Lo strano caso dei mesoni K
Particelle in crisi d'identità.
di Enrico Iacopini e Francesca Scianitti
Struttura a quark dei barioni e dei mesoni, in particolare del protone e del mesone K neutro (K0). All'interno di barioni e mesoni, i quark sono sempre legati a coppie tramite i gluoni, particelle mediatrici dell'interazione forte.
I mesoni K, chiamati anche kaoni, hanno costituito una vera miniera di novità nella fisica delle particelle. A loro si deve ad esempio il concetto di stranezza ed è anche per spiegare alcuni loro modi di decadimento che nacque l’idea stessa della possibile violazione nelle interazioni deboli della parità P, la simmetria ottenuta quando si osserva un fenomeno allo specchio. Quello dei mesoni K è inoltre, oggi, uno dei pochissimi esempi in cui si osserva la violazione della simmetria CP, la trasformazione che si ottiene applicando al contempo la parità e la coniugazione di carica C (che trasforma particelle in antiparticelle).
I K sono mesoni, particelle composte cioè da un quark e un antiquark, a differenza dei barioni (come i neutroni e i protoni) che sono formati, invece, da tre quark. I barioni e i mesoni formano la famiglia degli adroni. Di mesoni (come di barioni) ne esiste un vastissimo zoo (oltre ai K, il mesone π, il mesone D, il mesone B, …).
I mesoni K esistono nella versione carica K± e nella versione neutra K0, ma a differenza di quanto succede per i loro “cugini”, i mesoni π (anche chiamati pioni), il K0 non coincide con l’anti-K0. La ragione sta proprio nella proprietà che chiamiamo stranezza. Di che cosa si tratta?
Nella seconda metà degli anni ’40, in esperimenti con i raggi cosmici, si era osservato che alcuni processi di interazione forte, per esempio alcuni urti di mesoni π con nuclei atomici, producevano particelle instabili (tra queste anche i K) che decadevano con vite medie incompatibili con l’interazione forte, troppo lunghe per oltre dieci ordini di grandezza.
Di questi decadimenti poteva essere responsabile solo l’interazione debole: in questo senso le particelle erano strane. Un po’ come se la costante elastica di una molla avesse dato valori completamente diversi in fase di compressione e in fase di estensione, queste particelle originate dalla forza forte decadevano in particelle più leggere tramite la forza debole.
Abraham Pais osservò però che la produzione di queste particelle strane avveniva sempre in coppia, come se esistesse una sorta di “carica” conservata nell’interazione, alla base del processo di produzione. L’idea fu sviluppata da Nakano, Nishijima e Gell-Mann e fu quest’ultimo a battezzare la nuova carica, appunto, “stranezza”, indicandola con la lettera S: una quantità che doveva essere conservata nelle interazioni forti (ed elettromagnetiche), ma non in quelle deboli. Poiché protoni, neutroni e mesoni π erano supposti avere stranezza nulla, la loro interazione forte poteva sì generare particelle con stranezza, ma solo a coppie di stranezza opposta. È quanto avviene effettivamente.
Una volta prodotta, la particella con stranezza non poteva più decadere attraverso l’interazione forte o elettromagnetica verso stati con stranezza nulla, e quindi il decadimento poteva procedere, molto più lentamente, solo attraverso l’interazione debole. In questo schema, il K0, avendo stranezza S = +1, non poteva coincidere con la propria antiparticella che, per definizione, doveva avere stranezza S = -1 (nella trasformazione particella-antiparticella tutte le cariche cambiano di segno, quindi anche la stranezza).
Ma questa non è l’unica “bizzarria” dei mesoni K. Ce n’è una ancora più insolita, che rende speciali queste particelle, e sebbene più sfuggente e complicata da descrivere, è di fondamentale importanza per la comprensione del mondo fisico.
Consideriamo gli stati K0 e anti-K0 (vd. fig. b), costituiti rispettivamente da un antiquark strange e un quark down, e un antiquark down e un quark strange. Si passa da uno all’altro applicando la trasformazione CP (per questo si dice anche, che sono CP-coniugati). Costruiamo, seguendo le consuete regole della meccanica quantistica, le loro combinazioni lineari simmetrica (somma) e antisimmetrica (differenza) che chiameremo, rispettivamente, K1 e K2 (vd. fig. c). Di queste, la prima è CP pari (CP=+1), rimane cioè identica a se stessa se riflessa nello specchio CP (che in questo caso sostituisce particelle ad antiparticelle e ne cambia la parità), la seconda, invece, cambia di segno sotto CP ed è quindi CP dispari (CP=-1). In questo schema, nell’ipotesi in cui CP sia una simmetria esatta anche per le interazioni deboli (come si riteneva allora), il K1 (che in figg. b, c, d abbiamo scelto di colorare di blu) può decadere solo in due mesoni π (che è un sistema sempre CP pari) e il K2 (in rosso), a sua volta, quando “sceglie” di decadere in mesoni π, può farlo solo in tre mesoni π (il cui stato può essere CP dispari). Da questa differenza di stato finale segue che, anche se in entrambi i casi la responsabile del decadimento è comunque l’interazione debole, il K1 deve avere una vita media più breve del K2, ossia deve decadere più in fretta. Sperimentalmente era nota l’esistenza di un mesone K-short (KS) e un mesone K-long (KL), con masse quasi uguali ma vite medie molto diverse; questo sembrava quindi potersi spiegare molto semplicemente identificando il KS con il K1 (CP-pari) e il KL con il K2 (CP-dispari). Nel 1964, però, Christenson, Cronin, Fitch e Turlay mostrarono che il mesone KL decadeva, seppur raramente (0,2% dei casi), anche in due mesoni π e quindi non poteva coincidere esattamente con il K2 se CP era conservata. Come poteva accadere? Era dunque violata anche la simmetria CP?
I fatti sperimentali presto condussero a un’unica possibile conclusione, secondo cui lo stato KL non coincideva con lo stato K2, ma aveva una piccola “contaminazione quantistica” di K1. In modo complementare, il KS doveva coincidere con la sovrapposizione di un K1 e una piccola contaminazione quantistica di K2 (vd. fig. d). In questo caso, lo stato KL non aveva CP definita e poteva quindi decadere talvolta anche in due mesoni π, senza che ci fosse necessariamente una violazione di CP nella dinamica del decadimento debole: è il meccanismo della violazione indiretta di CP.
Ma perché c’era questo mescolamento? Il quadro teorico andava in ogni caso rivisto, perché non era in grado di dare una spiegazione.
James Watson Cronin e Val Logsdon Fitch (al centro), i quali hanno vinto il premio Nobel nel 1980 per aver scoperto la violazione della simmetria CP dei mesoni K0.
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