Megamacchine per il microcosmo
Gli acceleratori del futuro
di Lucio Rossi

evoluzione degli acceleratori nel tempo a.
Evoluzione degli acceleratori nel tempo. Gli acceleratori circolari per adroni (protoni o ioni) superano quelli in cui vengono accelerate particelle più leggere (i leptoni: elettroni e, in futuro, muoni), perché le particelle più pesanti non perdono quasi energia per radiazione, quando percorrono una traiettoria curva, e quindi l’energia ottenibile è data dalla semplice relazione, valida in condizioni relativistiche, E (espressa in GeV) ≈ 0,3Bρ, dove B è il campo dei dipoli magnetici (in Tesla) che guida le particelle cariche lungo la traiettoria e ρ è il raggio di curvatura (in metri). I collisori circolari, inoltre, grazie al fatto che gli stessi fasci si scontrano moltissime volte, raggiungono luminosità elevate sia in assoluto, sia in rapporto alla potenza dissipata. Oggi Lhc detiene il record di energia e SuperKekb quello di luminosità. Nei prossimi anni, per progredire significativamente occorrerà avanzare sui due diversi fronti, che rappresentano entrambi delle formidabili sfide.
Da sempre gli acceleratori si caratterizzano per l’energia (o meglio il momento o quantità di moto) delle particelle accelerate: più l’energia è elevata e più la luce che illumina l’infinitamente piccolo è fine e ci permette di vedere dettagli sempre più strabilianti. Grazie alle energie di 13 TeV nelle collisioni protone-protone di Lhc (vd. L'anello delle meraviglie, ndr.) gli esperimenti Atlas e Cms hanno stabilito che i quark sono puntiformi al meglio della decina di zeptometri (circa 10-20 m). Come riferimento, si tratta di un’energia pari a milioni di volte quella che tiene insieme i protoni all’interno del nucleo di un atomo, e di una lunghezza circa 100.000 volte più piccola delle dimensioni di un protone. Tuttavia, per “vedere” non basta avere una luce di lunghezza d’onda adeguata: ci vuole anche “abbastanza” luce. Insomma, dopo l’energia, “l’intensità” del fascio è il secondo parametro fondamentale per un acceleratore, che in un collisore si traduce in “luminosità”, la grandezza che esprime il numero di eventi che si possono osservare in un secondo per un dato tipo di evento.
Uno degli scopi primari degli acceleratori di particelle rimane dunque quello di esplorare nuovi territori con energie sempre più elevate. Un grafico che mostra l’evoluzione storica dell’energia ottenuta negli acceleratori (una versione rivisitata del famoso “grafico di Livingston”) è riportato in fig. a.
La prima, più ovvia possibilità è quella di aumentare il raggio effettivo dell’acceleratore. Con il Future Circular Collider (Fcc), il Cern propone di scavare un anello sotterraneo (a 400 m di profondità) di 100 km, quasi quattro volte più lungo rispetto a Lhc. Il problema è nei costi di costruzione ma anche nel gigantismo della infrastruttura e nella complessità della logistica: il Cern dovrebbe far nascere perlomeno un nuovo grosso terzo sito a circa 40-50 km dai due siti principali attuali a Meyrin (Svizzera) e Prevessin (Francia), distanti tra loro 2 km. L’alternativa all’uso della forza bruta del gigantismo è di migliorare il cuore dello strumento. Fcc-hh (dove “hh” indica collisioni adroniche, protoni o ioni) mira a raddoppiare il campo dei dipoli di Lhc, da 8,3 tesla a 16 tesla. Se sono occorsi 20 anni perché piccoli dimostratori di 11-13 tesla si tramutassero in magneti producibili in serie per Hilumi, la frontiera dei 15-16 tesla per Fcc richiederà ancora una lunga fase di ricerca e sviluppo. Questo ha (re)spinto l’opzione Fcc-hh verso il 2050/60, invece del 2040, come inizialmente ipotizzato solo nel 2019. La frontiera dell’energia diventa quindi una montagna sempre più ardua da scalare ma… le sfide difficili sono le più interessanti!
Ma qual è l’energia “giusta” per tentare di scoprire nuova fisica con una macchina adronica come Fcc-hh? La strategia è quella di puntare, dopo Hilumi Lhc, su un collisore leptonico di tipo elettrone-positrone. I grandi progetti studiati negli ultimi vent’anni sono collisori leptonici lineari, Ilc e Clic, per il problema dell’enorme potenza persa per radiazione di sincrotrone. Questi progetti sono stati rimodulati a energie più basse, sia a causa dei costi, sia considerando il valore relativamente piccolo della massa dell’Higgs (125 GeV). Per esempio, nel caso di Ilc, anche iniziando con luminosità 10 volte inferiori a quella di Hilumi di 250 GeV, grazie alla “pulizia” dello scontro particella-antiparticella, si potrebbero esplorare possibili anomalie del modello standard. Limitandosi alle energie non troppo elevate di 250 GeV (Higgs factory) o 350 GeV (Higgs-top) rientra in gioco anche la possibilità di un collisore leptonico circolare, chiamato Fcc-ee. Nonostante l’enorme perdita per radiazione, una macchina di questo tipo terrebbe testa ai collisori lineari fino a 350 GeV, mentre a energie inferiori sarebbe una straordinaria “fabbrica” di particelle elettrodeboli (EW factory), consentendo una moltitudine di studi di precisione e la ricerca di fenomeni rari.
 
prototipo di lunghezza ridotta dei dipoli superconduttori b.
Prototipo di lunghezza ridotta dei dipoli superconduttori necessari ad aumentare la luminosità di Lhc (Lhc Hilumi), durante la fase di test presso la Asg Superconductors (Genova). I nuovi dipoli saranno realizzati con un nuovo materiale, il niobio3-stagno, mai impiegato finora nella costruzione di acceleratori, ma che permette di raggiungere una corrente elettrica, e dunque un campo magnetico, più intensi rispetto alla lega niobio-titanio finora utilizzata.
 
 
la luminosità, grandezza proporzionale al numero di collisioni al secondoc.
La luminosità, grandezza proporzionale al numero di collisioni al secondo, in funzione dell’energia nel centro di massa per vari collisori leptonici.
 
In fig. c la luminosità in funzione dell’energia per i diversi collisori leptonici dimostra il vantaggio dell’opzione lineare rispetto alle macchine circolari oltre i 350 GeV. Il tunnel di Fcc sarebbe di 100 km, più costoso di quello per Ilc o Clic (15-30 km a seconda delle versioni), ma tunnel e infrastruttura criogenica potrebbero essere poi re-utilizzati per Fcc-hh riducendone il costo marginale e ripetendo lo schema virtuoso Lep/Lhc: un grande investimento ma graduale e sostenibile. Fcc diventerebbe così lo strumento completo: interazioni leptoniche, adroniche e adro-leptoniche.
Complementare alla frontiera dell’energia è quella dell’intensità: fasci sempre più intensi di protoni sono per esempio necessari per generare neutrini e raccogliere la promessa di nuova fisica che il loro studio potrebbe contenere. Si richiedono fasci con alte intensità a diverse energie, che possono sintetizzarsi in una potenza (prodotto tra energia e intensità) media di fascio di 1 MW od oltre. A differenza della frontiera in energia, in questo caso gli acceleratori lineari non sono sfavoriti rispetto ai circolari. Mentre il Kek con J-Parc ha puntato su un sincrotrone resistivo rapidamente pulsato per Superkamiokande, il Fermilab ha recentemente deciso di puntare su un lineare superconduttivo da 800 MeV, PipII, per aumentare l’intensità dei fasci per la long baseline degli esperimenti sui neutrini. Linac per protoni ad alta intensità, di circa 1 GeV, sono in uso anche per generazione di neutroni per spallazione, la Spallation Neutron Source (Sns) in Usa e la European Spallation Source (Ess) in Europa (a Lunde, Svezia), sempre in competizione con il sincrotrone da 50 GeV di J-Parc.
È possibile evitare il gigantismo dei futuri acceleratori circolari, come Fcc, o gli spaventosi consumi di energia di un Linac a elettroni-positroni? In realtà, nuove frontiere si stanno aprendo, seguendo due idee molto originali, ma estremamente difficili da realizzare. Una prima possibilità è quella di un collisore di muoni. Una macchina di questo tipo sembrerebbe essere la quadratura del cerchio: da una parte vengono accelerati leptoni – generando così collisioni molto pulite – e dall’altra si utilizzano particelle abbastanza pesanti da abbattere significativamente la perdita per radiazione, permettendo così di usare lo schema del collisore circolare, dove la luminosità e qualità di fascio sono più facili da ottenere.
L’idea di un muon collider, che circola da oltre vent’anni, ha recentemente ripreso quota come “Higgs factory a buon mercato” (proposta da Carlo Rubbia) per il settore di precisione o addirittura come alternativa a Fcc-hh per la frontiera in energia. In linea di principio si possono raggiungere circa 10 TeV con dimensioni delle decine di chilometri (10 TeV “leptonici” sono circa equivalenti a 100 TeV adronici). L’estrema difficoltà di questo schema risiede nel meccanismo di produzione dei muoni: questi vengono infatti generati “caldissimi” nelle collisioni di un fascio con un bersaglio, ovvero come una “nuvola” di particelle diffuse in tutte le direzioni. Occorre quindi raffreddarli, e molto rapidamente (nei pochi microsecondi della loro vita!). Questo è difficile ma possibile con tecniche molto sofisticate. Recentemente, un gruppo italiano ha proposto uno schema diverso (chiamato Lemma), in cui i muoni vengono generati già “freddi” nell’annichilazione di elettroni e positroni in coppie di muone-antimuone. Per ora le intensità sono sulla carta ancora troppo basse ma, se migliorato, il sistema potrebbe rappresentare un’autentica svolta. Uno schema alternativo, ancora più innovativo e sempre proposto in Italia, si basa invece su fasci di muoni eccezionalmente freddi generati in collisioni elettrone-fotone, tutto da sviluppare!
Un’ulteriore idea, anche questa prepotentemente emersa negli ultimi anni, si fonda sul fenomeno delle onde di plasma (ovvero oscillazioni di densità di carica in un gas completamente ionizzato), che possono generare campi elettrici di centinaia di GV/m, cioè tali da far impallidire qualsiasi cavità convenzionale a radiofrequenza. Negli ultimi dieci anni si è dimostrato che possono essere effettivamente utilizzate per accelerare fasci di particelle, anche ben oltre il GeV, polarizzando il plasma o con impulsi ultra-brevi di potentissimi laser o utilizzando fasci di particelle (tipicamente elettroni). Quest’ultima è in particolare la tecnologia scelta dai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn dove, nell’ambito del progetto Eupraxia, si sta costruendo un’infrastruttura di classe mondiale, dedicata allo sviluppo di questa tecnologia. Si tratta di una grande sfida che coinvolge dinamica dei fasci, tecnologia degli acceleratori e progettazione di sistema.
Queste ricerche alla frontiera dell’energia, della precisione e dell’intensità inducono innovazione tecnologica che non serve solo per la fisica fondamentale, per le nuove scoperte che sperabilmente gli acceleratori ci porteranno. Se solo un centinaio di acceleratori oggi è operativo nei vari laboratori di fisica fondamentale, particellare o nucleare, sono invece oltre 30.000 gli acceleratori funzionanti per tanti altri scopi applicativi: dal medicale all’industria metallurgica, dall’energia ai beni culturali. Gli acceleratori sono infatti strumenti fondamentali non solo della conoscenza ma anche del nostro benessere.
 
Plasma prodotto all’interno di un sottile e lungo volume di idrogeno gassoso rarefattod.
Plasma prodotto all’interno di un sottile e lungo volume di idrogeno gassoso rarefatto, in un capillare di plastica, da un pacchetto di elettroni (detto “pilota”) prodotto dall’acceleratore lineare a Sparc-lab, l’infrastruttura dedicata a questa innovativa tecnica presso i Laboratori di Frascati. L’intenso campo elettrico prodotto all’interno del plasma è in grado di aumentare l’energia dei pacchetti di elettroni che seguono, a breve distanza, il pacchetto pilota, dimostrando quindi la possibilità di realizzare, per la prossima generazione di acceleratori, macchine estremamente compatte. Questo è in particolare l’obiettivo del progetto Eupraxia.
 

Biografia
Lucio Rossi è professore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano dal 1992. Esperto nel settore della superconduttività per acceleratori e rivelatori, dal 2001 al 2020 è stato al Cern di Ginevra, dove ha diretto ila ricerca sui superconduttori e i magneti per il progetto Lhc. Nel 2010, e fino al 2020, ha fondato e diretto High Luminosity Lhc. Da ottobre 2020 ha ripreso l’insegnamento e la ricerca all’Università di Milano, continuando con l’Infn gli studi per futuri collisori e per acceleratori per l’adroterapia.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2021.31.3
 

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