Neutrini negli abissi
Telescopi di ghiaccio e di acqua
di Piera Sapienza
Un’immagine dei segnali di luce Cherenkov rivelati dai fotomoltiplicatori dell’esperimento IceCube (sotto i ghiacci del Polo Sud), che indicano il passaggio di un muone prodotto dall’interazione del neutrino di alta energia dell’evento IC170922 con il ghiaccio. I colori si riferiscono a tempi diversi di rivelazione della luce e ci dicono che il muone si muoveva da destra verso sinistra.
Il 22 settembre 2017 IceCube, che nel 2013 aveva annunciato la scoperta dei neutrini cosmici, rivela un neutrino muonico di altissima energia (circa 290 TeV), catalogato come “evento IC170922”, e manda un’allerta con la direzione dell’evento a tutti i telescopi del globo. I telescopi Magic osservano raggi gamma di alta energia dal blazar TX506+056 in prossimità dell’evento. Seguono osservazioni correlate in altre lunghezze d’onda, nell’ambito radio, ottico e dei raggi X. L’evento IC170922, considerato il primo dell’astronomia con neutrini di alta energia, ha messo alla prova i diversi modelli teorici che descrivono i nuclei galattici attivi, cioè galassie con un buco nero centrale attivo e getti ultrarelativistici che accelerano particelle ad altissima energia, tra cui i blazar, il cui getto è orientato verso di noi. La comprensione dell’universo estremo, sede di eventi cataclismatici, è una delle frontiere della scienza attuale. L’universo è però sostanzialmente opaco a fotoni di alta energia e le particelle cariche, emesse da acceleratori cosmici, non consentono di fare osservazioni astronomiche poiché sono deviate dai campi magnetici galattici ed extragalattici, che incontrano nel loro cammino verso di noi. I neutrini invece, essendo privi di carica, stabili e debolmente interagenti, possono attraversare pressoché indisturbati tutto l’universo ed emergere dal cuore dei più potenti acceleratori cosmici trasportando informazioni sui meccanismi della loro produzione.
L’astronomia alle altissime energie è quindi accessibile solo ai neutrini, particelle affascinanti ed elusive. Talmente elusive che l’esperimento IceCube, con un volume di rivelazione di un chilometro cubo, cattura appena una decina di neutrini cosmici l’anno. La necessità di rivelatori di volumi di circa un chilometro cubo scaturisce da stime di flusso che sono state confermate dalle osservazioni. L’idea di utilizzare grandi volumi di mezzi naturali, come l’acqua marina o i ghiacci polari a grandi profondità, per rivelare i neutrini di alta energia è stata proposta negli anni ’60. Il neutrino, interagendo con l’acqua o il ghiaccio, produce un muone (o un altro leptone carico a seconda del sapore del neutrino) che si propaga a velocità maggiore della velocità della luce nel mezzo, generando un cono di luce direzionale per effetto Cherenkov. La luce Cherenkov viene rivelata da una matrice tridimensionale di sensori ottici (fotomoltiplicatori) che consentono di misurare l’energia del neutrino e di risalire alla sua direzione di provenienza e quindi di individuarne la sorgente. Il ghiaccio o l’acqua hanno una triplice funzione: fungono da bersaglio per l’interazione del neutrino, da radiatore Cherenkov e da schermo per i muoni atmosferici che provengono dall’alto e costituiscono la principale sorgente di rumore di fondo. Un paio di migliaia di metri di ghiaccio o acqua sovrastante il rivelatore riducono il flusso di muoni atmosferici di circa un milione di volte, facendo in modo che il rivelatore non ne sia accecato. I segnali di neutrini sono tuttavia talmente rari che nei telescopi si selezionano solo eventi di neutrini che provengono dall’emisfero opposto, utilizzando tutta la Terra, che può essere attraversata solo dai neutrini, come filtro. La rivelazione di segnali dall’emisfero opposto è necessaria per la identificazione dei neutrini muonici, che sono il canale privilegiato per l’astronomia. Per l’osservazione completa del cielo di neutrini sono necessari quindi due rivelatori di dimensione del chilometro cubo installati in emisferi opposti, in modo da assicurare una copertura totale. La realizzazione di telescopi per neutrini ad alta energia in ambienti estremamente ostili, come le profondità dei ghiacci polari o gli abissi marini, implica sfide tecnologiche considerevoli, a causa delle pressioni elevatissime e di problemi di corrosione e accessibilità.
Un modulo di rivelazione dell’esperimento Km3net/ Arca, in costruzione al largo di Capo Passero, in Sicilia, a 3500 metri di profondità.
Biografia
Piera Sapienza, è dirigente di ricerca ai Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn. Ha lavorato in esperimenti di fisica nucleare in Francia, Germania e Italia. Dai primi anni 2000 lavora sulla fisica dei neutrini. È stata rappresentante Lns nei consigli internazionali di Km3net e Antares ed è responsabile dell’integrazione delle stringhe di Km3net ai Lns.