Elettroni brillanti
Radiazione di sincrotrone nei free electron laser
di Luca Serafini
Che un elettrone sottoposto ad accelerazione fosse in grado di emettere radiazione elettromagnetica era già stato previsto da Larmor alla fine dell’ottocento e poi da Liénard pochi anni più tardi per elettroni in moto relativistico, cioè con velocità prossime a c, la velocità della luce nel vuoto (300.000 km/s). Ma si dovette attendere fino al 1947, perché si verificasse la prima osservazione sperimentale di tale fenomeno grazie allo sviluppo degli acceleratori di particelle. Un operatore del sincrotrone da 70 MeV, l'acceleratore di elettroni costruito nei laboratori della General Electric a New York subito dopo la guerra, osservando dei lampi di luce provenire dall’interno della ciambella (la camera da vuoto), arrivò a pensare che una scarica elettrica lo stesse danneggiando e corse a spegnere la macchina. Solo più tardi i fisici del laboratorio si resero conto che quei lampi di luce visibile erano radiazione emessa dagli elettroni, che chiamarono luce di sincrotrone. La scoperta fu resa possibile dall’installazione di oblò di vetro nella ciambella metallica, altrimenti opaca alla radiazione di sincrotrone nello spettro visibile. Ciò che accadeva all’elettrone si può capire immaginando che, essendo esso una particella carica, è sempre associato a un campo elettrico e magnetico, prodotti dalla sua carica e dalla corrente che esso genera quando si propaga nello spazio con una certa velocità. Se il moto è uniforme, questo campo elettrico e magnetico resta “agganciato” all’elettrone, come se fosse uno schermo rigido che si estende nello spazio e che si propaga con l’elettrone stesso. Cosa accade quando l’elettrone viene deflesso su una traiettoria curva, ad esempio da campi magnetici imposti dall’esterno mediante magneti, come accade negli acceleratori? Magari insieme a un gran numero di altri elettroni, costituendo così un fascio? Parte di quel campo di velocità si “distacca” dall’elettrone stesso e si propaga autonomamente nello spazio sotto forma di un’onda elettromagnetica (o fotone) che trasporta energia e interagisce con l’ambiente circostante. Quest’onda di luce di sincrotrone può essere rivelata ed essere utilizzata con grande profitto, scientificamente parlando, per realizzare immagini di oggetti microscopici (proteine, macromolecole, virus ecc.) e per studiare la materia solida e le sue proprietà. È questo che avviene di routine nei laboratori di luce di sincrotrone. Tuttavia, l’emissione di luce da parte dell’elettrone in moto curvilineo avviene in modo prolungato durante tutta la traiettoria curva. Per questo motivo la radiazione viene emessa “sparpagliata” lungo tutte le direzioni corrispondenti alle tangenti alla traiettoria, il che impedisce di ottenere un fascio di luce-radiazione ben collimato in un’unica direzione abbastanza definita.
[as] approfondimento Luce di sincrotrone e sci: una curiosa analogia
C’è un analogo meccanico molto fedele al processo elettro-magnetico in questione, che si basa sulla dinamica dei corpi solidi in forma granulosa (p. es. la neve). Nel video si può osservare ciò che accade in situazioni particolari di pratica dello sci alpino su pendii molto ripidi: la pressione dello sci in fase di curva è tale da produrre un distacco dello strato superficiale di neve, che viene spruzzata uniformemente e con continuità spaziotemporale lungo tutte le direzioni delle tangenti locali alla traiettoria di sciata. Lo sci perturba lo stato di quiete della neve e produce il distacco di una parte di materia che si propaga poi liberamente nello spazio circostante, quantunque anche in questo caso priva di una direzionalità ben precisa e di una collimazione definita. Inoltre è da notare che ciascuna emissione di ogni singola curva è del tutto non interagente con le precedenti e successive, senza nessun tipo di cooperazione tra le varie emissioni di neve nelle diverse curve.L’analogo meccanico, sempre del tipo “sciistico”, della radiazione di sinctrotrone emessa dall’elettrone quando si propaga in un ondulatore magnetostatico, si basa in tal caso su condizioni del tutto particolari che si incontrano solo nella pratica dello sci estremo, come illustrato nel video. Rispetto al caso precedente, qui la pendenza è tale che lo strato di neve superficiale distaccato dall’azione degli sci viene accelerato dalla forza gravitazionale che, a causa della pendenza notevole (superiore ai 45-50°), supera in ampiezza l’attrito allo scorrimento sullo strato di neve sottostante. Si tratta cioè di un piano inclinato dotato di attrito, con angolo molto grande. Se la velocità di discesa dello sciatore è adeguata, egli può incontrare alla successiva curva lo stesso pacchetto di neve distaccatosi alla curva precedente, e in tal modo spingerlo ulteriormente verso valle e anzi aggiungergli “in fase” un pacchetto di neve addizionale creato nella nuova curva. In tali condizioni molto particolari, si crea un fenomeno di “risonanza”, per cui ogni periodo di ondulatore emette radiazione che si somma in modo risonante, cioè “in fase”, a quella prodotta da tutti i periodi antecedenti. Attenzione, non tentate di osservare questo fenomeno nella normale pratica dello sci alpino: ciò avviene solo nella pratica dello sci estremo, con pendenze della discesa tali da costituire pericolo di vita in caso di caduta! Nel caso del free electron laser, usando nuovamente l’analogo sciistico, avremo che se molti sciatori scendono insieme sullo stesso pendio di neve nelle condizioni sopra descritte, la quantità di neve distaccata può formare una vera e propria “onda” di valanga, che scendendo verso valle ingrossandosi sempre di più costringe gli sciatori a sincronizzarsi con essa, cioè a evitare le creste della valanga, ma a impacchettarsi tutti insieme, sciando all’interno delle gole della valanga, dove esiste una situazione di relativa stabilità. La cresta di onda immediatamente dietro gli sciatori li spinge in avanti, ma la successiva cresta di onda/valanga li previene dallo scavalcarla. Non esistono filmati di questa situazione: possiamo solo immaginarla.
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Per rimediare a questa limitazione si sono sviluppati i cosiddetti magneti ondulatori, formati da una successione di un gran numero di calamite con polarità alternata, in modo che l’elettrone sia costretto a percorrere una traiettoria sinusoidale, una sorta di slalom (vd. fig. a).
a.
Schema di emissione di radiazione di sincrotrone da ondulatore. Si noti la traiettoria sinusoidale (lo "slalom") compiuta dagli elettroni per effetto del campo magnetico alternato e il sottile cono di emissione della radiazione.
Le emissioni di radiazione prodotte da ciascun semiperiodo di oscillazione si sommano in fase, producendo dopo centinaia di oscillazioni un fascio di radiazione emesso in un piccolo angolo solido. E la frequenza della radiazione prodotta dall’elettrone nell’ondulatore dipende dalla frequenza di oscillazione della sua traiettoria a una data energia. Ad esempio, un fascio di elettroni che si propaga in un ondulatore magnetostatico di 2 cm di periodo (il doppio della distanza tra un polo sud e il successivo polo nord), all’energia di 150 MeV, produrrà una radiazione di sincrotrone di lunghezza d’onda pari a 0,5 micrometri, che coincide proprio con la frequenza della luce verde.
b.
Espansioni polari dell'ondulatore magnetico di Sparc nei Laboratori Nazionali di Frascati dell'Infn: il periodo dell'ondulatore (cioè la distanza tra due poli nord successivi, individuabile come la distanza tra due viti contigue) è pari a 2,8 cm.
Questo fenomeno risonante è tale che, sotto opportune condizioni di intensità del fascio di elettroni, la radiazione di sincrotrone emessa riesce a forzare gli elettroni del fascio a impacchettarsi sulla scala della lunghezza d’onda della radiazione stessa. Si ha in tal modo la produzione di radiazione Fel (Free Electron Laser), in cui la radiazione di sincrotrone viene emessa dagli elettroni del fascio “all’unisono”, cioè con i pacchetti d’onda dei singoli elettroni in fase gli uni con gli altri. Il fascio di radiazione prodotto si dice coerente ed è analogo a quello di un laser atomico (quello descritto in
Stimolanti e coerenti, ndr). La sua brillanza, ovvero la sua intensità divisa per l’angolo di emissione, risulta in tal modo altissima, fino a 10 ordini di grandezza superiore a quella della radiazione di sincrotrone convenzionale. Il fenomeno sopra descritto porta infatti a una crescita esponenziale della potenza della radiazione Fel durante la propagazione del fascio di elettroni nell’ondulatore. Questo, insieme al fatto che gli impulsi di radiazione Fel possono essere corti fino a poche decine di femtosecondi (rispetto alle decine di picosecondi della radiazione di sincrotrone), fa sì che si possano condurre esperimenti senza precedenti di “imaging” di singole molecole organiche, proteine, virus ecc. Lo sforzo italiano in questo settore in grande evoluzione è rappresentato dai progetti Sparc, SparX e Fermi. I primi due sono condotti presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn, da parte di una collaborazione tra l’Infn, l’Enea, il Cnr e l’Università di Tor Vergata, mentre il Fel del progetto Fermi è stato messo recentemente in funzione a Trieste dalla Sincrotrone Trieste. Il progetto Sparc ha sviluppato e messo in funzione un acceleratore lineare per produrre fasci di elettroni di altissima brillanza, necessari per pilotare i Fel (vd. fig. c). Il progetto SparX punta alla messa in funzione presso i Laboratori Infn di Frascati di un Fel basato su un acceleratore lineare di elettroni da 750 MeV, per produrre radiazione Fel fino a lunghezze d’onda di 5 nanometri, che corrispondono a un’energia dei fotoni di circa 250 eV.
c.
L'apparato Sparc, situato all'interno di un bunker sotterraneo (per la schermatura delle radiazioni prodotte) nei Laboratori di Frascati.
Mentre le macchine di luce di sincrotrone, inclusi i Fel, studiano la materia a livello atomico, siamo oggi agli albori dello sviluppo di una nuova generazione di macchine per produrre luce di sincrotrone per la fisica nucleare e subnucleare, le cosiddette macchine per la fotonica nucleare. Tali macchine produrranno fasci di fotoni gamma con energie comprese da 500 keV a 15-20 MeV. Per arrivare a produrre fasci a questa frequenza si sostituirà sostanzialmente l’ondulatore magnetico con un ondulatore elettro-magnetico, rappresentato da un impulso laser di alta energia. I fasci di elettroni con energie comprese tra 500 e 900 MeV, collidendo con impulsi laser dell’energia di alcuni joule e di durata di pochi picosecondi, produrranno appunto fasci gamma ad altissima brillanza, di grandi potenzialità per la fisica nucleare e per l’ingegneria nucleare. Si aprirà così la porta a nuovi studi e a nuove applicazioni strategiche nel campo del trattamento e screening delle scorie nucleari, del monitoraggio di materiali fissili pericolosi (come p.es. l’uranio, il torio ecc.) e della produzione di radio-farmaci di tipo nuovo.
d.
Distribuzione planetaria dei Fel a corta lunghezza d'onda (dall'ultravioletto lontano ai raggi X).
Presso i Laboratori di Frascati è in corso un’attività che fa da precursore a questo nuovo filone di ricerca: il progetto PlasmonX, che prevede la messa in funzione di un laser denominato Flame. Interagendo con il fascio di elettroni prodotto da Sparc, l’esperimento, in corso di realizzazione e previsto in funzione entro la fine del 2011, porterà alla generazione di fasci di raggi X monocromatici fino a 500 keV. Nell’ambito dello stesso apparato sperimentale è già partita la campagna di esperimenti per l’accelerazione a plasma di fasci di elettroni, che permetterà di raggiungere energie di varie centinaia di MeV su pochi millimetri di plasma. Seppure indipendente dal filone della fotonica, questa attività di studio di nuovi metodi di accelerazione è molto sinergica con essa e utilizza tecniche e strumentazione condivise. Essa ha come obbiettivo la produzione di fasci di elettroni che potrebbero, a loro volta, avere caratteristiche determinanti per la produzione dei fasci gamma per la fotonica nucleare.
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