[as] radici
Il tutto e le parti
di Carlo Di Castro
professore emerito della Sapienza Università di Roma
a.
Philip W. Anderson (1923-2020), pioniere degli studi sulla complessità, premio Nobel per la fisica nel 1977.
“Il tutto non solo ha qualcosa in più, ma è anche molto diverso dalla somma delle singole parti”, scriveva Phil W. Anderson nel suo famoso articolo del 1972 “More is different” su Science. Ci sono, cioè, sistemi – che chiamiamo “complessi”, precisando così la nostra idea di complessità – per i quali la conoscenza del comportamento dei singoli elementi costitutivi (atomi, elettroni, spin … storni) non fornisce direttamente la conoscenza del comportamento del sistema nel suo insieme. Questo viene ad avere delle proprietà collettive “emergenti”, come indicato da David Pines, uno dei fondatori insieme ad Anderson del Santa Fe Institute per lo studio della complessità. Esempi di comportamenti auto-emergenti si trovano ovunque attorno a noi, e vanno dalla cristallizzazione degli atomi di un liquido, alla magnetizzazione di una calamita, alla superconduttività, per arrivare al volo collettivo degli stormi. (Va detto subito che “complessità” e “proprietà emergenti” sono concetti dalla forte carica immaginifica, che, in mano a divulgatori disattenti, rischiano di minare il potenziale razionale e predittivo della scienza, proponendola, agli occhi dei non addetti ai lavori, sotto un aspetto magico e taumaturgico.) Philip W. Anderson (1923-2020), pioniere degli studi sulla complessità, premio Nobel per la fisica nel 1977.
La fisica è regolata da uno schema riduzionista (in senso strutturale), per il quale le proprietà dei sistemi macroscopici sorgono come conseguenza delle interazioni presenti tra i “componenti elementari” del sistema e si ottengono come risposte, anche complicate, a sollecitazioni esterne (si pensi alla suscettività magnetica, ottenuta variando la magnetizzazione al variare del campo magnetico). A partire dalla seconda metà dell’800, questo schema è stato alla base della meccanica statistica, che permette di “ricostruire”, attraverso un’operazione di media, il comportamento di un gran numero (dell’ordine di 1023) di oggetti elementari interagenti e di spiegare la molteplicità del macroscopico in termini del piccolo e semplice. Ma non sempre, come scriveva Anderson, il riduzionismo implica il “costruttivismo”, o la comprensione di come avviene il processo di differenziazione.
Un esempio che ci permetterà di seguire come avviene questo processo è quello della conducibilità elettrica nei metalli in presenza del disordine. Questa può essere determinata, in prima battuta, facendo una media sul trasporto di carica degli elettroni di conduzione, trattati come un gas di particelle non interagenti, salvo quando urtano con impurezze distribuite in modo casuale (la cosiddetta teoria di Drude-Sommerfeld). Un primo livello di difficoltà, non di complessità, è stato risolto tenendo conto anche dell’interazione tra gli elettroni con la teoria paradigmatica dei “liquidi normali di Fermi” dovuta a Lev D. Landau, sostituendo il gas di particelle con un gas di “quasi-particelle” con massa efficace maggiore di quella degli elettroni, per tener conto del rallentamento causato dall’interazione tra loro.
Aumentando il disordine si può aumentare la resistenza elettrica, ma mai passare con continuità da un metallo resistivo a un isolante, come invece si osserva sperimentalmente (ad esempio, nel silicio drogato con fosforo).
Nel 1958, P. W. Anderson nel lavoro “On the absence of diffusion” (per il quale ebbe il premio Nobel nel 1977) fece un primo cambio di paradigma. Invece di considerare l’effetto in media del disordine sugli elettroni delocalizzati, lo introdusse facendo variare i livelli di energia in modo aleatorio da sito a sito di un reticolo. Nel caso di forte disordine è difficile che l’elettrone trovi un livello di energia compatibile in un sito vicino per potersi muovere, la funzione d’onda diventa localizzata e il sistema isolante (transizione di localizzazione di Anderson). Il fenomeno è stato poi osservato anche per altri tipi di onde. La complessità di questa transizione ha la localizzazione come proprietà emergente, ma come vedremo il processo non finisce qui.
b.
In un cristallo ordinato (in alto), i livelli di energia degli elettroni sono gli stessi in ogni buca di potenziale e gli elettroni possono facilmente attraversare le barriere, dando luogo alla conduzione elettrica. In un cristallo disordinato (in basso), ci sono disuniformità nei livelli di energia che inibiscono il moto degli elettroni e producono la localizzazione.
In un cristallo ordinato (in alto), i livelli di energia degli elettroni sono gli stessi in ogni buca di potenziale e gli elettroni possono facilmente attraversare le barriere, dando luogo alla conduzione elettrica. In un cristallo disordinato (in basso), ci sono disuniformità nei livelli di energia che inibiscono il moto degli elettroni e producono la localizzazione.
L’esplorazione dei meccanismi delle transizioni di fase, aperta da Lev D. Landau fin dal 1937, è stata al centro della ricerca in materia condensata nella seconda metà del secolo scorso e ha dato il via allo studio dei comportamenti collettivi complessi. In una transizione di fase si ha in genere un passaggio da una fase disordinata e più simmetrica a una fase ordinata e meno simmetrica. Si pensi, per esempio, al caso magnetico, in cui nel passaggio dalla fase paramagnetica a quella ferromagnetica i “magnetini” atomici, prima orientati in tutte le direzioni, rompono la simmetria originaria e tendono ad allinearsi spontaneamente in una direzione, dando luogo a una magnetizzazione spontanea in assenza di campo esterno, che dà la misura dell’ordine autogenerato, cioè funge da “parametro d’ordine”. In generale, avvicinandoci al punto di instabilità da una fase all’altra (il punto “critico”) le funzioni di risposta e in particolare quella connessa al parametro d‘ordine (nel caso in questione, la suscettività magnetica) divergono come preludio della transizione stessa, secondo leggi di potenza con esponenti universali per classi di sistemi che nella transizione hanno la stessa rottura di simmetria. Questo comportamento singolare universale è dovuto all’estendersi delle fluttuazioni del parametro d’ordine in prossimità del punto critico. In generale, si formano bolle di fluttuazioni del parametro d’ordine la cui lunghezza, detta di “correlazione”, diventa infinita al punto critico. Tutti i singoli costituenti del sistema risultano correlati tra loro, generando un problema a infiniti gradi di libertà. La descrizione in termini di particelle singole o quasiparticelle, dominante nella fisica della materia condensata fino agli anni ’70, perde di significato, e si deve trovare un altro schema interpretativo.
Poiché al punto critico la distanza di correlazione è infinita, le correlazioni tra le varie parti del sistema non dipendono dalle loro dimensioni e la sequenza si ripete su tutte le scale spaziali, con una proprietà di invarianza di scala, o “auto-similarità”.
Questo fenomeno ci fornisce uno schema generale di “filtro”, realizzato tecnicamente dalle trasformazioni del cosiddetto “gruppo di rinormalizzazione” di Ken Wilson, ma proposto originariamente a Roma, che permette di passare da un sistema a un altro “riscalato” in grandezza su blocchi sempre più grandi. Le informazioni a breve distanza, ritenute inessenziali per la descrizione del fenomeno critico, vengono eliminate e si mettono in risalto le proprietà a grandi distanze, come l’andamento a potenza delle varie grandezze fisiche, che diventano calcolabili esplicitamente. Lo schema riduzionistico di costruzione dal microscopico semplice al macroscopico complesso non viene abbandonato: se ne fa il giusto uso attraverso l’eliminazione delle variabili irrilevanti e un processo di filtraggio di quelle rilevanti. In altri termini, il riduzionismo da strutturale diventa metodologico.
“A ogni livello di complessità, appaiono nuove proprietà”, diceva Anderson. L’esempio della conducibilità elettrica nei sistemi elettronici disordinati permette di contestualizzare e completare questo percorso di aumento della complessità con l’emergere di nuove proprietà. Con il modello di Anderson – che tiene conto del disordine ma non dell’interazione tra gli elettroni – si ha una transizione metallo-isolante il cui parametro di controllo è il disordine, misurato dalla conduttanza del materiale, e la procedura di rescaling per questa grandezza fornisce le leggi di potenza con le diverse classi di universalità per questa transizione. Negli anni ’80, però, esperimenti su leghe semiconduttore-metallo (Ge-Au, Nb-Si ecc.) hanno evidenziato un disaccordo con le previsioni della localizzazione di Anderson. Si è quindi dovuto studiare il problema ancora più complesso dei sistemi di elettroni interagenti in presenza del disordine. Il rallentamento degli elettroni dovuto al forte disordine porta a un’interazione tra gli elettroni ritardata, che nel processo di rescaling si evolve con termini (il singoletto localizzante e il tripletto anti-localizzante) in competizione tra loro. Si hanno diverse classi di transizioni metallo-isolante, quando il tripletto viene ridotto come in presenza di impurezze magnetiche. Le impurezze non magnetiche invece non riducono il termine di tripletto e l’effetto della frustrazione introdotta dinamicamente è forte. Si possono allora generare diversi stati di equilibrio locale con cluster di spin con problemi simili ai vetri di spin
(vd. p. 12, ndr). Per questi ultimi la frustrazione introduce difficoltà concettuali e tecniche nelle procedure di semplificazione e di filtraggio descritte poc’anzi. Per esempio, qual è il parametro d’ordine, o cosa lo sostituisce, e con quale rottura di simmetria è connesso?
A queste domande i lavori di Giorgio Parisi hanno dato una chiara risposta, che ha aperto la strada a investigazioni nei campi più svariati, dalla biologia all’economia, dalla sociologia all’etologia. Tuttavia, ogni sistema complesso è diverso dall’altro e nessun approccio e nessuna procedura sono così generali da costituire un paradigma della complessità e dal dispensare il ricercatore dall’analisi competente del sistema oggetto del suo studio, che in un approccio interdisciplinare eviti di fare della complessità la scienza del tutto cioè del nulla.
c.
Kenneth G. Wilson (1936-2013), premio Nobel per la fisica nel 1982 per la sua teoria dei fenomeni critici basata sul gruppo di rinormalizzazione.
Kenneth G. Wilson (1936-2013), premio Nobel per la fisica nel 1982 per la sua teoria dei fenomeni critici basata sul gruppo di rinormalizzazione.