Esplosioni cosmiche
I neutrini dell’astronomia multimessaggera
di Irene Tamborra
Le interazioni che avvengono nel getto emesso da un nucleo galattico attivo producono cascate di particelle instabili che, alla fine della loro catena di decadimento, generano neutrini, fotoni, elettroni e positroni, che possono arrivare fino ai nostri rivelatori.
Sin dalla notte dei tempi, l’uomo guarda al cielo per ammirare la luce delle stelle. Oggi, per esplorare il cosmo, gli scienziati non solo si avvalgono della radiazione elettromagnetica, ovvero della luce, ma anche delle onde gravitazionali, dei raggi cosmici e dei neutrini: la cosiddetta astronomia multimessaggera. Si sono aperte possibilità senza precedenti per poter esplorare i fuochi d’artificio cosmici più stravaganti del nostro universo e scoprirne i segreti. I neutrini sono le particelle elementari più abbondanti nel nostro universo dopo i fotoni e hanno contribuito alla formazione di strutture cosmiche su larga scala fino alle galassie così come le osserviamo oggi. I neutrini sono anche abbondantemente prodotti nel nucleo di oggetti astrofisici altamente energetici e ci offrono l’opportunità unica di esplorare il motore di queste sorgenti. Anche se non possiamo vederli a occhio nudo, i neutrini sono dei messaggeri cosmici perfetti perché interagiscono così debolmente con le altre particelle che praticamente viaggiano indisturbati e alcuni sono catturati da giganteschi rivelatori sulla Terra.
Simulazione del fenomeno di esplosione di una supernova. Le bolle corrispondo alla materia della supernova in rapida espansione, scaldata dal passaggio di un enorme numero di neutrini.
Le “supernovae di tipo II” sono un esempio di come i neutrini hanno un ruolo fondamentale nel motore di una sorgente astrofisica. Queste supernovae si formano quando muore una stella almeno otto volte più pesante del Sole. Le stelle che diventano supernovae hanno una struttura a cipolla con gli strati più interni fatti di elementi via via più pesanti generati tramite combustione termonucleare. Quando il nucleo della stella inizia a produrre il ferro, la forza rivolta verso l’esterno causata dalla fusione nucleare non bilancia più la forza gravitazionale diretta verso l’interno, e la stella collassa su sé stessa per via della gravità. Al centro della stella si crea un’onda d’urto che viaggia a circa un decimo della velocità della luce, squarciando i vari strati stellari fino a determinarne l’esplosione. Il 99% dell’energia gravitazionale totale di una supernova di tipo II è emesso sotto forma di neutrini! Essi sono, infatti, prodotti così abbondantemente nel nucleo stellare che possiamo immaginare abbiano un ruolo fondamentale nell’esplosione (si stima che ne vengano emessi 1058). L’onda d’urto appena formatasi perde tutta la sua energia dissociando atomi di ferro, ma successivamente i neutrini forniscono nuova energia all’onda d’urto permettendole di ricominciare a propagarsi e finalmente far sì che la supernova esploda. Senza i neutrini, l’esplosione non sarebbe quindi possibile. Negli ultimi anni sono state realizzate simulazioni in 3D di una supernova pochi istanti prima dell’esplosione: rappresentano un’avanguardia computazionale e sono così complesse da impiegare mesi per essere elaborate su supercomputer con più di 15.000 Cpu. Queste simulazioni permettono di predire il segnale in neutrini di una futura esplosione di supernova. I neutrini rappresentano gli unici messaggeri (insieme alle onde gravitazionali) della fisica in condizioni così estreme. La prima e unica osservazione, nella vicina nube di Magellano (SN 1987A), di neutrini emessi dall’esplosione di una supernova risale al 1987. Purtroppo, non tutti i rivelatori erano attivi, ma la sola manciata di neutrini captati è bastata a convalidare le teorie sul collasso delle stelle massive. Attualmente, però, abbiamo dei rivelatori di neutrini giganteschi, ognuno dei quali potrebbe farci vedere fino a un milione di neutrini dalla prossima esplosione galattica. Esempi di questi rivelatori sono IceCube in Antartide e Super-Kamiokande in Giappone, e una ventina di altri piccoli rivelatori. Gli scienziati possono utilizzare i neutrini per localizzare le supernovae nel cosmo; soprattutto quelle con un segnale di luce molto debole o assente. Il destino di una supernova dopo l’esplosione è, con la stessa probabilità, collassare in una stella di neutroni o in un buco nero senza emissione di alcuna radiazione. I neutrini, quindi, possono offrirci informazioni preziose sulla fisica della sorgente appena prima che il buco nero si formi. Se due stelle di neutroni o una stella di neutroni e un buco nero sono abbastanza vicini da formare un sistema binario, i due corpi celesti iniziano a orbitare l’uno intorno all’altro fondendosi. Questo evento astrofisico, denominato “kilonova”, è stato considerato per molto tempo una delle possibili sedi di formazione degli elementi più pesanti del ferro, come oro e platino.
Biografia
Irene Tamborra, è professore del Niels Bohr Institute a Copenaghen dove dirige il gruppo di ricerca AstroNu. Studia modelli per la fisica del neutrino e multimessaggera nelle sorgenti astrofisiche e nell’universo primordiale. Ha conseguito il dottorato di ricerca a Bari e svolto attività di ricerca presso il Max Planck Institut di Monaco e l’Università di Amsterdam.