Proiettili dallo spazio
Il mistero dei raggi cosmici
di Lorenzo Caccianiga
Mappa del cielo che indica la provenienza dei raggi cosmici di alta energia. I colori indicano, secondo la scala a destra, il numero di raggi cosmici che arriva in un’area di cento chilometri quadrati in un anno per unità di angolo solido (il rosso indica le zone di più alta intensità, il blu quelle di più bassa intensità). Sono indicati il centro galattico (asterisco) e il piano galattico (linea spezzata).
Qual è la montagna più alta? E qual è il fiume più lungo? Quando si è piccoli, gli estremi esercitano una forte attrazione. Difficilmente un bimbo, che non ha esperienza del mondo particellare, chiederà “Qual è la particella più energetica dell’universo?”, ma chiunque si avvicini a questo ambito probabilmente si sarà posto questa domanda.
Molti potrebbero pensare che la risposta sia “quelle che facciamo collidere negli acceleratori come Lhc al Cern”, ma le particelle accelerate dall’uomo, in quanto a energia, non si trovano neanche sul podio. Sono invece i “raggi cosmici”, termine che include in generale tutte le particelle cariche (protoni, elettroni, nuclei) che raggiungono la Terra dallo spazio, a detenere il record. La domanda successiva viene spontanea: “E da dove arrivano?”. La risposta è la più deludente per un bambino, ma la più eccitante per uno scienziato: “Non si sa”. Anche per questo, quando dovetti scegliere la mia tesi di laurea triennale, scelsi questo ambito. Dieci anni dopo, molte cose sono cambiate: la risposta rimane quella. Come bravi investigatori stiamo però riducendo il campo dei sospettati. I raggi cosmici, in realtà, non sono tutti super- energetici, anzi: in gran parte sono di energie inferiori o paragonabili a quelle dei nostri acceleratori. Di questi, ne arriva uno per metro quadro al secondo. Le particelle più energetiche osservate, invece, sono decine di milioni di volte più energetiche di quelle a Lhc e sono rarissime: meno di una per kilometro quadro per secolo! Le differenze tra raggi cosmici di bassa e alta energia non si fermano qui: quando colpiscono l’atmosfera i primi fermano subito la loro corsa, mentre i secondi, sfruttando l’equazione più famosa della fisica, E=mc2, e tenendo conto che la velocità della luce nel vuoto c è costante, convertono la propria E, cioè l’energia, in m, cioè massa, materia, creando altre particelle che a loro volta hanno abbastanza energia per crearne altre e così via, fino a generare uno sciame di particelle secondarie (che possono essere anche decine di miliardi) che arrivano a terra.
Per osservare i raggi cosmici di bassa energia bisogna quindi andare negli strati alti dell’atmosfera, ad esempio con palloni stratosferici, o addirittura fuori, con satelliti. Un esempio di rivelatore di questo tipo è l’Alpha Magnetic Spectrometer o Ams. Installato sulla Stazione Spaziale Internazionale, Ams dispone di un forte campo magnetico che permette di distinguere protoni, elettroni e nuclei. I satelliti, però, non possono essere più grandi di qualche decina di metri. Anche pensando di poter inviare nello spazio un rivelatore grande un chilometro quadro (e chissà quanto costerebbe!), dovremmo comunque aspettare un secolo per riuscire a vedere un singolo raggio cosmico di alta energia: decisamente troppo. Quindi, per vederli si sfruttano le particelle secondarie: andando a misurarle a terra, riusciamo a ricostruire la direzione di arrivo e l’energia del raggio cosmico primario. Così funziona l’osservatorio Pierre Auger, in Argentina, che copre con una rete di 1600 rivelatori di particelle e 27 telescopi una superficie pari a circa 3000 chilometri quadri, grande quanto la Val D’Aosta. Bene, si potrebbe pensare: abbiamo misurato i raggi cosmici e capito da dove arrivano, sappiamo quindi che cosa li ha generati, giusto? Purtroppo, non è così semplice; i raggi cosmici sono particelle cariche e subiscono deflessioni nei campi magnetici che permeano la nostra galassia e lo spazio intergalattico: quello che ci arriva da una direzione potrebbe aver fatto un lungo giro e provenire in realtà da un oggetto che si trova nella direzione opposta! Per questo bisogna farsi furbi e cercare altre tracce del loro passaggio. Ad esempio, i raggi cosmici possono interagire con la materia o con la luce intorno alla sorgente producendo altre particelle, in particolare pioni, particelle instabili che decadono in fotoni, cioè luce, di un’energia ben precisa. Non ci sono altri meccanismi naturali conosciuti che producano pioni e quindi osservare fotoni di questa energia provenire da un oggetto celeste sarebbe una prova inconfutabile del fatto che lì si accelerano raggi cosmici. Il satellite Fermi ha inchiodato in questo modo i resti di supernova, le gigantesche esplosioni con cui concludono la vita le stelle più grandi, che ora possiamo affermare con certezza che accelerano raggi cosmici, almeno fino a energie paragonabili a quelle dei nostri acceleratori. E i raggi cosmici di energia altissima? La cosa diventa più difficile, dato che sono rari. L’osservatorio Pierre Auger ha però osservato che non sono distribuiti a caso sul cielo, ma c’è una zona da cui ne arrivano di più (vd. fig. a). Si può anche vedere che questa è molto lontana dal centro della nostra Galassia. Questo significa che, anche tenendo conto degli effetti del campo magnetico, i raggi cosmici devono venire da fuori dalla nostra galassia. Da dove però? Una cosa è sicura: queste particelle non nascono avendo già energie così elevate. Le teorie che proponevano che i raggi cosmici nascessero direttamente ad alta energia dal decadimento di particelle ancora ignote (ad esempio quelle che potrebbero comporre la materia oscura) sono state smentite dal fatto che tutte prevedevano la contemporanea creazione di fotoni di altissima energia, che non abbiamo visto. Quindi, c’è qualcosa nell’universo che prende particelle ferme, o quasi, e le accelera fino ad energie incredibili, ma cosa? Ci sono due teorie principali: gli acceleratori possono essere oggetti compatti con un campo magnetico intensissimo, come le cosiddette “magnetar”, stelle composte da soli neutroni che sono i resti di esplosioni di supernova particolari.
Flusso dei raggi cosmici che arrivano sulla Terra in funzione dell’energia, con i dati registrati da vari esperimenti.
Anche se alcune di queste magnetar sono state osservate nella nostra galassia, evidentemente non sono abbastanza potenti da accelerare i raggi cosmici fino alle energie più alte, ma stelle di questo tipo potrebbero esserci nelle galassie vicine. L’altra ipotesi è che i raggi cosmici di più alta energia provengano invece dalle cosiddette “galassie attive”, galassie, cioè, il cui nucleo è attivo, ovvero estremamente luminoso. Al loro interno c’è, infatti, un buco nero che mangia costantemente materia, emettendo radiazione. Quest’ultima, sottoposta all’enorme forza gravitazionale, diventa un plasma magnetizzato che avrebbe le caratteristiche necessarie per accelerare i raggi cosmici.
Magnetar o buchi neri: chi dei due sospettati è colpevole? Purtroppo, le prove a nostra disposizione non sono conclusive. Molti raggi cosmici di altissima energia sembrano arrivare dalla direzione in cui si trova Centaurus A, la galassia attiva più vicina a noi, ma in quella direzione ci sono anche delle galassie starburst, ossia con un tasso di nascita di stelle più alto del normale: più stelle che nascono significa anche più stelle che muoiono e quindi più alta probabilità che si formi una magnetar.
Attualmente, per i dati di Auger, la distribuzione dei raggi cosmici di energia estrema sembra più compatibile con l’ipotesi delle starburst, ma non è ancora detta l’ultima parola: ci servono più dati e nuovi strumenti per migliorare la nostra conoscenza e identificare finalmente il colpevole. Auger sta attualmente migliorando il proprio rivelatore, che si chiamerà AugerPrime e prenderà dati per un’altra decina di anni almeno: speriamo per allora di poter dare finalmente un volto a chi accelera le particelle più energetiche dell’universo.
Biografia
Lorenzo Caccianiga è ricercatore presso la sezione Infn di Milano. Si occupa di raggi cosmici di altissima energia e astrofisica multimessaggera sin dalla laurea triennale. È conferenziere regolare al Civico Planetario U. Hoepli di Milano e si occupa di molti eventi di divulgazione.