L’onda perfetta
Le equazioni della relatività generale a
confronto con i dati sperimentali
di Valeria Ferrari
a.
Immagine di due buchi neri, mentre si stanno fondendo in unico buco nero. Un evento di questo tipo, avvenuto un miliardo e mezzo di anni fa, ha emesso le onde gravitazionali registrate il 14 settembre 2015 da Ligo.
Due buchi neri, con massa pari a 29 e 36 volte la massa del Sole, man mano si sono avvicinati fino a fondersi formando un unico buco nero di 62 masse solari. Questo evento cosmico è avvenuto quasi un miliardo e mezzo di anni fa, quando sulla Terra facevano la comparsa le prime cellule in grado di utilizzare l’ossigeno. L’onda gravitazionale che ha emesso, della durata di circa un quinto di secondo, è il primo segnale gravitazionale rivelato dall’uomo. Per identificare questo evento, captato dalle antenne gravitazionali dell’esperimento americano Ligo nel settembre 2015, è stato necessario confrontare la forma del segnale con dei modelli che sono il risultato di decine di anni di studi teorici e numerici delle equazioni della relatività generale. La storia inizia nel 1963 con un articolo di Philip C. Peters e John Mathews, pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, in cui si calcola l’energia gravitazionale emessa da un sistema binario composto da due stelle, che per semplicità si assume siano due masse puntiformi, che si muovono a velocità molto minori di quella della luce. Dato che l’energia totale si conserva, la perdita di energia dovuta alle onde gravitazionali deve essere in qualche modo compensata. Il sistema binario possiede anche un’energia orbitale, che è quella che permette alle due masse di muoversi sull’orbita ellittica o circolare su cui si trovano, quindi l’unico modo per soddisfare la conservazione dell’energia è che l’energia irraggiata in onde venga compensata da una variazione uguale e contraria dell’energia orbitale. Questo implica che le due masse debbono via via avvicinarsi, in un moto che è progressivamente sempre più veloce. In questa fase di spiraleggiamento, l’onda gravitazionale emessa ha una frequenza che istante per istante è uguale a 2/T, dove T è il periodo orbitale, cioè il tempo che le masse ci mettono a percorrere l’intera orbita: siccome il raggio dell’orbita diventa progressivamente più piccolo, anche T diminuisce nel tempo e quindi la frequenza dell’onda gravitazionale cresce. Inoltre, siccome le due masse si avvicinano, l’energia emessa per unità di tempo aumenta, e quindi l’ampiezza dell’onda cresce. Si ha dunque un segnale che ha la forma caratteristica di una sinusoide di ampiezza e frequenza crescente nel tempo che, se riprodotta come onda acustica, viene chiamata
chirp (cinguettio), perché assomiglia al canto di certi uccelli.
b.
Le tre fasi del processo di coalescenza tra buchi neri, descritte nel testo, e il corrispondente segnale emesso sotto forma di onda gravitazionale.
Nella fig. b è mostrato un esempio di segnale gravitazionale emesso in un processo di “coalescenza” (il processo in cui due corpi si attraggono, spiraleggiando uno verso l’altro, fino a fondersi) di due buchi neri, simile al primo rivelato da Ligo. La parte del segnale emessa durante la fase di spiraleggiamento dei due corpi è visibile nella zona viola. Questa parte del segnale è simile sia che i due corpi siano buchi neri, sia che si tratti di stelle di neutroni. Queste ultime sono estremamente compatte, infatti hanno una massa comparabile con quella del Sole, ma un raggio di 10-15 km (mentre, per avere un confronto, il Sole ha un raggio di 700.000 km). Nel 1975 Russell A. Hulse e Joseph H. Taylor scoprirono un sistema binario, chiamato PSR1913+16, formato da due stelle di neutroni che si muovono su un’orbita ellittica con un periodo orbitale di circa 8 ore e compresero che, misurando con estrema accuratezza e per un tempo sufficientemente lungo il periodo, si sarebbe potuto verificare se esso diminuisce come predetto dalla relatività generale a causa dell’emissione di onde gravitazionali. Questa misura è stata eseguita monitorando il sistema per decine di anni. Nel 1993 Hulse e Taylor ricevettero il premio Nobel per aver dimostrato grazie a questa osservazione, sebbene solo in maniera indiretta, l’esistenza delle onde gravitazionali. Ma torniamo al primo segnale rivelato a settembre. Dall’ampiezza della parte di chirp del segnale si deduce il valore minimo della massa totale del sistema, che è di circa 70 masse solari. Inoltre, dal valore della frequenza del segnale si risale alla distanza tra i due corpi: all’inizio dell’osservazione si avevano 15 rivoluzioni al secondo, mentre al momento della fusione in un unico buco nero finale le rivoluzioni erano salite a 125 al secondo, le velocità orbitali erano metà della velocità della luce e la distanza tra i due corpi era di circa 350 km. Le stelle di neutroni hanno una massa massima pari a due masse solari, quindi non possono aver prodotto il segnale osservato. Per la teoria di Einstein, due corpi di massa totale maggiore o uguale a 70 masse solari che si trovino a una distanza così ravvicinata non possono che essere due buchi neri.
c.
Una delle sale di controllo dell’esperimento Ligo.
Quando i due corpi si avvicinano il campo gravitazionale nelle loro vicinanze diventa estremamente intenso ed entra nel regime detto di campo forte. Per descrivere il segnale emesso in questa fase non si possono più usare le approssimazioni utilizzate per calcolare il segnale di chirp (masse puntiformi, velocità piccole rispetto a quelle della luce ecc.) e bisogna integrare le equazioni di Einstein utilizzando computer potenti e veloci. Per ricavare la parte del segnale, visibile in fig. b nella zona rossa e che viene emessa quando i due corpi si fondono e formano un unico oggetto massiccio, ci sono voluti decine di anni di studi teorici e numerici, condotti a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. Oggi disponiamo di “banche di forme d’onda” sufficientemente accurate da poter essere confrontate con i dati sperimentali e, dal confronto del segnale osservato con queste forme d’onda, si sono potute stimare le masse dei due buchi neri, rispettivamente pari a 29 e 36 masse solari, e la massa del corpo finale, pari a 62 masse solari. Quest’ultima è inferiore alla somma delle masse iniziali, perché una parte della massa è stata trasformata in energia e irraggiata in onde gravitazionali. Ma la storia non finisce qui, perché il corpo finale continua a oscillare e quindi a emettere onde gravitazionali finché lo spaziotempo non si “acquieta”. È questa parte del segnale che ci dà le informazioni più interessanti sulla natura del corpo celeste che si forma alla fine della coalescenza. Infatti la teoria della relatività generale stabilisce che un buco nero oscilla emettendo onde gravitazionali a frequenze ben precise, che dipendono solo dalla sua massa e dal suo momento angolare (che è legato alla velocità di rotazione). Quest’ultimo si deduce dal confronto tra il segnale rivelato e i modelli numerici della parte del segnale emessa quando i due buchi neri si fondono (la zona rossa in fig. b). Avendo misurato la massa del corpo finale e il suo momento angolare, si può calcolare la frequenza del modo principale di oscillazione previsto dalla teoria e confrontarla con la frequenza dell’ultima parte del segnale mostrato in fig. b nella zona blu. I dati e la previsione teorica sono risultati essere in ottimo accordo e, così, è stato possibile stabilire che l’oggetto in questione era un buco nero di 62 masse solari.
Biografia
Valeria Ferrari è professore di fisica teorica presso l’Università di Roma Sapienza. Ha coordinato per dell’esperimento Ligo. vent’anni la collaborazione nazionale in ambito Infn Teongrav (TEoria ONde GRAVitazionali), dedicata allo studio di sorgenti di onde gravitazionali. È stata coordinatrice del Virgo-Ego Scientific Forum, che include più di cinquanta gruppi europei che studiano diversi aspetti della fisica delle onde gravitazionali.
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