Un’eco lontana
Nuovi studi sulla radiazione cosmica di fondo
di Massimiliano Lattanzi

Ispezione del satellite Planck prima del suo lancio dallo spazioporto europeo di Kourou in Guyana francese nel 2009.
Sin dalla sua inattesa scoperta nel 1964, che valse il premio Nobel ad Arno Penzias e Robert Wilson, la radiazione cosmica di fondo è stata una fonte apparentemente inesauribile di informazioni sull’universo in cui viviamo. Nota con l’acronimo CMB – dall’inglese Cosmic Microwave Background –, questa radiazione elettromagnetica, parzialmente polarizzata, si trova attualmente a una temperatura di 2,7 K, corrispondente alla regione delle microonde dello spettro elettromagnetico. Essa permea l’intero universo ed è il residuo della fase primordiale, estremamente densa e calda, della sua evoluzione: in particolare, è un’istantanea dell’universo nel momento in cui esso divenne trasparente alla radiazione, a un’età di “soli” 400.000 anni. La CMB è estremamente isotropa, ovvero ci appare la stessa in ogni direzione; tuttavia, a un esame più attento, ci si accorge che questo uniforme mare di radiazione presenta delle increspature, delle fluttuazioni di temperatura. Pur essendo molto piccole – solo qualche decina di milionesimo di grado in media –, queste contengono preziose informazioni sul cosmo. Studiandole, possiamo infatti conoscerne, per esempio, la composizione, la geometria e la velocità di espansione; e perfino sondare le primissime fasi della sua storia, quando, durante una fase di espansione accelerata chiamata inflazione, sono state generate le fluttuazioni di densità primordiali – i semi da cui poi avranno origine le galassie –, come afferma il modello cosmologico più accreditato. Non stupisce dunque sapere che grandi sforzi sono stati dedicati, negli ultimi decenni, all’osservazione della CMB. Le misure da terra o da pallone stratosferico forniscono, ora come in passato, contributi importanti, ma sono complicate da effetti sistematici legati alla presenza dell’atmosfera terrestre. Al contrario, le osservazioni da satellite, a fronte di un maggiore sforzo e dei più lunghi tempi di progettazione associati a una missione spaziale, non risentono di tale limitazione. La possibilità di osservare un intervallo di frequenze ampio, che includa non solo le microonde ma anche le regioni vicine del radio e dell’infrarosso, è particolarmente importante in quanto permette di caratterizzare e rimuovere le emissioni galattiche che oscurano il segnale della CMB. Le osservazioni spaziali hanno inoltre accesso alla sfera celeste nella sua interezza, permettendo di misurare le fluttuazioni anche alle scale angolari più grandi. Le osservazioni del satellite COBE della NASA nei primi anni ’90 segnarono la prima pietra miliare in questo campo, confermando che l’emissione della CMB è quella caratteristica di un corpo nero a una temperatura di 2,7 K, e stabilendo l’esistenza delle anisotropie in temperatura. Le due scoperte valsero il premio Nobel ai responsabili scientifici dell’esperimento John C. Mather e George F. Smoot. Nel decennio successivo, le anisotropie vennero ulteriormente caratterizzate dagli esperimenti su pallone BOOMERanG e MAXIMA, e da un altro satellite della NASA, WMAP. Infine, negli anni ’10 appena trascorsi, il satellite dell’ESA Planck ha mappato in maniera esaustiva le anisotropie in temperatura, di fatto raggiungendo il limite di precisione per cui, anche aumentando la sensibilità dei nostri strumenti, ci scontriamo con il fatto di avere un solo universo da osservare.

L’immagine della polarizzazione della radiazione cosmica di fondo vista dall’osservatorio spaziale Planck.

Visione artistica della configurazione di volo di LiteBIRD, in cui si intravedono in primo piano il riflettore a basse frequenze LFT (Low Frequency Telescope) e i riflettori a frequenze intermedie e alte (MFT, Middle Frequency Telescopes e HFT, High Frequency Telescopes).
Biografia
Massimiliano Lattanzi è ricercatore presso la sezione di Ferrara dell’INFN. Si occupa dei vincoli alla fisica fondamentale da osservazioni del fondo cosmico di microonde e delle strutture cosmologiche a grande scala. Ha fatto parte della collaborazione Planck ed è attualmente membro delle collaborazioni LiteBIRD, LSPE, Simons Observatory ed Euclid. È coordinatore nazionale del progetto InDark dell’INFN.