Brividi discreti
Le stringhe e la quantizzazione della gravità

di Marialuisa Frau

Edward Witten a.
Il fisico teorico e matematico Edward Witten, uno dei padri della teoria delle stringhe.

Una delle più spettacolari ed emozionanti scoperte nel campo della fisica degli ultimi anni è stata la rivelazione delle onde gravitazionali generate dalla collisione di buchi neri, che ha dato, dopo più di 100 anni, l’ennesima e definitiva conferma sperimentale alla teoria della relatività generale di Einstein. Tuttavia, oggi sappiamo con certezza che questa teoria non può dare una spiegazione esauriente di tutti i fenomeni gravitazionali. Infatti, anche se la relatività generale prevede, per esempio, l’esistenza dei buchi neri, essa non riesce a spiegare cosa succede al loro interno, dove lo spaziotempo sembra diventare singolare. Più in generale, la relatività è una teoria puramente classica della gravità e non è valida a piccolissime distanze (per esempio alla scala subatomica), dove necessariamente la meccanica quantistica entra in gioco. Una teoria quantistica esiste per le interazioni elettromagnetiche, deboli e forti, che sono descritte in modo unificato dal modello standard delle interazioni fondamentali. Alla scala subatomica, tali forze sono molto più intense della forza gravitazionale, che quindi può anche essere trascurata, ma a scale ancora più piccole, dell’ordine della scala di Planck (ovvero 10-35 m), l’intensità della forza gravitazionale diventa del tutto paragonabile a quella delle altre forze e occorre necessariamente tenerne conto. È quindi logico aspettarsi che una formulazione quantistica per la gravità si possa trovare solo nel contesto di una teoria unificata di tutte le interazioni fondamentali.
Uno dei modelli ad oggi più accreditati per l’unificazione delle interazioni fondamentali è la teoria delle stringhe. La caratteristica più significativa di questa teoria è l’ipotesi che i costituenti fondamentali della materia non siano oggetti puntiformi, come avviene nell’ordinaria meccanica quantistica, ma oggetti unidimensionali, una specie di piccole corde, dette “stringhe”, la cui lunghezza tipica è dell’ordine della scala di Planck. A ogni stringa è associata una sequenza infinita di particelle, corrispondenti alle infinite frequenze di vibrazione della corda, di massa e spin crescenti al crescere della frequenza di vibrazione, e tra le particelle più leggere è sempre possibile identificare sia il fotone e le altre particelle di spin 1, responsabili della trasmissione quantistica delle interazioni elettrodeboli e forti, sia una particella di spin 2 identificabile come il “gravitone”, la particella mediatrice della forza gravitazionale. Tutte queste particelle risultano mutuamente interagenti e questo mostra come nella teoria delle stringhe l’unificazione quantistica delle interazioni fondamentali avvenga in modo automatico.

Nella sua formulazione odierna, la teoria delle stringhe comprende cinque modelli diversi, tutti interpretabili come aspetti diversi di un’unica teoria fondamentale, detta “teoria M” (madre). Questi modelli si basano su una elegante struttura matematica, che ne vincola molto le caratteristiche e li rende quindi, in linea di principio, molto predittivi. Una predizione, a prima vista sconcertante, è quella che lo spaziotempo non abbia solo le quattro dimensioni descritte dalla relatività generale, ma ne abbia in realtà dieci. Se la teoria delle stringhe deve spiegare le leggi dell’universo così come lo percepiamo, le sei dimensioni in più non devono essere osservabili nell’esperienza quotidiana. Un possibile meccanismo per spiegare questo fatto è quello della compattificazione, in cui le dimensioni extra anziché essere infinitamente estese come quelle ordinarie, sono di lunghezza finita e arrotolate su cerchi talmente piccoli da essere invisibili se non osservati da molto vicino. Un’altra possibilità è che l’universo che vediamo sia soltanto un’ipersuperficie a quattro dimensioni, immersa in un universo a dieci dimensioni. L’esistenza di configurazioni di questo tipo, dette “brane” (per indicare che sono generalizzazioni multidimensionali delle membrane bidimensionali), è effettivamente prevista dalla teoria M e permetterebbe di spiegare in modo naturale la differenza che osserviamo fra le forze elettrodeboli e forti, da un lato, e la forza gravitazionale, dall’altro. Le prime, infatti, avrebbero accesso solo alle dimensioni della “brana” che descrive l’universo, mentre la gravità avrebbe accesso all’intero spaziotempo, rivelando la sua natura multidimensionale. La presenza di dimensioni extra porterebbe non solo a importanti conseguenze sulle caratteristiche delle interazioni gravitazionali a corte distanze, per esempio una deviazione dalla ordinaria legge di gravitazione di Newton, ma avrebbe anche rilevanti implicazioni di carattere cosmologico. L’esistenza di configurazioni massicce come le “brane” in uno spaziotempo a più dimensioni permette, ad esempio, di studiare le caratteristiche termodinamiche dei buchi neri che, come mostrato da Stephen Hawking negli anni ’70, derivano dal considerare correzioni quantistiche alla gravità e non trovano spiegazione nell’ambito della teoria di Einstein. In particolare, è possibile spiegare il fatto che i buchi neri hanno un’entropia proporzionale all’area del loro orizzonte degli eventi e identificare i microstati che questa entropia conteggia. Buchi neri quadrimensionali si possono infatti realizzare tramite sistemi legati di “brane”, che si avvolgono in direzioni compatte nello spazio a dieci dimensioni. Queste configurazioni appaiono come un buco nero classico nelle quattro direzioni visibili, ma hanno proprietà che dipendono da come le “brane” si avvolgono nelle dimensioni extra.

 
 Una versione della teoria delle stringhe b.
Una versione della teoria delle stringhe prevede che esistano, oltre alle tre dimensioni spaziali ordinarie (ridotte qui a una singola linea nera), delle dimensioni extra longitudinali alla nostra brana-universo (qui ne è rappresentata solo una in un piano azzurro), lungo le quali si propagano i mediatori delle interazioni elettrodeboli e forti, descritti da stringhe aperte, e delle dimensioni extra trasversali (qui solo una) lungo le quali si propagano solo i gravitoni, descritti da stringhe chiuse. La materia è confinata nelle tre dimensioni ordinarie.
 
Due rappresentazioni di un buco nero c.
Due rappresentazioni di un buco nero. A sinistra, la deformazione dello spazio con la singolarità al centro, come descritto dalla relatività generale. A destra, l’ipotesi della fuzzball che si ha nella teoria delle stringhe, dove il buco nero è visto come una “palla disordinata” composta da stringhe unidimensionali.
 

Esistono quindi diverse configurazioni 10-dimensionali che corrispondono a un singolo buco nero quadridimensionale con una certa area dell’orizzonte, ed è possibile contarle con opportune tecniche matematiche, ottenendo un’entropia che coincide con l’area dell’orizzonte degli eventi, come ipotizzato da Jacob Bekenstein e Hawking. La ricerca recente ha anche ipotizzato che i buchi neri siano in realtà delle fuzzball, ovvero delle “palle disordinate” di oggetti fondamentali unidimensionali, cioè di stringhe. In questo modello, i singoli microstati del buco nero sono descritti a livello classico da soluzioni con una geometria regolare, mentre la geometria singolare dei buchi neri della relatività generale emerge da un processo di media sui possibili microstati, come una sorta di fenomeno collettivo. Un’altra linea di pensiero ispirata dalla teoria delle stringhe ipotizza che l’orizzonte degli eventi, invece di essere solo una superficie che un ipotetico osservatore potrebbe attraversare senza subire conseguenze (se non quella di non poter più tornare indietro!), sarebbe in realtà un “firewall”, un muro di energia che distruggerebbe qualunque oggetto cercasse di oltrepassarlo. Queste proposte non sono solamente speculazioni astratte, ma potrebbero essere sottoposte a controllo sperimentale, poiché le configurazioni ipotizzate danno origine a segnali di onde gravitazionali diversi da quelli calcolati a partire dal modello classico di buco nero. Gli stessi esperimenti che hanno portato all’ultima conferma della relatività generale potrebbero quindi permetterci nel prossimo futuro di superarla e magari, chissà, di ottenere una verifica sperimentale della teoria delle stringhe!

 

Biografia
Marialuisa Frau è professoressa di fisica teorica presso l’Università di Torino. La sua attività di ricerca riguarda la teoria delle stringhe ed è stata membro di numerosi progetti di ricerca internazionali in questo ambito. Partecipa attivamente a varie iniziative volte a promuovere la presenza delle donne nel campo delle scienze.


Link
https://www.youtube.com/watch?v=YSWd21z2qqE
https://www.ted.com/talks/brian_greene_making_sense_of_string_theory#t-986706
https://www.youtube.com/watch?v=0T--WC4D1C0


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DOI: 10.23801/asimmetrie.2021.30.6
 

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