Editoriale
Nelle regioni dello spazio in cui le stelle si formano o dove le supernove generano straordinarie vampate i raggi cosmici hanno origine e vengono accelerati fino alle energie più elevate. Alcuni raggiungono la Terra ed entrano nell’atmosfera producendo grandi sciami di particelle, a livello del mare ne arrivano circa 100 per mq al secondo. Da un secolo i fisici ne osservano le interazioni con la materia e ricostruiscono la storia del loro lunghissimo viaggio. Nel 1932 Anderson osservando con una camera a nebbia in campo magnetico il flusso di raggi cosmici vide l’impronta dell’antimateria, scoprì l’anti-elettrone che il teorico Dirac aveva prospettato un paio di anni prima. Ancora lui, nel 1937, assieme ad un suo dottorando individuò due diverse componenti dei raggi cosmici nell’atmosfera, una non penetrante e una penetrante. La prima è costituita da fotoni o elettroni, la parte penetrante invece da particelle con una massa intermedia tra quelle degli elettroni e dei protoni. Queste particelle vennero chiamate mesotroni (particelle di massa intermedia) e poi inserite, con il nome di muoni, nella famiglia dei mesoni. In seguito, si osservò che i muoni sono particelle instabili che decadono in elettroni e neutrini. Nel 1942 Rasetti determinò la vita media del muone, misurando il ritardo tra il passaggio di un muone e l’emissione dell’elettrone: 2,2 milionesimi di secondo. Nel 1946 Conversi, Pancini e Piccioni analizzando l’interazione dei muoni con la materia conclusero che il muone non è soggetto a interazioni nucleari, il muone fa parte della famiglia dei leptoni, non dei mesoni. L’anno successivo Lattes, Occhialini e Powell raccogliendo dati ad alta quota sul Pic du Midi osservarono il pione, la particella dell’interazione nucleare prevista da Yukawa in un lavoro teorico nel 1935. Sono solo alcuni dei tanti nomi familiari che costellano con Enrico Fermi ed altri la storia dei raggi cosmici. In un rincorrersi di previsioni teoriche e di verifiche sperimentali, i raggi cosmici sono impiegati come strumento per studiare le particelle e le loro interazioni con la materia ma sono anche reperti che provenendo dagli spazi profondi e dalla Via Lattea ci aiutano a capirne le sconcertanti dimensioni e le affascinanti manifestazioni. Nelle prossime pagine i nomi di oggi, ricercatori ed esperimenti che affrontano sfide, discutono risultati, aggiungono tasselli di luce al grande mosaico della conoscenza.
Andrea Vacchi
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