La sfida nel freddo
Grandi masse di argon liquido per osservare luci e forme dei segnali che potrebbero arrivare dalla materia oscura.
di Claudio Montanari
Grandi masse di argon liquido per osservare luci e forme dei segnali che potrebbero arrivare dalla materia oscura. Studiare le particelle di materia oscura in modo diretto, guardando le tracce che esse lasciano all’interno del rivelatore: questo è il lavoro di Warp, Wimp Argon Programme, l’esperimento collocato sotto il massiccio del Gran Sasso, nei laboratori dell’Infn.
Per raggiungere il proprio obiettivo, Warp punta sull’impiego di una tecnica innovativa che prevede l’utilizzo di un gas nobile, l’argon. Fino a poco tempo fa le particelle Wimp erano ricercate in modo diretto prevalentemente per mezzo di rivelatori ultracriogenici, cioè a bassissima temperatura (per esempio Edelweiss e Cdms). Solo in seguito, grazie al progetto Icarus, è stata sviluppata una tecnologia alternativa che si basa sui gas nobili liquefatti (come lo xenon e l’argon), e che funziona a temperature più convenzionali (nel caso dell’argon liquido, circa 85° C sopra lo zero assoluto, cioè -187° C). L’utilizzo dei gas nobili offre, quindi, due grandi vantaggi: essi ci consentono non solo di lavorare a temperature più elevate, e perciò meno impegnative da raggiungere e da mantenere, ma anche di costruire rivelatori di grandi dimensioni che possono raggiungere svariate tonnellate di peso. Il lavoro pionieristico condotto nel corso degli anni ’90, sia nei laboratori di Pavia sia al Cern di Ginevra, era basato sullo xenon liquido. I gruppi di ricercatori che erano coinvolti inizialmente nel progetto hanno poi sostituito lo xenon con l’argon per una serie di ragioni, tra le quali il fatto che l’argon consente di distinguere tra i segnali dovuti agli elettroni o ai raggi gamma e i rinculi elastici generati dalle ipotetiche Wimp.
Il riconoscimento di una Wimp avviene in base all’analisi del segnale di rinculo del nucleo che viene usato come bersaglio. Le particelle Wimp possono produrre, attraverso l’interazione debole, rinculi di nuclei in un intervallo in cui l’energia va da 0 a 100 keV (un keV sono mille elettronVolt). All’interno di questa finestra energetica, la ricerca di eventi rari è molto difficile per la presenza del fondo prodotto dalla radioattività naturale.
Ad oggi, è stato ottenuto un buon grado di precisione, riuscendo a distinguere un evento di rinculo elastico fra 100 milioni di eventi indotti da elettroni o raggi gamma, e ci sono ottime possibilità di migliorare questo risultato! Ma qual è la struttura che consente a Warp di riconoscere i possibili rinculi dovuti alle Wimp dal fondo prodotto da elettroni o da raggi gamma? Una particella che interagisce nel liquido produce sia eccitazione che ionizzazione: il segnale di scintillazione viene chiamato segnale primario, mentre quello di ionizzazione, segnale secondario. Il rapporto tra questi due segnali e la forma del segnale primario dipendono dal tipo di particella che produce l’interazione e dalla sua velocità.
I tempi di formazione del segnale primario prodotto da un elettrone o da un raggio gamma rispetto a quelli dovuti a un rinculo nucleare sono molto diversi. Inoltre, è utile anche la ricostruzione della posizione dell’evento nel caso di eventi con interazioni multiple o per eventi che sono posizionati sulle superfici del rivelatore. Il rivelatore consiste in un contenitore criogenico a doppia fase: esso cioè contiene uno strato di liquido sopra al quale è depositato del gas. In questo modo è possibile registrare contemporaneamente sia il segnale primario di scintillazione che il segnale secondario di ionizzazione, che viene anch’esso convertito in luce per mezzo di una griglia di accelerazione immersa nel gas. La luce viene quindi rivelata da fotomoltiplicatori anch’essi immersi nel gas.
Durante la prima fase dell’esperimento Warp, una piccola camera del volume di 2,3 litri è stata attiva in condizioni in cui la radioattività naturale produceva un fondo elevato in modo da esplorare, in tempi piuttosto brevi, le elevate capacità di selezione degli eventi. Così siamo riusciti a ottenere un primo limite sulla probabilità di interazione delle Wimp, che è risultato confrontabile con quello trovato da alcuni esperimenti ultra-criogenici (come Edelweiss e Cresst). La seconda fase prevede la messa in funzione entro breve di una nuova versione della camera da 2,3 litri: la camera sarà riempita con argon molto puro, così da ridurre il fondo di radioattività naturale di circa il 20%. In questo modo la sensibilità dovrebbe affinarsi, portandosi al migliore limite sperimentale attuale.
Al momento è in fase di costruzione un rivelatore più grande, con una camera a doppia fase da ben 100 litri che dovrebbe contenere otto tonnellate di argon liquido. Il nuovo rivelatore sarà allestito ai laboratori del Gran Sasso verso la fine dell’anno: esso dovrebbe rappresentare un importante passo in avanti nella sensibilità della strumentazione per la ricerca delle Wimp. L’argon liquido rappresenta una tecnologia ormai matura che permette di costruire rivelatori dotati di grande massa a costi relativamente modesti: si sta così esaminando la possibilità di costruire un rivelatore che abbia una massa sensibile che raggiunga le 10 tonnellate.
Con questo progetto i ricercatori ambiscono a esplorare in modo sempre più approfondito le possibilità previste dalle teorie fisiche più accreditate perché per questa impresa sono appunto necessari rivelatori di grandi dimensioni. Al momento, i rivelatori a gas nobili liquefatti forniscono la migliore, e forse unica, soluzione per raggiungere queste grandi masse.
Biografia
Claudio Montanari, ricercatore Infn dal 1998 presso la Sezione di Pavia, collabora all’esperimento Icarus dal 1992 e alle attività di Warp sin dal loro inizio, nel 1998. Attualmente ricopre l’incarico di coordinatore tecnico dell’esperimento Warp.
Link
http://warp.lngs.infn.it/
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