Lisa dagli occhi laser
Un interferometro spaziale per onde gravitazionali
di Rita Dolesi
Il satellite di LISA Pathfinder completo del suo modulo di propulsione, mentre sta per essere incapsulato nel razzo VEGA (Vettore Europeo di Generazione Avanzata) presso lo spazioporto di Kourou, nella Guyana francese.
Fino a qualche anno fa, la nostra conoscenza dell’universo si basava esclusivamente sull’osservazione delle onde elettromagnetiche in un ampio spettro di frequenze. Ma a partire dal 2015 la rivelazione delle onde gravitazionali ha aperto una nuova finestra sul cosmo, con nuove straordinarie prospettive di indagine sulla natura della gravità, dei buchi neri, dei sistemi binari, e sulla formazione ed evoluzione delle strutture cosmiche fin dalle prime fasi dell’universo (vd. Asimmetrie n. 21, 25, 30, ndr). L’astronomia delle onde gravitazionali è solo agli albori: le entusiasmanti osservazioni di Advanced LIGO e Virgo (e quelle previste da futuri interferometri a terra come l’Einstein Telescope) si concentrano su uno spettro di frequenza limitato (circa 10-1000 Hz), se confrontato con quello accessibile nella banda elettromagnetica. Una nuova finestra in frequenza verrà aperta dagli interferometri spaziali, in particolare dal progetto LISA (Laser Interferometer Space Antenna), che sta progredendo rapidamente verso la realizzazione del primo osservatorio spaziale di onde gravitazionali. Guardando a uno spettro di sorgenti complementari rispetto a quelle studiate dagli osservatori terrestri, LISA potrà ascoltare, nel silenzio dello spazio, sorgenti che emettono a più bassa frequenza, tra 20 microHz e 1 Hz, non rivelabili da Terra a causa dei limiti di lunghezza del braccio degli interferometri e alla rumorosità della gravità terrestre. Secondo la teoria di Einstein, un sistema spiraleggiante di buchi neri in orbita l’uno intorno all’altro produce variazioni quasi-periodiche del campo gravitazionale, e quindi delle ondulazioni del tessuto spaziotemporale, che si propagano alla velocità della luce e la cui frequenza dipende dalla frequenza orbitale del sistema binario. Nei suoi ultimi istanti di vita prima della fusione, un sistema binario di buchi neri supermassici (di massa dell’ordine di un milione di masse solari, come il buco nero al centro della nostra galassia) emette onde gravitazionali proprio nella banda di “ascolto” di LISA (vd. Sinfonia cosmica, ndr). Le perturbazioni prodotte da questa mostruosa collisione si propagano nel cosmo fino a noi ma, anche a causa dell’enorme distanza delle sorgenti, modificano lo spaziotempo (e il moto delle particelle in esso) in maniera quasi impercettibile. Le onde gravitazionali possono essere dunque rivelate misurando con estrema precisione l’accelerazione relativa di masse in “caduta libera”, cioè masse di riferimento inerziale soggette al campo gravitazionale, ma ben isolate da altre forze di disturbo. Già i primi progetti di LISA negli anni ’80 mettevano in luce come fosse necessario raggiungere un livello di isolamento da forze spurie di diversi ordini di grandezza superiore a quelli mai raggiunti prima. Un divario troppo ampio per essere superato in un sol balzo da uno strumento che doveva essere lanciato nello spazio. Si rese quindi necessario realizzare delle tappe intermedie, delle evidenze di fattibilità basate prima di tutto su esperimenti a terra e poi nello spazio. Un’idea fondamentale fu quella di sospendere le masse a fili sottili come capelli, le cui torsioni infinitesime permisero di caratterizzare le forze spurie agenti su quelle masse. Questo consentì di disegnare una configurazione credibile al punto da poter proporre una missione spaziale esplorativa intermedia, LISA Pathfinder, che venne lanciata nell’autunno del 2015.
LISA è costituita da tre satelliti identici posti ai vertici di un triangolo equilatero di lati pari a circa 2,5 milioni di km orbitante attorno al Sole. Il passaggio di un’onda gravitazionale viene rivelato tramite interferometria laser monitorando il moto relativo delle coppie di masse di prova in caduta libera nel campo gravitazionale in ciascun satellite.
Un’antenna gravitazionale grande come la Luna
La Lunar Gravitational Wave Antenna (LGWA) è una delle più ambiziose proposte maturate nell’ambito della nuova fase dell’esplorazione lunare che sta muovendo oggi i suoi primi passi e che promette importanti ritorni culturali, economici e scientifici. L’idea alla base del progetto, sostenuto e promosso da gruppi di ricerca italiani dell’INFN, del GSSI, dell’INAF e dell’INGV, è quella di osservare le deboli vibrazioni della Luna prodotte dalle onde gravitazionali. Il monitoraggio delle vibrazioni della superficie lunare, grazie alla straordinaria sensibilità richiesta per la rivelazione delle onde gravitazionali, potrebbe inoltre migliorare la comprensione della Luna stessa in termini geologici, consentendo di acquisire nuove informazioni sulla sua struttura interna e sulla storia della sua formazione e della nostra Terra. LGWA mira all’installazione di stazioni sismiche in una regione permanentemente ombreggiata (Permanently Shadowed Region, PSR) di uno dei poli lunari. Le stazioni saranno dotate di una nuova generazione di sismometri ad alta precisione, la cui installazione e funzionamento a lungo termine richiederanno lo sviluppo di tecniche e sistemi innovativi per l’alimentazione elettrica, la distribuzione e il posizionamento dei sensori e il supporto alla navigazione e alla comunicazione attraverso l’utilizzo di satelliti lunari. Con una sensibilità massima prevista nella banda dei decimi di hertz, LGWA potrebbe costituire l’anello mancante tra le bande di osservazione di LISA e dei futuri osservatori terrestri come l’Einstein Telescope, fornendo uno strumento per la rivelazione di diversi tipi di sorgenti di onde gravitazionali, quali binarie di buchi neri di massa intermedia, fusioni di binarie galattiche di nane bianche, eventi di distruzione mareale, supernovae e sorgenti primordiali. Contribuendo all’astronomia multimessaggera, LGWA potrebbe quindi fare luce sul mistero dell’origine delle supernovae che usiamo per valutare il tasso di espansione dell’universo e ci aiuterà a comprendere la natura degli oggetti compatti che danno origine agli eventi di distruzione mareale che osserviamo attualmente con i telescopi operanti nell’ottico e nei raggi X.
Biografia
Jan Harms è professore di fisica al Gran Sasso Science Institute. La sua carriera è iniziata presso l’Albert-Einstein-Insitute di Hannover. Nel 2013, dopo cinque anni negli Stati Uniti presso UMN e Caltech, si trasferisce in Italia. Come membro delle collaborazioni Virgo e Einstein Telescope, si dedica allo sviluppo di tecnologie innovative per i rivelatori di onde gravitazionali e di metodi di analisi dei dati. Dal 2020 è coordinatore del progetto Lunar Gravitational-wave Antenna.
Biografia
Rita Dolesi è professoressa presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e incaricata di ricerca per l’INFN al TIFPA. Già nel core team di LISA Pathfinder, e ora in quello di LISA, si occupa in particolare del moto geodetico delle masse di prova, dall’implementazione dello strumento, alla sua verifica fino all’operazione in volo.