Luci e ombre
Come si rivelano i muoni
di Tommaso Chiarusi
I muoni si possono rivelare con un semplice apparato di misura, come quello mostrato in figura, costituito da una coppia di scintillatori letti da fotomoltiplicatori. Imponendo una soglia sull’ampiezza del segnale e un opportuno intervallo di coincidenza temporale, nello schermo dell’oscilloscopio appaiono i segnali elettrici prodotti quando i due rivelatori sono attraversati dallo stesso muone cosmico.
Il rivelatore L3 al Lep. Lo spettrometro era suddiviso in ottanti, ciascuno composto da 3 strati di camere a deriva. In esse, decine di fili metallici paralleli all’asse del fascio fungevano da anodo, garantendo una risoluzione spaziale nel piano trasversale di circa 50 µm. Il grande solenoide, che conteneva tutto L3, con una corrente di 30 kA, creava un campo di induzione magnetica di circa 0,5 T in un volume superiore a 1000 m3.
Esso è generalmente formato da strati di celle con un forte campo elettrico e riempite con gas ionizzabile. Il passaggio dei muoni è rivelato dalla migrazione degli elettroni liberati attratti sull’anodo della cella. Date le proprietà di penetrazione dei muoni, lo spettrometro è posizionato in ampi settori periferici rispetto al vertice delle interazioni, ed è generalmente permeato da un forte campo magnetico. Così, dalla misura della curvatura delle traiettorie dei muoni si può risalire alla loro energia, cui è legata in modo inversamente proporzionale. Migliore è la misura della curvatura, più piccolo è l’errore sull’energia. Uno dei primi esperimenti con gli acceleratori a sfruttare una parte dei propri apparati per la misura di muoni indotti da raggi cosmici è stato L3, attivo al collisore Large Electron-Positron (Lep) del Cern negli anni ’90 del secolo scorso. Il suo ampio spettrometro per muoni, in combinazione con uno strato di circa 200 m2 di scintillatori plastici posizionati appositamente sulla sua sommità, formavano l’esperimento L3+Cosmics, in presa dati dalla fine del 1998 fino a tutto il 2000. Il gruppo di scintillatori sulla sommità serviva a discriminare i muoni atmosferici da quelli prodotti nell’acceleratore, e faceva scattare il sistema di acquisizione dei dati di L3+Cosmics in modo completamente separato da quello standard di L3 per le collisioni del Lep. Il principale risultato di L3+Cosmics è consistito nella misura del flusso dei muoni atmosferici in un intervallo energetico da 10 a 2000 GeV (ben 10 volte oltre l’energia disponibile nelle collisioni del Lep), con una precisione complessiva migliore del 2%, cioè 10 volte maggiore della precisione con cui erano noti allora tali flussi da precedenti misure. Un’ulteriore importante misura è stata quella del rapporto del numero dei muoni positivi rispetto a quello dei muoni negativi, risultato pari a circa 1,28, cioè con una prevalenza di muoni positivi, con una precisione dell’1% su quasi tutto l’intervallo energetico. Tale rapporto è legato alla prevalenza di protoni (con carica elettrica positiva) nei raggi cosmici primari, e dà informazioni sulle interazioni di questi con l’atmosfera. Nello spettrometro era possibile separare eventi multipli appartenenti allo stesso sciame, dato importante poiché la molteplicità di muoni è legata sia all’energia che al tipo del raggio cosmico primario. Per affinare tali indagini, occorre però aggiungere altre informazioni sullo sciame, come la densità radiale delle particelle rispetto alla direzione di propagazione e il numero di elettroni. Misure impossibili sotto terra. Per questo L3+Cosmics si era dotato di una piccola rete di 50 scintillatori posti sul tetto del capannone soprastante l’infrastruttura sotterranea. Risultati più precisi sono stati ottenuti successivamente da esperimenti dedicati, con griglie di rivelatori estese dai circa 0,5 km2 di Kascade/Kascade-Grande, attivo a Karlsruhe in Germania fino al 2013, ai 3000 km2 del Pierre Auger Observatory (Pao) nella Pampa, in Argentina, ancora in presa dati. I muoni sono stati anche protagonisti delle verifiche sperimentali delle oscillazioni dei neutrini, in primis nel 1998 con gli esperimenti Super-Kamiokande, sotto il Monte Ikeno in Giappone, e Macro, nelle sale sotterranee dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Tali esperimenti hanno chiarito il cosiddetto “neutrinopuzzle atmosferico”, cioè la discrepanza del rapporto tra le abbondanze dei neutrini elettronici e muonici prodotti negli sciami atmosferici. Poiché i neutrini “parlano” soltanto attraverso la forza debole, essi possono essere rivelati solo in via indiretta, principalmente tramite la misura dei componenti carichi della propria “famiglia” (ovvero la coppia [νl , l], dove ν indica il neutrino del tipo l e l = e, μ, τ, cioè l’elettrone, il muone o il tau), in cui si convertono nelle interazioni con la materia. Misurando quindi un deficit del flusso di muoni generati nelle interazioni dei neutrini muonici atmosferici, è stato provato che circa la metà dei neutrini muonici cambiassero sapore, in accordo con la teoria delle oscillazioni che prevede la transizione da neutrino muonico a neutrino del tau. L’evidenza diretta di tale oscillazione è stata poi ottenuta dall’esperimento Opera conclusosi nel 2010 (vd. Tutte le voci dell'universo, ndr).
Una rappresentazione artistica del telescopio per neutrini Km3net. Un neutrino muonico, interagendo con la roccia sottostante il rivelatore, si converte in un muone “relativistico” (cioè un muone che viaggia alla velocità prossima a quella della luce nel vuoto) che ne prosegue la traiettoria. Il muone, muovendosi nell’acqua del mare, emette luce Cherenkov che viene captata dai moduli ottici (i fotomoltiplicatori) del telescopio.
Biografia
Tommaso Chiarusi è ricercatore Infn presso la sezione di Bologna. Attualmente è il coordinatore del sistema di acquisizione dei dati del rivelatore Km3net e studia l’ombra della Luna nei dati di Antares. In passato ha partecipato all’esperimento L3+Cosmics.
Link
http://www.astroparticelle.it/
http://l3cos.web.cern.ch/
http://www.km3net.org/
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