Flash and chips
L’elettronica dei rivelatori

di Adriano Lai

campagna di test condotta nel 2018 al Cern su Myriad 2 (Intel) a.
Foto relativa a una delle fasi della campagna di test condotta nel 2018 al Cern su Myriad 2 (Intel), chip di intelligenza artificiale dedicato all’integrazione grafica, per conto dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Il funzionamento dell’unità di processazione video viene verificato a seguito della sua esposizione a radiazione per comprenderne il possibile utilizzo in ambito spaziale.
Se guardassimo un complesso sistema di misura come un fantastico organismo vivente, potremmo dire che ogni suo rivelatore costituisce uno dei suoi organi sensoriali, ogni canale di lettura un suo recettore e che tutti i segnali generati da tali recettori, innumerevoli e di tipo diverso, sono trasformati in impulsi elettrici spediti dentro il suo complesso sistema nervoso verso un’unità di elaborazione, un cervello, capace di interpretarli. L’elettronica di un sistema sperimentale è paragonabile ai nervi e ai primi stadi di elaborazione cerebrale di questo ipotetico organismo: non avremmo un apparato di misura senza un sistema elettronico, così come non avremmo un essere vivente evoluto senza sistema nervoso.
Come il grado di evoluzione di un organismo vivente si riflette direttamente sulla complessità del suo sistema nervoso, così la complessità di un apparato sperimentale, fatto di sensori ed elettronica, può essere più o meno grande. In fisica delle alte energie, gli apparati sono composti da una decina di rivelatori diversi (i suoi “sensi”) e da milioni di canali di lettura (i recettori e i “nervi” ad essi collegati). L’avanzamento della ricerca in fisica fondamentale richiede di concepire e realizzare apparati sempre più estesi e complessi, con un numero di canali di lettura e connessioni sempre maggiore e prestazioni in termini di accuratezza sempre più spinte.
Questo paragone ci aiuta a capire il ruolo dell’elettronica in un sistema di misura e la sua fondamentale importanza funzionale, ma come ogni similitudine non va spinto troppo avanti. Il sistema elettronico di un apparato sperimentale ha una struttura interna molto diversa da quella di un sistema percettivo ed elaborativo organico. Ripartendo dal singolo sensore del sistema sperimentale, l’interazione di una particella o di un’onda elettromagnetica di qualunque tipo produce in esso una variazione di carica o di corrente ai suoi elettrodi. Questa debole e repentina variazione è il segnale originario che il primo stadio del sistema elettronico deve rendere leggibile e misurabile. Ciò significa estrarre da esso tutta l’informazione che contiene con la massima precisione possibile: l’ampiezza del segnale è proporzionale all’energia rilasciata dalla particella, la posizione e il tempo in cui il segnale è rivelato ci permettono di misurare l’impulso della particella, di ricostruire la dinamica dettagliata di un’interazione sub-atomica e di stabilire l’identità delle particelle che a questa interazione partecipano. Il primo stadio del sistema è un circuito che amplifica il debole segnale dal rivelatore e ne cambia opportunamente la forma, perché possa essere più facilmente elaborato dagli stadi successivi, senza perdere le informazioni che interessano. Questo primo stadio è chiamato “stadio analogico” e l’elaborazione del segnale originario genera solo cambiamenti nella sua forma e ampiezza. Lo stadio successivo invece converte le informazioni di tempo e/o ampiezza in una sequenza di numeri binari, che possono essere memorizzati ed elaborati con algoritmi logici e numerici. Tale stadio è definito “digitale”, dall’inglese “digit”, cifra numerica. Un numero binario di senso compiuto viene chiamato “dato” e fornisce una misura del tempo di accadimento, o dell’ampiezza del segnale, oppure identifica la posizione del sensore che ha generato l’informazione.
 
Esempio di Sip (System In Package) con applicazioni di intelligenza artificiale b.
Esempio di Sip (System In Package) con applicazioni di intelligenza artificiale. Il Sip è costituito integrando in un’unica struttura fortemente interconnesa (integrazione verticale) più microchip, facenti funzioni di microprocessori, memorie e interconnessioni ad alta velocità. Oltre che stadi di calcolo ad altissime prestazioni, i Sip possono integrare anche rivelatori di radiazione e stadi di elaborazione analogica dei segnali. Dispositivi di questo tipo possono essere capaci di centinaia di milioni di milioni di operazioni al secondo (centinaia di teraflops).
 
La precisione nella misura finale prodotta dipende sia dalla qualità del sensore che da quella della sua elettronica di lettura. Gli esperimenti della presente generazione richiedono una precisione spaziale nella misura della traiettoria di una particella di una o due decine di millesimi di millimetro (micrometri) su superfici di svariati metri quadrati. La misura del tempo è limitata a una precisione di “solo” poche decine di miliardesimi di secondo (nanosecondi). In confronto, i ricercatori che oggi progettano gli apparati della prossima generazione, da installarsi fra una decina di anni, devono aggiungere alla misura della posizione micrometrica una misura del tempo circa mille volte più precisa (dell’ordine dei picosecondi). Si prevede che il numero di eventi per secondo aumenti di quasi un ordine di grandezza e deve in proporzione aumentare la velocità di elaborazione dei segnali e la velocità di trasmissione della enorme quantità di dati che il sistema elettronico genera in ogni secondo. La prossima generazione di apparati sperimentali va così verso una transizione epocale: le prestazioni e la fattibilità di molti esperimenti alle alte energie sono limitate dalle prestazioni del suo sistema elettronico in termini di precisione e velocità piuttosto che dalla precisione ottenibile dai sensori.
Gli stadi analogico, di conversione analogico-digitale e quello di trasmissione dei dati generati vivono in intimo contatto col sensore, con la conseguenza che i gangli vitali del sistema elettronico sono costituiti da circuiti ad altissima integrazione (microchip). Un microchip che legga i sensori a pixel della prossima generazione integrerà centinaia di migliaia di canali su una superficie di alcuni centimetri quadrati e genererà un flusso di dati pari a centinaia di miliardi di bit per secondo. Inizia dunque a essere conveniente elaborare la copiosissima informazione generata dal rivelatore subito dopo la conversione digitale, piuttosto che inviarla all’esterno dell’apparato. I microchip, integrati con i sensori stessi, sono sempre più simili a un intero sistema su chip, composto da più microsistemi densamente interconnessi fra loro. L’apparato diventa “intelligente” e, con algoritmi di intelligenza artificiale, inizia a imparare a elaborare i dati “riconoscendo” gli eventi. Fra qualche generazione tecnologica avremo sistemi che interpretano da soli i dati e suggeriscono nuovi algoritmi di analisi? Questa è fantascienza, non è certo dietro l’angolo, ma è sicuramente lungo la strada che stiamo già percorrendo. Intanto il gigantesco tecno-organismo intelligente inizia a prender forma…
 

Biografia
Adriano Lai, dirigente tecnologo dell’Infn, ha sviluppato apparati sperimentali al Cern e per applicazioni mediche. Oggi dirige il progetto Timespot, dedicato a realizzare un sistema ad alta risoluzione spaziotemporale di prossima generazione.


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2021.31.6
 

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