Questione di gradi
Modelli e proiezioni per il clima
di Filippo Giorgi
Il comportamento del sistema climatico terrestre è determinato da complesse interazioni fra le sue diverse componenti.
Ma perché è così difficile capire il comportamento del sistema climatico? Perché questo comportamento è altamente caotico e non lineare, come illustrato dall’ormai famoso “effetto farfalla”, introdotto dal fisico Edward Lorenz (vd. Dalla farfalla ai tornado, ndr). Egli mostrò come, data la natura altamente non-lineare delle equazioni che regolano la dinamica dell’atmosfera, piccole perturbazioni (come lo sbattere d’ali di una farfalla in Amazzonia) possano innescare una concatenazione di eventi tale da generare fenomeni meteorologici su larga scala (come un uragano nel golfo del Messico), in maniera apparentemente casuale e non prevedibile. Quello di Lorenz è solo un esempio illustrativo – ci vuol ben altro che un battito d’ali di farfalla per generare un uragano – però serve a introdurre il concetto del caos e della non-linearità. È proprio questo comportamento caotico che pone un limite teorico di circa dieci giorni alla previsione meteorologica.
Ma ci sono altri casi di comportamento complesso e non-lineare, che coinvolgono diverse componenti del sistema climatico. Per esempio, i cosiddetti processi di “feedback” (o “retroazione”), cioè fenomeni che, una volta innescati, si autoalimentano e crescono, fino a diventare possibilmente irreversibili. Un esempio è il feedback dell’albedo del ghiaccio. Il ghiaccio e la neve hanno una riflettività (“albedo”) della radiazione solare molto alta, dal 70 al 90%. Se l’aumento delle temperature provoca una fusione di neve e ghiaccio, viene scoperta la superficie sottostante, che ha un’albedo più bassa.
Quindi viene assorbita in superficie più radiazione solare, che riscalda la superficie stessa, provoca un’ulteriore fusione di ghiaccio e così via. Questo è un feedback “positivo”, perché tende ad amplificare la perturbazione iniziale. Esistono anche dei feedback “negativi”, per esempio legati a modifiche della copertura nuvolosa. Per avere un’idea dell’importanza del feedback del ghiaccio, e della sua natura caotica, si pensi che esso è una delle cause principali della grande diversità fra le caratteristiche dei periodi glaciali e interglaciali che si sono alternati nel corso degli ultimi due milioni di anni, caratteristiche come l’estensione delle calotte polari e dei grandi ghiacciai, che poi influenzano le temperature globali, le circolazioni oceaniche e il livello del mare.
Ci sono poi i cosiddetti “comportamenti di soglia”, cioè quei fenomeni che, una volta superate determinate soglie, diventano essenzialmente irreversibili. Un esempio è quello della fusione dei ghiacci della Groenlandia (vd. fig. b), che sta avvenendo a ritmi sempre crescenti in risposta al riscaldamento globale. Se le temperature atmosferiche superassero una determinata soglia, la fusione dei ghiacci della Groenlandia proseguirebbe in maniera inarrestabile. Alcuni lavori scientifici sostengono che siamo già vicini a questa soglia, e che quindi nel corso di qualche centinaio di anni i ghiacci della Groenlandia potrebbero interamente fondere, portando a un innalzamento del livello del mare di oltre sette metri, con conseguenze chiaramente devastanti per le aree costiere.
La fusione dei ghiacci della Groenlandia rappresenta una delle minacce più gravi legate al riscaldamento globale.
La fig. c presenta le temperature globali “proiettate” dai modelli climatici per la fine del XXI secolo in due scenari di emissione, mostrandole in relazione all’andamento delle temperature globali degli ultimi 11.500 anni, il cosiddetto “Olocene”. Questo è l’ultimo periodo interglaciale durante il quale un clima particolarmente stabile ha consentito alla civiltà umana di svilupparsi. I due scenari sono uno consistente con lo scenario previsto dall’Accordo di Parigi del 2015 (riscaldamento di
2 °C rispetto ai valori pre-industriali) e lo scenario “business as usual”, il più pessimistico, che porterebbe secondo le proiezioni a 4-5 °C di riscaldamento. È chiaro che, anche nello scenario più ottimistico, rischiamo di dare al sistema climatico terrestre una perturbazione di entità e velocità tali che il pianeta probabilmente non ha mai sperimentato durante i periodi caldi dell’ultimo milione di anni. La risposta di questo sistema, così complesso e interconnesso, è molto difficile da prevedere. Quali feedback verranno innescati? Quali soglie verranno superate? Come risponderà la biosfera? E l’antroposfera? Queste sono alcune delle difficili domande che si prospettano davanti alla comunità scientifica.
Si può dire che siamo sull’orlo di “un salto climatico nel buio”, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti, non tanto per il pianeta, che in passato ha visto eventi anche più estremi, ma per la società come oggi la conosciamo, che la crisi pandemica ci ha mostrato come sia estremamente vulnerabile. Evitare questo salto è una delle più grandi sfide che oggi si pone davanti, non solo alla comunità scientifica, ma all’intera società civile.
Temperature globali alla fine del XXI secolo (anomalie rispetto al periodo di riferimento della seconda metà del XX secolo), stimate per uno scenario consistente con quello previsto dall’Accordo di Parigi del 2015 e nello scenario più pessimistico previsto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, scenario SSP5-8.5, che qui è chiamato “business as usual”, dati dal sesto rapporto dell’IPCC) in relazione all’andamento delle temperature globali stimate per gli ultimi 11.300 anni (periodo dell’Olocene, dati da Marcott S. A. et al., Science, 339 (2013), p. 1198).
Biografia
Filippo Giorgi è responsabile della sezione di fisica della terra del Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP), a Trieste. È un esperto a livello internazionale di modellistica climatica, cambiamenti climatici e i loro effetti sul pianeta e la società e, fin dagli anni ’90, ha contribuito alla stesura dei rapporti sullo stato del clima dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC).