Sincronizziamo gli orologi
Tecniche di allineamento temporale
di Maximiliano Sioli
a.
Calata a mare agli inizi del maggio del 2014 della seconda delle cento strutture che formeranno il telescopio sottomarino per neutrini Km3net, in costruzione negli abissi al largo della Sicilia a 3500 m di profondità.
Molti esperimenti di fisica richiedono una misura precisa del tempo. Anche in un esperimento semplice – per esempio quello del piano inclinato di Galileo (vd. [as] illuminazioni: Io dico l'universo., ndr) – gli orologi che misurano il tempo associato al passaggio di una sfera dalla partenza fino al traguardo devono essere sincroni (cioè le “lancette” devono muoversi senza anticipare né ritardare rispetto a un orologio di riferimento) e in fase (cioè devono battere l’ora tutti allo stesso istante), per poter correttamente misurare il moto della sfera. Negli esperimenti di fisica delle particelle tutti gli “orologi” installati nei componenti elettronici degli esperimenti devono essere sincroni e in fase, con una precisione di frazioni di miliardesimi di secondo. Ciò è fondamentale per poter correlare i dati che arrivano dai sottosistemi del rivelatore e che vanno associati allo stesso evento fisico (nel gergo dei fisici si dice che i segnali sono in coincidenza temporale). Anziché installare un orologio atomico su ogni parte del rivelatore (che sarebbe un’operazione troppo complessa e immensamente costosa) i fisici utilizzano spesso un unico preciso orologio di riferimento (il master clock) e una rete di cavi elettrici o fibre ottiche calibrate, su cui viaggiano segnali ottici ed elettrici utilizzati per sincronizzare e mettere in fase tutti i componenti elettronici dell’esperimento.
In molti dei moderni esperimenti di astrofisica particellare (vd. in Asimmetrie n. 15 A spasso per la Pampa e Dal cosmo agli abissi) si costruiscono apparati composti da rivelatori separati da distanze che vanno dal centinaio di metri al centinaio di chilometri. Questi rivelatori devono identificare gli eventi fisici di interesse, tracciando il passaggio di particelle che si muovono con velocità prossime a quelle della luce nel vuoto, in volumi di materia grandi fino a migliaia di chilometri cubi. Gli eventi si ricostruiscono misurando “in coincidenza” le particelle che investono i vari rivelatori dislocati nello spazio. È chiaro dunque come un’accurata e precisa ricostruzione dell’evento sia subordinata all’accuratezza e precisione del sistema di sincronizzazione di tutti i rivelatori dell’esperimento.
Il rivelatore Opera nella sala C dei Laboratori del Gran Sasso. Nelle regioni più scure sono collocati circa 15.000 "mattoni" di piombo e lastre fotografiche per la ricostruzione micrometrica delle interazioni dei neutrini.
Il volo dei neutrini
Biografia
Maximiliano Sioli è professore di fisica sperimentale presso l’Università di Bologna. Si è occupato di fisica dei raggi cosmici e fisica del neutrino negli esperimenti Macro e Opera al Gran Sasso e attualmente si occupa di fisica agli acceleratori nell’esperimento Atlas di Lhc del Cern.
Link
http://cern.ch/proj-cngs
http://www.ohwr.org/projects/white-rabbit
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