L’universo poliglotta
Messaggeri dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande
di Nicolao Fornengo
La descrizione della Natura a livello fondamentale si basa sul concetto di campo quantistico relativistico, che unisce in modo perfetto il concetto di campo con i concetti della meccanica quantistica e della relatività speciale. È un costrutto teorico molto sofisticato che permette di descrivere la struttura della materia in termini di particelle elementari in interazione tra di loro attraverso lo scambio di “messaggeri di interazione”, che sono a loro volta particelle. Prendiamo ad esempio l’interazione elettromagnetica, responsabile di tutti i fenomeni elettrici e magnetici, come ad esempio la repulsione tra due cariche elettriche di segno uguale (due elettroni) oppure la propagazione della luce. Classicamente, l’interazione tra cariche è descritta in termini di una forza dovuta alla presenza del campo elettromagnetico, mentre la luce non è altro che il campo elettromagnetico stesso che si propaga sotto forma di onda. Con lo sviluppo della teoria quantistica dei campi, l’interazione elettromagnetica viene descritta in termini di eccitazioni quantistiche di campi relativistici: queste eccitazioni sono le particelle, e la loro mutua interazione si realizza attraverso lo scambio di un messaggero. Tutte le particelle sono descritte da campi relativistici: non solo il fotone, che è il quanto del campo elettromagnetico, ma anche l’elettrone. Abbiamo quindi campi di materia e campi di interazione. I campi di materia o particelle (l’elettrone nel nostro esempio) interagiscono scambiandosi campi di radiazione, la cui eccitazione sotto forma di particella è il fotone: l’interazione è quindi vista come lo scambio di un messaggero, il fotone, tra due elettroni. La teoria completa che descrive l’interazione elettromagnetica si chiama elettrodinamica quantistica (o Qed), e uno dei suoi padri più illustri è Richard P. Feyman, di cui proprio quest’anno ricorre il centenario della nascita. La teoria prescrive che due elettroni si scambino non uno, ma un numero arbitrario di fotoni, con sempre minore probabilità quanto più alto è il numero di fotoni scambiati: questo è quello che a livello fondamentale chiamiamo interazione elettromagnetica (vd. L'infinito sotto il tappeto e Precisamente anomalo, ndr). Anche il fotone è a sua volta una particella, e può benissimo propagarsi nel vuoto liberamente. C’è tuttavia una differenza cruciale tra un elettrone e un fotone, oltre al fatto che hanno massa diversa e carica elettrica diversa: l’elettrone ha una caratteristica intrinseca chiamata spin (o momento angolare intrinseco) che ha valore 1/2 (in unità della costante di Planck divisa per 2p), mentre il fotone ha spin 1 (nelle stesse unità).
I messaggeri delle onde elettromagnetiche. Noi riceviamo la luce dal Sole e dalle altre stelle attraverso i fotoni reali, con un ritardo che dipende dalla distanza: nel viaggio dal Sole alla Terra la luce impiega otto minuti e mezzo, nel caso di galassie lontane il viaggio può durare miliardi di anni. L’interazione elettromagnetica tra particelle è mediata da fotoni virtuali, che vengono scambiati, in tempi brevissimi e su piccolissime distanze, tra le particelle cariche in interazione: questi processi sono rilevanti a scala subatomica. Alla scala delle dimensioni umane, i nostri sensi non percepiscono nessuno di questi effetti: la luce di una lampadina impiega qualche nanosecondo per raggiungere i nostri occhi e la trasmissione ci sembra istantanea, mentre il nostro tatto non è in grado di rivelare i fenomeni alla scala atomica, per cui le interazioni con gli oggetti che ci circondano ci appaiono come forze di contatto.
Le interazioni elettromagnetiche, per esempio quelle che tengono insieme gli atomi, sono mediate dai fotoni. Il nucleo è invece tenuto insieme dall’interazione forte, che può essere rappresentata attraverso lo scambio di pioni, particelle dotate di massa, per cui l’interazione forte non può propagarsi a distanze superiori al raggio del nucleo. Il protone e il neutrone sono costituiti da quark: in questo caso l’interazione forte avviene tra le cariche di colore dei quark ed è mediata dai gluoni. L’interazione debole è invece responsabile dei decadimenti beta di alcuni nuclei, nei quali un neutrone si trasforma in un protone emettendo un elettrone e un antineutrino: l’interazione debole in questo caso è mediata da un bosone W (in altri casi da un bosone Z).
d.
Un esempio di un possibile evento multimessaggero, rappresentato dall’evoluzione finale di una stella che ha esaurito i suoi processi di combustione: nella prima fase la stella subisce un collasso gravitazionale, emettendo onde gravitazionali; la contrazione del nucleo genera un plasma di protoni ed elettroni, che si possono fondere dando luogo a una stella di neutroni con emissione di neutrini; le parti più esterne della stella iniziale, costituite da elementi pesanti, “rimbalzano” e possono dar luogo a vari fenomeni, il più noto dei quali è la grande emissione luminosa che viene osservata dalla Terra come la comparsa di una supernova.
Le capacità osservative moderne ci permettono di avere accesso all’intero spettro della radiazione elettromagnetica, dalla banda radio, all’emissione infrarossa, visibile, ultravioletta, ai raggi X e infine ai super-energetici raggi gamma. Ognuna di queste frequenze ci racconta una parte, talvolta complementare talvolta correlata alle altre, della storia del nostro universo e ci permette di indagare a fondo il funzionamento suo e di tutti quei misteriosi sistemi che lo compongono. Solo per fare qualche esempio: dalla radiazione cosmica di fondo a microonde impariamo come era l’universo all’inizio della sua vita e come si è evoluto successivamente; con le onde radio possiamo studiare le parti più interne delle galassie fino al loro nucleo oppure le pulsar, che sono stelle di neutroni in rapida rotazione; con la radiazione infrarossa possiamo sapere dove si trovano le polveri nelle galassie; con la luce visibile e ultravioletta studiamo le stelle; con i raggi X possiamo stabilire quali atomi sono presenti nelle galassie, oppure la presenza di gas caldo; con i raggi gamma studiamo i fenomeni più estremi che avvengono nell’universo. Tutto questo costituisce quello che viene chiamata “astrofisica multifrequenza” (vd. Tutti i colori del cielo, ndr). Possiamo però fare di più: possiamo guardare il cielo anche attraverso i neutrini (vd. Dal profondo del cosmo, ndr), che vengono prodotti ad esempio all’interno delle stelle nello stesso processo di reazione termonucleare che le fa brillare, oppure che vengono prodotti in grande quantità nelle esplosioni di supernova, o ancora che vengono emessi da nuclei galattici attivi al centro delle galassie (vd. On the rocks, ndr). Ma le esplosioni di supernova e i nuclei galattici attivi emettono anche nuclei atomici oppure elettroni e positroni, che vanno a formare quella componente di radiazione cosmica elettricamente carica (i raggi cosmici) che è una ulteriore finestra aperta sull’universo. Dallo studio multifrequenza possiamo estenderci quindi allo studio “multimessaggero”. Questi messaggeri ci raccontano non una, ma molte storie: sta a noi ascoltarli tutti e capire i messaggi che ci portano. Anche la materia oscura è tra le storie che questi messaggeri ci possono raccontare: lo studio multimessaggero dei segnali particellari di materia oscura rappresenta infatti una delle grandi sfide contemporanee (vd. Il lato oscuro, ndr). Da un paio d’anni a questa parte abbiamo un ulteriore messaggero a disposizione: le onde gravitazionali. L’universo visto attraverso le onde gravitazionali ci permette di osservare fenomeni che altrimenti non saremmo in grado di vedere direttamente, come la fusione di due buchi neri. Ma ci permette anche di aggiungere una informazione cruciale allo studio e alla comprensione di fenomeni che, per loro natura, ci inviano tutti i tipi di segnale ma che possiamo comprendere a fondo solo combinando con cura e attenzione tutti i tasselli a nostra disposizione (vd. Travolti dalle onde, ndr). L’osservazione della fusione di due stelle di neutroni nell’intero spettro multimessaggero, onde gravitazionali comprese, che si è realizzata l’anno scorso combinando tutti i canali osservativi a disposizione, rappresenta il coronamento mirabile di una lunghissima strada che con coraggio e visione fisici e astrofisici hanno intrapreso e che ci ha portati allo sviluppo di tecniche capaci di ascoltare il sussurro dell’universo in ogni sua sfumatura (vd. Con gli occhi puntati, ndr). E allo stesso tempo, rappresenta l’inizio di una nuova era nello studio dell’universo che ci porterà sicuramente ancora molte emozionanti sorprese.
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Immagine combinata nello spettro ottico e dei raggi X della Nebulosa del Granchio. I raggi X rivelano la presenza di una giovane pulsar, la PSR B0531+21.
Biografia
Nicolao Fornengo è professore di fisica teorica all’Università di Torino. Ha svolto ricerche presso la John Hopkins University (Usa), l’Università di Valencia (Spagna), il Lapth di Annecy (Francia). Si occupa di materia oscura, sia nell’ambito della fisica delle particelle che della ricerca di segnali astrofisici. Si occupa inoltre di fisica del neutrino, incluse le sue implicazioni astrofisiche e cosmologiche e più in generale della connessione tra la fisica delle particelle e la cosmologia.
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