica oltre il modello standard”. Uno dei motivi è il fatto che la materia composta dalle particelle del modello standard sembra spiegare solo una piccola percentuale (circa il 5%) di ciò che compone il nostro universo.
Questo è motivo di sconcerto e di eccitazione nella comunità scientifica che ha ipotizzato e sta cercando la cosiddetta “materia oscura”, una ipotetica componente di materia che, diversamente dalla materia conosciuta, non emetterebbe radiazione elettromagnetica e sarebbe attualmente rilevabile solo in modo indiretto attraverso i suoi effetti gravitazionali (vd. AAA materia cercasi, ndr). Una opportunità di indagine alternativa e complementare alla ricerca della materia oscura già presente in natura è quella di produrla negli acceleratori. Il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra, con i suoi 27 km di circonferenza, è attualmente l’acceleratore più grande al mondo e fornisce una energia disponibile per le reazioni di circa 14 TeV. Si sta adesso lavorando al progetto High-Luminosity LHC (HL-LHC), previsto entrare in funzione nel 2029, che intende accrescere il potenziale di scoperta di LHC attraverso test di precisione del modello standard, incrementando la quantità di dati raccolti di oltre un fattore dieci. Tuttavia, l’HL-LHC non fornirà una energia disponibile superiore a quella di LHC, per creare particelle ancora più pesanti di quelle sinora identificate. Quale sarà allora il passo successivo? Al momento c’è convergenza a livello europeo su un progetto molto ambizioso, il Future Circular Collider (FCC): un nuovo acceleratore circolare di circa 91 km di circonferenza nel quale potrebbero essere ospitati, in tempi successivi, un collisore elettrone-positrone (FCC-ee) e un collisore protone-protone (FCC-hh) a un’energia nel centro di massa di circa 100 TeV. Il FCC-hh sarà il più potente acceleratore di particelle mai costruito al mondo e aprirà una nuova finestra sulla possibile fisica oltre il modello standard permettendo eventualmente di produrre, se esistono, nuove e più pesanti particelle (fino a masse di decine di TeV) e magari di contribuire a svelare il segreto della natura della materia oscura. Il complesso di acceleratori previsto da FCC fornirà al CERN e all’Europa gli acceleratori più avanzati nel campo della fisica delle particelle e assicurerà un futuro di avanguardia nel mondo in questo settore per almeno 60-70 anni dopo LHC.

Kick off meeting del Centro ICSC di Bolognad.
Vista dall’alto dell’area intorno a Ginevra dove dovrebbe sorgere il tunnel di circonferenza pari a circa 91 km di FCC, a confronto con i 27 km del tunnel di LHC.
 
 

Biografia
Marina Cobal è professoressa all’Università di Udine, si occupa di fisica agli acceleratori e ha lavorato agli esperimenti CDF (Tevatron, USA) e ATLAS (LHC, Svizzera). Al CERN ha ricoperto incarichi di responsabilità internazionale ed è ora parte dello steering group per la realizzazione del futuro collisore FCC. A Udine ha fondato e dirige la SIER (Scuola di Introduzione alle Energie Rinnovabili).

 

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DOI: 10.23801/asimmetrie.2024.36.03
 

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