Illuminando la materia
Fotoni virtuali e reali nella fisica delle particelle
di Massimo Corradi ed Elisabetta Gallo
L'acceleratore Hera del laboratorio Desy di Amburgo: un anello con una circonferenza di 6,3 km capace di far collidere protoni con elettroni per esplorare la struttura dei protoni fino a scale di dimensioni di 10-15 mm (un milionesimo di miliardesimo di mm).
Luce virtuale
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1. Rappresentazione grafica di collisioni elettrone-protone. L'elettrone emette un fotone virtuale che va a colpire il protone. Per piccoli valori di Q (a sinistra) il fotone non distingue nessuna struttura all'interno del protone. A Q intermedio (al centro) sono visibili i tre quark, detti "di valenza". All'aumentare di Q (a destra) appaiono nuove strutture, con i quark che emettono gluoni (rappresentati da molle), i quali a loro volta si trasformano in coppie formate da un quark e dalla rispettiva antiparticella, l'antiquark. |
Per capire come è fatta la materia al suo interno, i fisici studiano le collisioni tra elettroni e protoni di altissima energia, analizzando l'energia e la direzione degli elettroni che emergono dall'urto. La collisione tra un elettrone e un protone avviene attraverso lo scambio di un fotone virtuale, cioè un fotone con massa diversa da zero, che può esistere per tempi brevissimi grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg. I fotoni virtuali sono caratterizzati da una grandezza (indicata con Q) che è una misura della "durezza" dell'urto, cioè dell'energia e della quantità di moto perduta dall'elettrone nell'urto con il protone. La capacità di vedere ovvero, come dicono i fisici, di risolvere strutture piccole all'interno del protone è inversamente proporzionale a Q. Come è illustrato nella fig. 1, per piccoli valori di Q il protone viene visto come un unico oggetto. All'aumentare di Q e quindi della capacità del fotone virtuale di risolvere dettagli sempre più piccoli, il protone appare composto da tre quark. A valori di Q ancora più grandi viene rivelata una gran quantità di altri costituenti: gluoni e coppie formate dai quark e dalle loro antiparticelle (gli antiquark), che trasportano ciascuno una piccola frazione dell'energia del protone. Questo aumento del numero di costituenti osservabili all'aumentare di Q è predetto con precisione dalla teoria Qcd. La densità dei costituenti del protone è stata misurata con grande precisione a Hera e ha portato a una verifica fondamentale della Qcd. La conoscenza della densità dei quark e dei gluoni all'interno del protone è inoltre importante per la comprensione dei risultati delle collisioni protone- protone all'acceleratore Lhc del Cern. |
Fotoni contro fotoni
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1. Una coppia muone-antimuone di alta energia osservata dall'esperimento Zeus a Hera. A destra, la schermata che hanno analizzato i fisici, in cui sono visibili le tracce lasciate dal muone e dall'antimuone (indicate dai simboli μ- e μ+), mentre attraversano i rivelatori di particelle dell'apparato. L'origine di queste due particelle è la collisione tra due fotoni di alta energia, a loro volta emessi dagli elettroni e dai protoni accelerati da Hera (a sinistra). |
I fotoni di alta energia non solo interagiscono con la materia, come quelli di bassa energia a cui siamo abituati (quelli della luce visibile), ma possono anche interagire tra loro generando altre particelle. Poiché un fotone può trasformarsi per tempi brevissimi in una coppia quark-antiquark, il suo comportamento è simile a quello di un adrone, una particella composta di quark e antiquark soggetta alle interazioni forti. Le collisioni fotone-fotone risultano quindi simili alle collisioni tra adroni (per esempio tra protoni in Lhc), con produzione di molte particelle e di getti di particelle di alta energia. Questo comportamento "adronico" del fotone è stato studiato in dettaglio a Hera e negli acceleratori in cui si facevano scontrare elettroni e positroni (cioè antielettroni), come per esempio al Lep del Cern. In alcuni casi però le collisioni tra fotoni sono molto diverse di quelle tra adroni: l'intera energia della collisione infatti può essere convertita in una coppia di particelle. Un esempio è la creazione di coppie muone-antimuone nelle collisioni fotone-fotone osservate a Hera (vd. fig. 1). L'accordo della misura sperimentale con la predizione teorica basata sui processi noti ha mostrato l'assenza di nuovi fenomeni alle energie esplorate. I rivelatori di muoni in Zeus, usati per questa misura, sono stati interamente costruiti e gestiti dall'Infn. Per il futuro esiste un progetto per sfruttare collisioni fotone-fotone generate in un acceleratore lineare per creare grandi quantità di bosoni di Higgs, particelle che fisici di tutto il mondo stanno cercando da anni. |
Biografia
Marco Genovese Massimo Corradi è ricercatore presso la sezione Infn di Bologna ed è stato coordinatore della fisica dell'esperimento Zeus, di cui è responsabile nazionale. Collabora anche all'esperimento Atlas di Lhc.
Elisabetta Gallo è ricercatrice presso la sezione Infn di Firenze ed è stata responsabile della collaborazione Zeus. Attualmente partecipa all'esperimento Cms di Lhc.
Link
http://www-zeus.roma1.infn.it/index.html
http://www-zeus.desy.de/
http://www-h1.desy.de/
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