Un bilancio sempre in pari
La legge di conservazione dell’energia
di Vincenzo Barone
La diffusione Compton è dovuta agli urti elastici tra fotoni ed elettroni liberi. Per la conservazione dell’energia, i fotoni diffusi hanno una lunghezza d’onda maggiore di quella dei fotoni incidenti.
Con la relatività abbiamo imparato che anche la massa è energia, e va conteggiata nelle reazioni nucleari e subnucleari, nelle quali può convertirsi in altre forme di energia o essere generata a partire da altre forme di energia. Nell’annichilazione di un elettrone e di un positrone, per esempio, tutta l’energia di massa delle due particelle si trasforma in energia cinetica dei fotoni prodotti. Infine, quando si ha a che fare con sistemi macroscopici, l’energia può essere scambiata anche sotto forma di calore. Il primo principio della termodinamica, in effetti, è nient’altro che la legge di conservazione dell’energia, che tiene conto degli scambi di calore, dell’energia interna di un sistema e del lavoro compiuto da o su di esso. La meccanica quantistica ha introdotto un importante elemento di novità nel discorso sull’energia. Il principio di indeterminazione di Heisenberg stabilisce infatti che se si osserva un sistema per un intervallo di tempo limitato, la sua energia può essere misurata solo con un’incertezza inversamente proporzionale al tempo di osservazione. Dunque, se il sistema è instabile e vive solo per poco, la sua energia è necessariamente indeterminata. Ciò apre una serie di interessanti possibilità. Si può dimostrare che in virtù della legge di conservazione dell’energia un elettrone isolato non può emettere un fotone reale; ma, proprio a causa del principio di indeterminazione energia-tempo, l’elettrone può emettere un fotone “virtuale”, cioè un fotone che acquista massa e vive per un tempo limitato, venendo poi assorbito da un altro elettrone. È così che due elettroni interagiscono elettromagneticamente. Va detto che se si guarda alle particelle realmente osservate (gli elettroni) la legge di conservazione dell’energia è perfettamente rispettata, perché l’energia totale dei due elettroni prima dell’interazione è uguale alla loro energia totale dopo l’interazione. Il primo esempio storico di applicazione della legge di conservazione dell’energia a un processo elementare risale al 1923, quando il fisico statunitense Arthur Compton scoprì che, irradiando un bersaglio di grafite con raggi X, la radiazione diffusa aveva una lunghezza d’onda maggiore di quella della radiazione incidente, secondo una semplice legge matematica. Compton ipotizzò che l’effetto fosse dovuto, a livello microscopico, agli urti elastici tra i fotoni dei raggi X e gli elettroni del materiale irradiato, e fu in grado, applicando le leggi di conservazione dell’energia e della quantità di moto, di spiegare la variazione della lunghezza d’onda osservata. Negli anni successivi, tuttavia, non mancò chi suggerì che la legge di conservazione dell’energia potesse non valere a livello nucleare e subnucleare. Attorno al 1930 i fisici erano alle prese con un problema legato al decadimento beta dei nuclei, il processo in cui un nucleo di una certa specie si trasforma in un altro nucleo emettendo un elettrone. Gli elettroni emessi hanno una distribuzione continua di energia, il che è incompatibile con la legge di conservazione dell’energia, se si suppone che nel decadimento venga emesso solo un elettrone.
Energia e tempo
Per capire in che modo la legge di conservazione dell’energia è legata all’uniformità del tempo, cioè alla simmetria delle leggi fisiche rispetto alle traslazioni temporali, si può ricorrere a un semplice esperimento ideale (suggerito dal fisico statunitense Leon Lederman). Una delle tecniche usate per immagazzinare l’energia elettrica prodotta da una centrale è l’accumulazione per pompaggio. Il principio è semplice: quando l’elettricità è abbondante, se ne utilizza il sovrappiù per pompare l’acqua di un bacino a valle verso un serbatoio a monte; quando invece scarseggia, si usa il dislivello dell’acqua per azionare una turbina e produrre così l’energia elettrica necessaria. Questo meccanismo è basato sulla legge di conservazione dell’energia. L’energia elettrica impiegata per pompare in alto l’acqua si trasforma in energia potenziale dell’acqua contenuta nel serbatoio in quota. Quando, successivamente, l’acqua precipita, la sua energia potenziale si trasforma in energia cinetica che mette in movimento la turbina (trascureremo per semplicità tutte le complicazioni del processo). Supponiamo che per qualche misterioso motivo la costante di gravità G di Newton sia soggetta a variazioni diurne: per esempio, che aumenti nel corso della giornata. Se le cose stessero così, potremmo realizzare una macchina a moto perpetuo (cioè una macchina che produce più energia di quella che consuma) spostando per esempio una massa d’acqua da un serbatoio a terra a un serbatoio in alto e facendola poi ricadere. Il lavoro necessario a pompare l’acqua verso l’alto è uguale all’energia potenziale gravitazionale dell’acqua ed è proporzionale a G; anche l’energia cinetica dell’acqua che ricade in basso (e che può essere utilizzata per azionare una turbina) è proporzionale a G. Dunque, se pompassimo l’acqua, quando G è piccola, consumeremmo una quantità di energia inferiore alla quantità di energia che produrremmo facendo precipitare l’acqua, quando G è grande. Il bilancio di energia sarebbe in attivo: avremmo realizzato il moto perpetuo. Nella realtà, le leggi della fisica non cambiano (fortunatamente) nel corso della giornata, e una macchina che crei energia dal nulla è irrealizzabile. Aggiungiamo che, in concreto, non è neanche possibile recuperare tutta l’energia potenziale accumulata con il pompaggio idrico, perché una parte di essa inevitabilmente si dissipa, convertendosi in energia termica (gli impianti di pompaggio hanno un’efficienza dell’ordine dell’80%, il che significa che un quinto dell’energia viene dissipata).
La tedesca Emmy Noether (1882-1935) è stata una delle più grandi matematiche di tutti i tempi. Insegnò a Gottinga e, dopo il trasferimento negli Stati Uniti, al Bryn Mawr College in Pennsylvania.
Biografia
Vincenzo Barone insegna meccanica quantistica all’Università del Piemonte Orientale ed è associato alla sezione Infn di Torino. Si occupa di teoria delle interazioni forti. Il suo più recente libro divulgativo è L’infinita curiosità. Breve viaggio nella fisica contemporanea (con P. Bianucci, Edizioni Dedalo, 2017).
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