Gli indifferenti
L’ipotesi dei neutrini sterili
di Carlo Giunti
Ciascuno neutrino di definito sapore (νe, νμ, ντ, νs) è una sovrapposizione quantistica di quattro stati di massa (ν1, ν2, ν3, ν4) con valori di massa crescente. I tre neutrini attivi (νe, νμ, ντ) devono essere composti da una piccolissima percentuale dello stato di massa più pesante (ν4), mentre il neutrino sterile (νs) è quasi interamente composto da ν4.
Quanti neutrini ci sono? Ne conosciamo con certezza tre: il neutrino elettronico, quello muonico e quello tauonico. Questi sono i cosiddetti “neutrini attivi”, che conosciamo perché interagiscono con la materia tramite le interazioni deboli. Sono quasi identici, con la sola differenza che quando interagiscono con la materia producono rispettivamente un elettrone, un muone o un tauone, come indicato dai loro nomi. Questa caratteristica viene chiamata “sapore”. La somiglianza tra i tre neutrini attivi permette le oscillazioni, che sono trasformazioni periodiche del sapore lungo la traiettoria di un neutrino. Sappiamo anche che non possono esistere più di tre neutrini attivi, perché esperimenti all’acceleratore Lep del Cern hanno dimostrato, negli anni ’90, che i decadimenti del bosone Z0, mediatore delle interazioni deboli neutre, producono solo tre neutrini attivi. Quindi, se esistono più di tre neutrini, quelli ipotetici devono essere “sterili”, cioè non interagenti con la materia attraverso le interazioni deboli. La suggestiva terminologia “attivo-sterile” è stata inventata dal fisico italiano Bruno Pontecorvo nel 1967, mentre viveva e lavorava a Dubna, vicino a Mosca, nell’ex Unione Sovietica. In quasi tutti i contesti l’aggettivo sterile ha una connotazione negativa, che denota l’assenza di vita o l’incapacità alla riproduzione. I neutrini sterili, invece, sono una panacea per la fisica fondamentale contemporanea, che sta cercando di capire quale sia la teoria fondamentale della natura. La teoria attuale più completa è il cosiddetto modello standard, che spiega tre delle quattro forze fondamentali conosciute: la forza forte, che tiene insieme i quark nei nucleoni (protoni e neutroni) e i nucleoni nei nuclei atomici, la forza debole che determina i decadimenti nucleari, e l’elettromagnetismo che lega gli elettroni ai nuclei per formare gli atomi, oltre a generare i fenomeni elettromagnetici macroscopici che tutti noi sperimentiamo quotidianamente.
L’esperimento Gallex ha misurato il flusso dei neutrini solari nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn negli anni ’90. Poiché ha osservato un numero di neutrini elettronici inferiore rispetto a quello previsto, è stato ipotizzato che una parte di questi sia sparita perché si è trasformata in neutrini sterili per effetto delle oscillazioni.
Resta esclusa solo la quarta forza fondamentale: la gravità, descritta da una teoria non quantistica, la relatività generale di Albert Einstein. Il modello standard prevede che esistano solamente i tre neutrini attivi, che dovrebbero essere privi di massa, come si credeva fino alla scoperta delle oscillazioni dei neutrini nel 1998. Oggi sappiamo che il modello standard deve essere esteso per spiegare la piccola massa dei neutrini necessaria per le oscillazioni. Parliamo di estensione perché abbiamo buoni motivi per credere che debba esistere una teoria più fondamentale, che include il modello standard e lo generalizza per dar conto di almeno altre due questioni irrisolte: la descrizione unificata quantistica delle quattro forze fondamentali (compresa quindi la gravità) e la probabile esistenza della materia oscura e dell’energia oscura. Come si può estendere il modello standard per spiegare la massa dei neutrini? E come questa estensione è legata alla possibile esistenza di neutrini sterili? Consideriamo innanzitutto il fatto che i tre neutrini attivi corrispondono alle tre generazioni esistenti di leptoni e quark, e sappiamo che non esistono altri quark o leptoni carichi analoghi a quelli conosciuti. Quindi perché si ipotizza che possano esistere degli altri neutrini? Il fatto è che i neutrini sono speciali, perché sono gli unici fermioni fondamentali neutri, cioè senza una carica elettrica. Nelle teorie che estendono il modello standard è prevista l’esistenza di nuovi fermioni che non partecipano alle interazioni debole ed elettromagnetica. Questi fermioni non standard sono neutri come i neutrini e possono accoppiarsi ai tre neutrini attivi tramite la loro massa (se non ci sono altre proprietà che lo impediscono). I fermioni neutri non standard possono avere diversi nomi specifici nelle varie teorie (“neutrini destrorsi”, oppure “axini” e “modulini” in teorie supersimmetriche, o “neutrini mirror” in teorie che ipotizzano materia speculare), ma in pratica possono essere tutti classificati come neutrini sterili, perché si mescolano ai neutrini attivi tramite la loro massa ma non interagiscono con la materia tramite le interazioni deboli del modello standard. Ciò è meraviglioso, perché significa che i neutrini sterili possono metterci in comunicazione con il mondo della fisica fondamentale al di là del modello standard e ampliare in modo straordinario la nostra conoscenza degli aspetti fondamentali della natura.
Sbn, Short Baseline Neutrino Program, è un esperimento in preparazione al Fermilab (Stati Uniti) che utilizzerà i tre rivelatori illustrati nella figura (Sbnd, MicroBoone e Icarus), posti a distanze diverse dalla sorgente di neutrini muonici, per cercare di osservare l’oscillazione dei neutrini muonici in neutrini sterili.
Biografia
Carlo Giunti, è ricercatore dell’Infn presso la sezione di Torino. La sua attività di ricerca riguarda principalmente la fisica dei neutrini, sui quali ha scritto il libro specialistico “Fundamentals of Neutrino Physics and Astrophysics” (Oxford University Press, 2007).