[as] illuminazioni
Scoperte in salotto.

Immaginate 100.000 computer sparsi sul pianeta, ognuno impegnato ad analizzare i dati relativi a un piccolissimo spicchio di cosmo e che partecipino a un’impresa scientifica straordinaria, i cui risultati sono attesi da migliaia di scienziati, come la ricerca delle onde gravitazionali. E immaginate infine che uno di questi computer sia nel vostro salotto. È proprio così che funziona Einstein@home, un progetto lanciato nel 2005 al Max Planck Institute di Hannover, per cui migliaia di volontari in tutto il mondo mettono a disposizione il proprio computer, nelle ore in cui non lo utilizzano, per analizzare i dati registrati dall’interferometro Ligo negli Stati Uniti.
Paola Leaci, oggi ricercatrice della Sapienza, Università di Roma, ha partecipato al progetto fino al 2014. “In effetti - ci spiega - non c’è un singolo centro di calcolo, tra quelli che analizzano i dati degli interferometri gravitazionali, che abbia risorse di calcolo equivalenti a quella di questa grande rete di calcolatori distribuita sulla Terra”. Se si pensa che il progetto è attivo da una decina di anni, il numero di volontari coinvolti - 100.000 persone, di cui 70.000 statunitensi e 30.000 nel resto del mondo, ma per lo più europei - è effettivamente molto alto. Dopo la prima rivelazione di un’onda gravitazionale, annunciata a febbraio 2016 dalla collaborazione Ligo-Virgo, molti nuovi volontari si sono aggregati al progetto, forse con la segreta speranza che a identificare la prossima onda fosse proprio il computer di casa loro. “I due segnali rivelati sinora da Ligo - continua la ricercatrice - sono stati prodotti dalla fusione di due buchi neri di grande massa. Dunque sono brevi (della durata di pochi millisecondi) e più intensi rispetto a quelli che cerchiamo con Einstein@home. Infatti, le sorgenti che ci si aspetta di rivelare con tale progetto sono pulsar, ovvero particolari stelle di neutroni rotanti, isolate o in sistemi di stelle binarie, che emettono segnali deboli e continui (vd. Non solo buchi neri, ndr)”. L’analisi dei dati in questo caso richiede di discriminare il rumore di fondo con ancora maggiore attenzione e algoritmi robusti e differenti, quindi ingenti risorse di calcolo. Il contributo di privati cittadini alla causa della scienza diviene allora decisivo, come in altri progetti di questo tipo, chiamati appunto di citizen science. Nel caso di una ricerca così di frontiera gli scienziati però si sono preoccupati di proteggere le informazioni trasmesse ai computer privati, in modo che nessuno possa manometterli o impadronirsi di un’eventuale scoperta. “Gli stessi dati - conclude Leaci - vengono analizzati da computer diversi, in modo da confrontarne i risultati. Questi inoltre sono prodotti in una forma criptata e decifrabile solo dagli scienziati del progetto”. Se nel vostro computer dovesse prodursi un risultato significativo però sareste ringraziati nella relativa pubblicazione scientifica e invitati a una cerimonia di ringraziamento nel centro di Hannover. È un po’ come vincere una lotteria, il cui premio è la soddisfazione di aver contribuito, e concretamente, a far avanzare la scienza. [Vincenzo Napolano]
 


Per aderire a Einstein@home: https://einstein.phys.uwm.edu/
 

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