Ceneri del Big Bang
Quel che resta dei primi tre minuti.
di Claudio Spitaleri e Vincenzo Napolano
Un esame attento dell’Universo attuale permette non solo di studiarne le caratteristiche presenti ma anche di provare a capire i primi istanti della sua nascita ed evoluzione. Ci sono in particolare alcuni indizi e prove significative, accumulate negli ultimi cinquanta anni, che hanno convinto la gran parte dei cosmologi della veridicità dell’ipotesi del Big Bang. Ovvero del fatto che all’origine dell’Universo, circa 13,7 miliardi di anni fa, vi sia un’espansione rapidissima e violenta partita da un punto infinitesimo, chiamato singolarità dello spaziotempo, in cui la temperatura e la densità della materia raggiungevano valori estremi. Le prove più convincenti che l’Universo sia nato proprio così, le hanno portate alcune scoperte e misure cruciali, avvenute nel secolo scorso. Il fatto ad esempio che le galassie si allontanassero tutte l’una dall’altra e con velocità crescente all’aumentare della loro distanza relativa, confermò l’ipotesi di un Universo in espansione e rese verosimile l’idea che in un qualche momento in passato la materia fosse concentrata tutta in una stessa regione. Una prova ancor più decisiva fu la scoperta alla metà degli anni ’60 di una radiazione cosmica di fondo, che permea lo spazio cosmico in modo omogeneo e ci arriva (all’incirca) con la stessa intensità da tutte le direzioni. Questa radiazione fu immediatamente interpretata come un “eco” dell’enorme quantità di energia rilasciata, “raffreddandosi”, dall’Universo primordiale, sotto forma di una radiazione, che si è attenuata via via durante la sua successiva espansione, prima di arrivare fino a noi.
L’esistenza di questa radiazione è stata considerata un indizio estremamente convincente a favore del Big Bang.
c.
Mappa del fondo cosmico a microonde “visto” da WMAP (http://map.gsfc.nasa.gov). L’immagine mostra le fluttuazioni di temperatura (segnalate dai diversi colori) dell’Universo primordiale, 380.000 anni dopo il Big Bang. Le zone a temperature diverse corrispondono ai grumi di materia cresciuti fino a formare le galassie. L’escursione termica massima tra i diversi punti è di 400 milionesimi di grado kelvin.
Un altro tassello fondamentale per completare il quadro di questa teoria è stato però aggiunto dai fisici nucleari, che hanno provato a spiegare come nei primi tre minuti di vita dell’Universo si siano generati la materia, così come la conosciamo, e i suoi costituenti elementari. Dopo circa un minuto dalla sua nascita l’Universo si era già raffreddato abbastanza per produrre protoni e neutroni stabili, che tramite fusioni nucleari, formarono i nuclei atomici del deuterio (un protone più un neutrone), quindi quello dell’elio-4 (o particelle alfa fatte di due protoni e due neutroni) e arrivarono probabilmente con successive fusioni a produrre il litio-7 e il berillio-7 (costituito da quattro protoni e tre neutroni), che è però instabile. Questo processo si intrappolò a questo punto in una sorta di collo di bottiglia per la mancanza di nuclei stabili con 8 nucleoni e dopo pochi minuti la temperatura e la densità dell’Universo diminuirono al punto da rendere impossibile altre fusioni nucleari. La nucleosintesi primordiale quindi, secondo la teoria comunemente accettata, non produsse i nuclei più pesanti, formati da un numero di protoni e neutroni maggiore di quello del berillio, come il carbonio o l’ossigeno, indispensabili tra l’altro alla nascita della vita. La produzione di questi elementi sarebbe avvenuta durante il successivo miliardo di anni, all’interno di stelle di grossa massa, dove si produssero le reazioni di fusione nucleare dei nuclei più pesanti, dando luogo alla cosiddetta nucleosintesi stellare.
La possibilità di prevedere grazie a questo modello l’effettiva abbondanza nell’Universo degli elementi più leggeri costituisce un altro valido argomento a sostegno dell’esistenza del Big Bang. La nucleosintesi coinvolge processi e reazioni nucleari, che si realizzano in natura secondo determinate probabilità, chiamate sezioni d’urto. Calcolare e misurare in modo estremamente preciso queste probabilità è uno degli obiettivi della fisica nucleare e costituisce un elemento cruciale per ricostruire cosa sia accaduto in quei primi minuti di vita dell’Universo, insieme alle tecniche sempre più sofisticate e precise per estrapolare le effettive abbondanze degli elementi nell’Universo primordiale attraverso l’osservazione e la misura di quelle presenti. In effetti già dall’inizio degli anni ’70, pur senza mettere in discussione l’esistenza del Big Bang, è stata proposta una variazione della teoria, nota come Big Bang non omogeneo, che prevede anche la possibilità che nuclei con più di 7 nucleoni si siano formati già durante la nucleosintesi primordiale. è quindi estremamente importante studiare la probabilità che nelle condizioni di un Big Bang non omogeneo si verifichino reazioni nucleari che formino nuclei pesanti, come quella in cui un nucleo di litio-8 (costituito da 8 nucleoni: 3 protoni e 5 neutroni) scontrandosi con una particella alfa produce un nucleo di boro-11 (5 protoni e 6 neutroni) più un neutrone libero.
L’esperimento “Big Bang” eseguito presso i Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn, a Catania (in accordo con i risultati di altri gruppi di ricerca internazionali) ha mostrato come questa reazione sarebbe significativamente probabile nel contesto di un Big Bang non omogeneo, contribuendo all’acceso dibattito scientifico internazionale sulle effettive caratteristiche della nucleosintesi primordiale. è così che dai laboratori di fisica nucleare possono arrivare alcune risposte alla domanda più difficile e antica, ovvero come si sia formato il nostro Universo.
Biografia
Claudio Spitaleri è professore di fisica sperimentale all’Università di Catania e ricercatore dell’Infn ai Laboratori Nazionali del Sud. La sua ricerca è focalizzata sull’astrofisica nucleare sperimentale.
Link
http://www.lns.infn.it/excyt/index.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Nucleosintesi
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