[as] riflessi
Voci dal profondo.
di Antonella Varaschin
a .
Un capodoglio nel Mar Mediterraneo. Il suono dei capodogli è stato registrato dal Cibra nel 2005, nell’ambito della collaborazione con il progetto Nemo, e anche di recente nell'ambito del progetto Km3net. Il Cibra si è affermato in Italia e soprattutto all’estero su temi di ricerca legati all’acustica subacquea e allo studio dei mammiferi marini, e vari temi sono disponibili per tesi di laurea e di dottorato.
b.
Gianni Pavan, direttore del Cibra. Assieme a Infn, Università Sapienza di Roma, Università di Roma 3, Ingv, il Cibra fa parte della collaborazione Smo (Submarine Multidisciplinary Observatory). Dal 2000 è impegnato nel progetto Nemo (oggi Km3net) e attualmente anche nel nuovo progetto Lido per il monitoraggio acustico dell’ambiente subacqueo con piattaforme cablate in fibra ottica.
Gianni Pavan, direttore del Cibra. Assieme a Infn, Università Sapienza di Roma, Università di Roma 3, Ingv, il Cibra fa parte della collaborazione Smo (Submarine Multidisciplinary Observatory). Dal 2000 è impegnato nel progetto Nemo (oggi Km3net) e attualmente anche nel nuovo progetto Lido per il monitoraggio acustico dell’ambiente subacqueo con piattaforme cablate in fibra ottica.
“Riguardo alle ricerche attuali – continua a raccontare Pavan – posso dire con soddisfazione che da luglio 2012 è operativa una nuova piattaforma di ascolto di fronte a Catania, equipaggiata anche con sensori geofisici e acustici a bassa frequenza, utili per il rilevamento delle balenottere, e che il 24 marzo scorso è stata installata una torre dell’esperimento per neutrini, che ora ha preso il nome di Km3net. Su questa torre, grazie al progetto Futuro in Ricerca-Smo, sono stati collocati 14 idrofoni che, dal momento della loro installazione a 3500 metri di profondità, trasmettono incessantemente dati a terra e fin da subito hanno sentito nuovamente i suoni dei capodogli. Installare idrofoni a profondità così grandi – prosegue Pavan – permette di approfondire quale sia l’impatto dell’uomo sull’ambiente marino. Faccio un esempio: le balenottere comunicano tra loro anche a centinaia di chilometri di distanza con suoni che viaggiano a basse frequenze. Le stesse dei rumori prodotti dal traffico navale. Ora, a causa di questo disturbo, noi non riusciamo più a sentire le balenottere come prima. È chiaro che lo stesso vale anche per loro. Quindi, usufruire delle infrastrutture di ricerca della fisica per noi è stato fondamentale perché, nonostante io ritenga che la biologia debba finanziarsi da sé, non può contare sulle stesse risorse della fisica delle particelle, perché diverse sono le esigenze: i fisici particellari allestiscono grandi e sofisticati esperimenti frutto di collaborazioni internazionali, la biologia invece conserva ancora un carattere locale legato a piccoli gruppi”. “Per quanto riguarda il futuro – conclude Pavan – vorremmo creare una rete di sensori nel Mediterraneo. Oltre all’infrastruttura in Sicilia, ce ne sono altre due: nel Mar Ligure (una boa del Cnr, che potrebbe essere utilizzata per installare sensori acustici, ndr) e al largo di Tolone (l’esperimento Antares, sempre per lo studio dei neutrini, ndr), ma ce ne vorrebbe una nell’Adriatico. Dopodiché l’unica difficoltà da gestire sarebbe l’analisi della gran mole di dati, considerate le nostre risorse limitate: siamo infatti una decina in tutto a lavorarci. Nonostante questo, riuscire a creare questa rete darebbe a noi biologi la possibilità di capire la complessità dei movimenti degli animali, come reagiscono alle stagioni, alle attività umane e chissà quanto altro”.
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