[as] benvenuti a bordo
Intervista a Elena Guardincerri, ricercatrice ai Laboratori del Gran Sasso dell'Infn.
di Antonella Varaschin
Elena Guardincerri [E]: A dire il vero avevo la passione per la bicicletta! Praticavo ciclismo a livello agonistico così, al momento di decidere la facoltà universitaria, ho scelto quella più compatibile con gli orari dei miei allenamenti: fisica, anziché veterinaria. Quindi fisica un po’ per caso, ma ora lo faccio con passione.
[as]: Come hai cominciato?
[E]: Ho studiato a Genova, dove però non ho potuto specializzarmi in astrofisica, il settore che mi interessava. Mi sono trovata a lavorare un pò per caso a una tesi che consisteva nello sviluppo di una simulazione Montecarlo per un esperimento di fisica planetaria. Quando si è presentata l’occasione ho cambiato ambito: all’inizio avevo accettato una proposta per collaborare a Borexino e sono partita per il Gran Sasso. Ma non ho avuto fortuna: di lì a poco, ancor prima che io iniziassi a lavorare, è occorso un incidente all’impianto dell’esperimento che è rimasto sospeso per alcuni mesi. Ho avuto però una seconda occasione, sempre al Gran Sasso, questa volta a Cuore e per tutto il tempo del dottorato mi sono occupata del sistema di acquisizione dati dell’esperimento.
[as]: E poi c’è stata Berkeley...
[E]: L’ho proprio cercata l’esperienza all’estero perché credo tuttora che ne valga la pena. Una caratteristica tutta italiana è quella di rimanere nel luogo dove si è nati e cresciuti come ricercatori, anche perché si è spesso favoriti rispetto a chi è partito e cerca di rientrare. Dalle altre parti è diverso: una collega spagnola mi raccontava che nel suo Paese un’esperienza all’estero è quasi un requisito indispensabile per avere un contratto a tempo indeterminato. Però far ricerca all’estero mi andava bene come esperienza temporanea, non volevo lasciare definitivamente l’Italia, dove ho i miei affetti. Così, quando ho avuto la possibilità, anche se volendo sarei potuta rimanere lì, ho deciso di rientrare con un assegno di ricerca.
[as]: Com’era la tua vita a Berkeley?
[E]: Non ho fatto fatica a trovarmi nuovi amici e il posto era bellissimo, un parco naturale. Ho deciso di non restare nella residenza universitaria e ho affittato un appartamentino per conto mio. Mi mancava il mare di Genova, però. Lì c’è l’oceano, freddo e con gli squali, e io pratico canottaggio, quindi non era proprio l’ideale per me! Un’estate con un gruppo di amici ci siamo organizzati e siamo andati in barca a remi da Chiavari alla Corsica, è stata un’esperienza unica, la vacanza più bella della mia vita! Certe cose mi mancavano. Cercavo di rimediare all’assenza del mare andando in piscina. Ne avevo una vicino casa che apriva la mattina molto presto, così certi giorni alle sei e mezzo ero già in acqua, giusto il tempo di una nuotata prima dell’ufficio.
[as]: Di che cosa ti stai occupando ora che sei rientrata in Italia?
[E]: Ho vinto un assegno post-doc all’Università di Genova ma lavoro ai laboratori del Gran Sasso agli esperimenti Cuore, che è ancora in costruzione, e Borexino, che è in presa dati al 2007. Così mi sono trasferita ad Assergi (sede dei Lngs, ndr) perché si lavora meglio stando sul posto.
[as]: Pensi di ripartire?
[E]: No, io sono tornata in Italia con l’intenzione di rimanerci.
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