Mind the gap
Il problema delle masse dei buchi neri
di Michela Mapelli
Visualizzazione artistica di GW190521, subito prima dell’evento di fusione dei due buchi neri. Le frecce indicano le possibili direzioni dello spin (ossia dell’asse di rotazione) dei due buchi neri. Come si vede dall’immagine, lo spin giace quasi nel piano dell’orbita della binaria. Questa configurazione degli spin viene interpretata come un indizio della formazione “dinamica” di GW190521, cioè del fatto che i due buchi neri sarebbero entrati a fare parte dello stesso sistema binario per mezzo di incontri ravvicinati tra corpi celesti.
La vita di chi studia buchi neri è diventata molto più movimentata negli ultimi sei anni. L’ennesimo colpo di scena si è verificato il 21 maggio 2019, quando gli osservatori Ligo e Virgo hanno captato il segnale GW190521, che minaccia di provocare una vera e propria rivoluzione. Già la rivelazione della prima onda gravitazionale, GW150914, ha lasciato fisici e astrofisici di tutto il mondo a bocca aperta, dimostrando che due buchi neri possono ruotare uno intorno all’altro formando un sistema binario e che questo sistema può arrivare a fondersi per emissione di onde gravitazionali. Inoltre, le masse delle due componenti di GW150914, rispettivamente pari a 29 e 36 masse solari, ci hanno dimostrato che i buchi neri di taglia stellare possono avere massa superiore a venti volte la massa del nostro Sole. Le osservazioni elettromagnetiche, specialmente quelle relative alle cosiddette binarie a raggi X, ci avevano già dimostrato l’esistenza di buchi neri di taglia stellare, ma nessuno di questi era parte di una binaria con un altro buco nero e nessuno di questi aveva massa dell’ordine di 30 masse solari o più. Negli ultimi mesi del 2020, la collaborazione Ligo-Virgo ha presentato i risultati della prima parte della terza presa dati osservativa, svoltasi tra l’aprile 2019 e il marzo 2020. Ad oggi, conosciamo circa 50 eventi di onde gravitazionali, per la maggior parte fusioni di buchi neri. Tra questi, il già citato GW190521 e un evento successivo captato ad agosto (GW190814) hanno nuovamente lasciato a bocca aperta la comunità scientifica.
Con una massa totale di circa 150 masse solari, GW190521 è il sistema di buchi neri più massiccio mai osservato attraverso le onde gravitazionali. Ma l’aspetto forse più rilevante di tutti è la massa del buco nero primario, ovvero del più massiccio tra i due buchi neri che componevano il sistema binario prima della fusione. Il buco nero primario di GW190521 ha, infatti, una massa di 85 masse solari, un valore pressoché impossibile da ottenere attraverso l’evoluzione e la morte di una stella massiccia. Vediamo perché. Nel corso della sua vita, una stella rimane in equilibrio grazie al bilanciamento tra forza di gravità e pressione del gas e dei fotoni prodotti dalle reazioni nucleari. Quando una stella massiccia, alla fine del bruciamento del carbonio, produce un nucleo di elio maggiore di circa 30 volte la massa del Sole, la sua temperatura centrale è dell’ordine di un miliardo di gradi. A temperature così elevate, una parte dei fotoni prodotti al centro della stella ha un’energia superiore al milione di elettronvolt. Interagendo con i nuclei presenti al centro della stella, questi fotoni energetici possono portare alla produzione di coppie elettrone-positrone. La trasformazione dei fotoni in coppie elettrone-positrone porta a una riduzione della pressione e quindi a uno sbilanciamento: la gravità degli strati interni della stella non è più bilanciata dalla pressione e la stella diventa instabile. Tale instabilità, detta “instabilità di coppia”, perché dovuta alla produzione di coppie elettrone-positrone, ha un impatto cruciale sulle fasi finali della vita della stella e sulla formazione di un buco nero. Per effetto dell’instabilità di coppia, stelle con massa del nucleo di elio compresa tra 30 e 64 masse solari vanno incontro a una serie di pulsazioni, che provocano una riduzione della massa finale della stella. In questo caso, la stella lascia un buco nero con massa più piccola di quella che avrebbe prodotto se non fosse diventata instabile. Stelle con massa del nucleo di elio tra 64 e 135 masse solari vengono completamente distrutte da un’esplosione di supernova e non lasciano alcun oggetto compatto. Infine, la forza di gravità in stelle con una massa del nucleo di elio maggiore di 135 masse solari è talmente intensa che il collasso non viene mai interrotto e la stella produce un buco nero di massa maggiore di 120 masse solari. L’impatto di questi processi sulla massa dei buchi neri è notevole: per effetto dell’instabilità di coppia ci aspettiamo un intervallo vuoto (in inglese un gap) nello spettro di massa dei buchi neri tra 60 e 120 masse solari. Con una massa di 85 masse solari, il buco nero primario di GW190521 si va a posizionare proprio in mezzo al gap, in una regione che veniva considerata proibita. Ma quello dovuto all’instabilità di coppia non è l’unico gap possibile nello spettro di massa dei buchi neri. Il gap indotto dall’instabilità di coppia è infatti spesso chiamato “upper mass gap”, ovvero gap superiore, sottintendendo che c’è anche un “lower mass gap”, un gap inferiore. Contrariamente all’upper mass gap, il lower mass gap non ha motivazioni teoriche, bensì si fonda sui dati di alcune binarie a raggi X osservate nella nostra galassia e in quelle vicine. Una binaria a raggi X è un sistema binario composto da una stella e un oggetto compatto (come un buco nero o una stella di neutroni), in cui c’è trasferimento di massa dalla stella all’oggetto compatto. Il trasferimento di massa provoca emissione di radiazione, parte della quale nella regione dei raggi X. Conosciamo qualche decina di binarie a raggi X per cui è possibile effettuare una misura accurata della massa dell’oggetto compatto, ma nessuno di questi sembra essere nell’intervallo tra le 2 e le 5 masse solari, il cosiddetto lower mass gap.
Il grafico visualizza lo sviluppo dell’instabilità di coppia nel nucleo di una stella molto calda e massiccia: la formazione di coppie elettrone- positrone porta a una riduzione della pressione centrale. Ne consegue uno sbilanciamento tra pressione e gravità che porta il nucleo stellare a contrarsi.
Immagine composita della radiazione ultravioletta, visibile e infrarossa proveniente dall’ammasso stellare R136 nella Grande Nube di Magellano. R136 ospita decine di migliaia di stelle giovani, che possono subire incontri ravvicinati l’una con l’altra. È proprio in un ammasso stellare denso come R136 che potrebbero essere nati GW190521 e GW190814.
E qui entra in campo GW190814, con la fusione di due oggetti compatti di massa rispettivamente di 23 e 2,6 masse solari. Il primo dei due oggetti è chiaramente un buco nero, ma il secondo potrebbe essere il buco nero più leggero o la stella di neutroni più pesante che abbiamo mai visto. Di sicuro, la componente secondaria di GW190814 si colloca nel lower mass gap. Purtroppo, i dati non ci possono dire di più sulla sua natura, visto che non abbiamo indicazioni forti sulla sua deformabilità e sul suo spin e visto che non è stata osservata alcuna controparte elettromagnetica. GW190521 e GW190814, quindi, cambiano il nostro modo di guardare allo spettro di massa degli oggetti compatti, mettendo in discussione i due mass gap. Tuttavia, c’è una differenza sostanziale tra i due casi. Il lower mass gap non ha fondamento teorico, basandosi unicamente sulle osservazioni di un numero limitato di binarie nelle vicinanze del nostro Sole. GW190814 ci suggerisce che ci sono oggetti compatti che popolano l’intervallo tra 2 e 5 masse solari, indipendentemente dalla loro natura e da come si sono formati. La sfida principale a questo punto è capire quanti sono questi oggetti, come si possono formare e quale è la massa massima di una stella di neutroni. Più delicato è il caso di GW190521. La teoria dell’instabilità di coppia ha infatti robuste basi teoriche. Ma ci sono incertezze in questo modello? Ovviamente sì, come sempre. Le incertezze principali non riguardano tanto il processo di instabilità di coppia, quanto l’evoluzione delle stelle massicce. Infatti, l’entrata o meno di una stella nell’instabilità dipende da aspetti complessi come il ruolo della rotazione stellare, i processi di trasporto all’interno di una stella e il tasso di reazioni nucleari. Non da ultimo, rimane un’incertezza fondamentale sulla possibilità che l’inviluppo esterno della stella partecipi al collasso e diventi parte del buco nero finale. Questi aspetti sono diventati oggetto di numerosi studi pubblicati dopo la scoperta di GW190521 e rappresenteranno probabilmente uno dei campi più vivaci dell’astrofisica stellare nei prossimi anni. Quali sono i meccanismi alternativi rispetto all’evoluzione stellare per spiegare GW190521? Una possibilità interessante è che il buco nero primario di GW190521 sia il risultato della fusione di due buchi neri più piccoli oppure di due stelle in un ambiente stellare denso, come un ammasso stellare. Questo scenario terrà sicuramente impegnati gli studiosi di dinamica stellare e di ammassi stellari nei prossimi anni. Oppure, GW190521 potrebbe guidarci verso scoperte ancora più esotiche, come quella dei buchi neri formati dal collasso di instabilità gravitazionali nell’universo primordiale. Di sicuro, le ultime scoperte di Ligo-Virgo aprono la strada a scenari sin qui poco esplorati e promettono un cambio di paradigma nello studio degli oggetti compatti.
Biografia
Michela Mapelli è professoressa all’Università di Padova. Vincitrice di un Erc Consolidator grant e del premio Merac della European Astronomical Society per l’Astrofisica Teorica, studia la formazione delle binarie di buchi neri attraverso modelli dinamici e di evoluzione stellare.