Sospetti di materia oscura?
Intervista a Piergiorgio Picozza.
di Antonella Varaschin
Nella primavera del 2009 è uscita sulla prestigiosa rivista internazionale Nature una ricerca firmata dalla collaborazione dell'esperimento Pamela (Payload for Antimatter-Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysics). La notizia in breve tempo ha fatto il giro del mondo e la pubblicazione è stata sotto i riflettori dei più importanti convegni scientifici internazionali. Abbiamo chiesto di spiegarci di che cosa si tratta a Piergiorgio Picozza, ricercatore dell'Infn, docente all'Università di Roma Tor Vergata e responsabile internazionale dell'esperimento. "Pamela potrebbe aver visto la prima evidenza indiretta di materia oscura", ci racconta Picozza, senza nascondere la propria soddisfazione. "In particolare – approfondisce Picozza – Pamela ha misurato un inaspettato eccesso di positroni (antielettroni) di alta energia. Questo potrebbe appunto rappresentare un segnale di quella materia sulla cui natura non sappiamo ancora nulla e che chiamiamo 'oscura' perché non direttamente visibile ai nostri occhi e ai nostri strumenti, poiché non assorbe né emette radiazione, ma che supponiamo sia, sulla base di osservazioni sperimentali e calcoli teorici, ben cinque volte più abbondante della materia ordinaria nel nostro Universo". Frutto di una collaborazione internazionale che coinvolge Italia, Russia, Germania e Svezia, Pamela è un rivelatore di antimateria che può essere considerato un vero e proprio osservatorio spaziale, perché permette di condurre ricerche in diversi campi della fisica. Lanciato in orbita nel 2006 con un razzo russo partito dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, Pamela da allora invia a terra 16 gigabyte di dati al giorno, dalla cui analisi è emerso il risultato che tanto rumore ha provocato all'interno della comunità scientifica.
I ricercatori stanno ora cercando di capire quale possa essere l'origine di queste antiparticelle così energetiche. Nel proporre una risposta a questo interrogativo Picozza è cauto e spiega: "Queste particelle possono essere prodotte da sorgenti astrofisiche altamente energetiche, come le pulsar, ma potrebbero, appunto, anche essere il prodotto dell'annichilazione della materia oscura". "Ovviamente – conclude Picozza – prima di considerare sorgenti esotiche come la materia oscura, dobbiamo escludere tutte le altre possibilità".
Un aiuto alla comprensione di questo fenomeno potrebbe arrivare anche dai risultati di altri esperimenti: il satellite Fermi, i cui dati sugli elettroni concordano con quelli di Pamela, Ams-02 che sarà collocato il prossimo anno a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) dagli astronauti che partiranno con l'ultimo volo dello Shuttle, oppure l'acceleratore Lhc del Cern di Ginevra, dove si raggiungeranno energie che dovrebbero essere sufficienti a produrre artificialmente particelle di materia oscura.