Precisamente anomalo
La misura del momento magnetico del muone
di Luca Trentadue
13.000 modi di essere anomalo
1. I contributi a ordini crescenti in loop al momento magnetico di elettrone o muone sono rappresentati dai diagrammi di Feynman in figura. Il primo diagramma rappresenta il contributo a “livello albero” (zero loop) che dà il valore corrispondente all’equazione di Dirac g=2. Il secondo rappresenta il contributo a un loop, calcolato da Schwinger nel 1948 che dà un contributo ad a proporzionale ad α, precisamente pari a α/(2 π). Sono poi rappresentati solo alcuni dei molti diagrammi a due e tre loop che danno rispettivamente contributi proporzionali a α2 e α3. L’ultimo diagramma rappresenta il contributo di polarizzazione del vuoto dove la “bolla” piena rappresenta il contributo di tutti i possibili adroni. Le gambe esterne, uguali per tutti i diagrammi, rappresentano l’elettrone o il muone (linee continue) e il fotone (linea ondulata).
Se confrontato con il valore sperimentale ottenuto da Kusch e Foley, il calcolo di Schwinger dava conto quasi interamente dell’anomalia e quindi rappresentava uno straordinario successo della Qed. La ragione dell’anomalia era quindi nelle “correzioni radiative”, cioè nelle correzioni dovute ai processi virtuali che accompagnavano l’interazione principale, dovute alle particelle virtuali emesse e riassorbite dai protagonisti del processo (vd. approfondimento). Se infatti si ignorano le correzioni radiative, la quantità a si annulla e non sussiste dunque nessuna anomalia. La Qed veniva così confermata come l’approccio teorico che poteva descrivere con estrema accuratezza i processi quantistici, essere messa a confronto diretto con gli esperimenti e quindi descrivere le interazioni fondamentali fra particelle elementari. Da allora, il modello standard ha permesso di calcolare i momenti magnetici di elettrone e muone includendo in modo coerente e sistematico i valori che se ne ottengono in termini di tutte e tre le interazioni fondamentali. Oltre che per testare il modello standard a precisioni sempre più crescenti, i momenti magnetici sono anche delle formidabili “finestre” verso una possibile nuova fisica. Infatti, il loro valore numerico verrebbe modificato nel caso in cui ci fossero nuove interazioni o nuove particelle a energie più elevate di quelle raggiunte dagli acceleratori attuali. Questa sensibilità è proporzionale alla massa del leptone, ed è quindi maggiore per il momento di dipolo del muone, dato che questo ha una massa circa duecento volte quella dell’elettrone. La prima misura del momento magnetico del muone fu fatta alla Columbia University di New York nel 1960 e dava un valore del tutto compatibile con il valore ottenuto per l’elettrone ma non abbastanza preciso da metterne in evidenza la differenza. È nei primi anni ’60 che, al ciclotrone del Cern, fu fatta la prima misura di precisione da un gruppo di fisici tra cui l’italiano Antonino Zichichi. Anche questo risultato, ottenuto con una precisione dello 0,4%, non si discostava dal valore ottenuto per l’elettrone. Ancora al Cern, tra la seconda metà degli anni ’60 e i primi anni ’70, furono costruiti degli anelli di accumulazione di muoni e un gruppo di fisici, tra cui l’italiano Emilio Picasso, ottenne nuove misure del momento magnetico con precisioni crescenti e con valori in eccellente accordo con il valore teorico del tempo. La sfida per la teoria fu invece quella di ottenere risultati ancora più accurati. Dopo il pionieristico conto effettuato da Schwinger, i principali sviluppi furono quelli di Robert Karplus e Norman Kroll con il calcolo a due loop, il calcolo a tre loop iniziato da Toichiro Kinoshita, proseguito da Benny Lautrup ed Eduardo De Rafael e poi da Riccardo Barbieri, Juan Alberto Mignaco ed Ettore Remiddi. Questo fu completato da Stefano Laporta e Remiddi con un risultato analitico esatto nel 1996, quasi trent’anni dopo. Nei primi anni ’80 Kinoshita e collaboratori iniziarono il calcolo dei contributi a quattro loop, obiettivo non ancora raggiunto. Riguardo al calcolo delle correzioni radiative esiste tuttavia un ostacolo che il semplice conto non può superare ed è quello del calcolo del cosiddetto “contributo adronico” al momento magnetico del muone. A causa del comportamento della cromodinamica quantistica (Qcd, vd. A tinte forti, ndr) a basse energie, questo contributo non può essere calcolato con le tecniche diagrammatiche viste in precedenza (vd. approfondimento).
Il primo esperimento “g-2” nel sincrociclotrone del Cern negli anni ’60, in cui erano all'opera Farley (a sinistra) e Zichichi (a destra).
Un dettaglio dell’esperimento Kloe nei Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn, che ha misurato il contributo adronico al momento magnetico del muone.
Fortunatamente però, grazie a un’osservazione fatta già nel 1960 dai fisici italiani Nicola Cabibbo e Raoul Gatto, esso può essere ricavato indirettamente dalla misura sperimentale del processo di annichilazione di una coppia leptone antileptone in adroni. A partire dagli anni ’80 una serie di misure sempre più accurate per determinare il contributo adronico sono state ottenute in vari esperimenti a Novosibirsk (in Siberia, con l’acceleratore Vepp-2m e Cmd), a Pechino (con Bes-II), allo Slac a Palo Alto in California (con Babar) e nei Laboratori dell’Infn di Frascati (nell’acceleratore Dafne con il rivelatore Kloe), con risultati confrontabili in accuratezza tra di loro. All’inizio degli anni 2000, misurando il momento magnetico anomalo del muone con l’esperimento E821 del Brookhaven National Laboratory di Upton, nello Stato di New York, si è trovato un valore che si discosta decisamente da quello teorico, con una probabilità che questo accada a causa di una fluttuazione statistica di meno dell’1%. Recentemente, per capire se questa discrepanza è dovuta al contributo adronico, è stato proposto un nuovo metodo per misurarlo attraverso processi di scattering tra muoni ed elettroni, anziché nel processo di annichilazione di due elettroni in adroni. Questo approccio innovativo potrebbe permettere di ridurre l’errore sul contributo adronico e migliorare quindi il confronto tra teoria e dati sperimentali o mettere in evidenza la presenza di nuova fisica. Al Fermilab di Chicago (Usa) è in fase di costruzione un nuovo esperimento (Muon g-2), a cui partecipa anche l’Infn, e un altro è previsto entrare in funzione presso J-Parc in Giappone. Questi esperimenti sono progettati per misurare l’anomalia del muone con una precisione di 140 parti per miliardo, quasi un fattore 4 di miglioramento rispetto a E821 (vd. Un mare di antimateria, ndr). È quindi di prima importanza migliorare l’accuratezza con cui si determinerà il contributo adronico. Nei prossimi anni la soluzione della questione aperta della discrepanza tra risultati sperimentali e calcolo teorico del momento magnetico anomalo del muone potrebbe portare a nuovi indizi sulla natura di una nuova fisica al di là del modello standard, in attesa di conferme dirette ottenute dai risultati a più elevate energie e maggiore luminosità degli esperimenti di Lhc.
Biografia
Luca Trentadue è docente di fisica teorica all’Università di Parma. Svolge attività di ricerca presso il Cern di Ginevra. Si occupa di divulgazione scientifica con seminari e lezioni. Ha realizzato e coordina la mostra interattiva permanente dell’Università di Parma “Microcosmo con vista” (http://www.s.unipr.it/microcosmo/home.html).
Link
http://www.treccani.it/enciclopedia/elettrodinamica-quantisticaverifiche-sperimentali_%28Enciclopedia-della-Scienza-e-dellaTecnica%29/
https://en.wikipedia.org/wiki/Anomalous_magnetic_dipole_moment
http://www.g-2.bnl.gov/publications/ff/EPNd.htm
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