Il fascino dell’assenza
Alla ricerca del doppio decadimento beta senza neutrini
di Paolo Gorla
Maria Goeppert-Mayer, fisica tedesca naturalizzata statunitense insignita del premio Nobel per la fisica nel 1963 per i suoi studi sul nucleo atomico.
Dopo la pubblicazione del modello di Ettore Majorana per le particelle elementari, alla fine degli anni ’30, i fisici cominciarono a chiedersi come si potesse dimostrare che neutrino e antineutrino sono la stessa particella (vd. Tre uomini e un neutrino, ndr). Fu così che maturò l’interesse per un processo nucleare ancora mai osservato, il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Il doppio decadimento beta è un processo nucleare raro noto fin dal 1935, quando fu proposto da Maria Goeppert-Mayer, pioniera dello studio della struttura dei nuclei atomici nonché seconda donna nella storia, dopo Marie Curie, a ricevere il premio Nobel per la fisica nel 1963. Nel decadimento beta ordinario, la cui trattazione teorica fu sviluppata nel 1934 da Enrico Fermi, un neutrone all’interno di un nucleo si trasforma in un protone, dando origine a una nuova configurazione nucleare. A questo processo si accompagna l’emissione di un elettrone, che garantisce la conservazione della carica, e di un antineutrino. Goeppert-Mayer calcolò la probabilità che due decadimenti beta avvenissero contemporaneamente all’interno di un nucleo, emettendo due elettroni e due antineutrini. Dai suoi calcoli fu subito chiaro che un processo di questo tipo sarebbe stato molto raro. L’origine del doppio decadimento beta va cercata nel modo in cui si ordinano i protoni e i neutroni all’interno di un nucleo. Ogni protone tende a disporsi in modo ordinato quando è in coppia con un altro protone, orientando il proprio spin in direzione opposta rispetto allo spin dell’altro protone. Quando il numero di protoni è pari si otterrà una configurazione più ordinata di quando è dispari, perché non c’è nessun protone solitario. Lo stesso avviene per i neutroni. Questo schema fa sì che per i nuclei con numero di protoni e di neutroni pari il decadimento beta non avvenga, perché porterebbe a una configurazione più instabile con un neutrone e un protone non accoppiati. È invece possibile un doppio decadimento, ovvero la contemporanea conversione di due neutroni in due protoni, che mantiene la simmetria delle coppie ricomponendo una configurazione di protoni e neutroni stabile.
Negli ultimi 80 anni, il doppio decadimento beta è stato osservato in vari nuclei, confermandosi come uno dei processi più rari mai osservati in natura, con vite medie tra i 1018 e 1020 anni, ovvero fino a 100 miliardi di volte superiori all’età dell’universo. Questo vuol dire che per osservare un solo evento di doppio decadimento beta è necessario osservare almeno un miliardo di miliardi di nuclei atomici in un anno. Il vero interesse per i processi di doppio decadimento beta inizia però nel 1939 quando Wendell Furry, partendo dai lavori di Fermi e di Goeppert-Mayer, applica al neutrino il modello proposto due anni prima da Ettore Majorana, in cui non c’è distinzione tra particella e antiparticella, e propone un nuovo processo di decadimento, oggi noto come “doppio decadimento beta senza emissione di neutrini”. L’intuizione di Furry è che se il neutrino fosse una particella di Majorana, cioè se il suo comportamento fosse descritto in linguaggio matematico dell’equazione di Majorana e non da quella di Dirac (vd. Tre uomini e un neutrino, ndr), nel doppio decadimento beta potrebbero non avvenire contemporaneamente due processi separati di conversione di neutrone in protone ma un singolo processo concatenato. Infatti, l’antineutrino emesso da un neutrone potrebbe essere assorbito come neutrino (visto che non c’è differenza tra le due particelle) da un secondo neutrone. In questo modo, dall’esterno si osserverebbe solo l’emissione di due elettroni, senza alcun antineutrino. L’aspetto fondamentale di questo processo, che è ancora più raro del doppio decadimento beta con due neutrini e quindi ancora più difficile da osservare, sta nel fatto che può avvenire solo se il neutrino è una particella di Majorana. Dunque, se fosse possibile osservare il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini sarebbe possibile dare una conferma sperimentale al modello di Majorana per i neutrini. A partire dagli anni ’70 molti fisici si sono dedicati alla ricerca del doppio decadimento beta senza emissione di neutrini. Oggi, più di 80 anni dopo i lavori di Furry e Majorana, due grandi progetti installati presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso si contendono la leadership in questa ricerca: Cuore e Gerda/Legend.
Il doppio decadimento beta si verifica nel raro caso in cui due neutroni in un nucleo si trasformano simultaneamente in due protoni, emettendo due elettroni e due antineutrini (sinistra). Nel caso in cui sia valida l’ipotesi di Majorana, e dunque il neutrino coincida con la sua antiparticella, l’antineutrino emesso da uno dei due neutroni può essere riassorbito dall’altro, con l’emissione di soli due elettroni (destra).
Tre ricercatori al lavoro sul rivelatore dell’esperimento Cuore, costituito da 988 cristalli cubici ultra-freddi di tellurite organizzati in 19 torri.
Biografia
Paolo Gorla, è ricercatore presso il Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn. I suoi principali interessi sono lo studio della natura di Majorana del neutrino, attraverso la ricerca del doppio decadimento beta, e la ricerca della materia oscura.