[as] tecnologia e ricerca
Nata dalla ricerca, al servizio della medicina. Intervista a Yves Jongen, fondatore di Iba.
di Francesca Scianitti
Intervista a Yves Jongen, fondatore di Iba. Iba, Ion Beam Application, è un’azienda belga con una lunga tradizione di collaborazione con l’Infn nello sviluppo di nuove tecnologie per la diagnosi e la terapia dei tumori. Iba nasce dall’esperienza di un ricercatore, e da un sogno: quello di fare di un campo di ricerca affascinante, una risorsa e una fonte di scoperta a sostegno di una delle più grandi sfide della medicina moderna. Abbiamo chiesto al suo fondatore, Yves Jongen, di raccontarci la genesi di un’azienda che oggi vanta un primato mondiale.
[as]: La sua carriera ha inizio in un laboratorio di fisica nucleare. Com’è nato il sogno di costruire strumenti per la medicina?
[Yves Jongen]: Il laboratorio di cui sono stato responsabile all’inizio della mia carriera, il Cyclotron Research Centre dell’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve, era un laboratorio di fisica nucleare; il ciclotrone del laboratorio, però, era usato anche per applicazioni mediche. Mio padre, inoltre, era medico radiologo e da studente ebbi l’opportunità di occuparmi della manutenzione della sua strumentazione a raggi X: fu questo il mio primo contatto con i sistemi di presa d’immagini per la medicina. In seguito, lavorando a Berkeley, ebbi l’occasione di riflettere sugli usi possibili dei ciclotroni e mi convinsi che il loro futuro doveva essere più nelle applicazioni in medicina che nella fisica nucleare. Tornato in Belgio, cominciai così a progettare un ciclotrone per la produzione di radioisotopi e dopo averlo brevettato nacque l’idea di creare una società per industrializzare e produrre ciclotroni: ecco com’è nata Iba. Fu il professor André Wambersie, responsabile del reparto di oncologia radioterapica dell’Università di Louvain, a invitarmi a fare il passo successivo, suggerendomi ciò di cui la medicina aveva davvero bisogno in quel momento: macchine per la terapia oncologica con i protoni.
[as]: Com’è cresciuta Iba da allora?
[Yves Jongen]: Oggi Iba è una multinazionale con circa 1.400 dipendenti e un fatturato di circa 200 milioni di euro l’anno. Siamo leader mondiali nella produzione di strumenti per la protonterapia e fino a oggi abbiamo distribuito sul mercato 12 apparecchiature. Ma non è la nostra unica attività. Siamo impegnati anche nell’imaging molecolare e costruiamo ciclotroni per la produzione di beta isotopi; distribuiamo inoltre agli ospedali molecole marcate per la tomografia a emissione di positroni e realizziamo apparecchiature per la dosimetria della radiazione. Una divisione, poi, si occupa della produzione di fasci di elettroni molto potenti e di apparecchiature a raggi X per applicazioni industriali. Delle quattro aree di attività di Iba, la protonterapia costituisce circa il 25% del nostro mercato, una parte certamente rilevante. E anche se l’alto costo della strumentazione rimane oggi una forte limitazione alla sua diffusione, sempre più ospedali stanno decidendo di rivolgersi alla protonterapia. Un solo sistema, infatti, può trattare tra i 1.000 e i 2.000 pazienti l’anno ed è quindi molto efficiente.
Il ciclotrone installato nel 2005 al Proton Therapy Institute dell’Università della Florida, a Jacksonville, negli Stati Uniti. È operativo dal 2006 e oggi tratta 85 pazienti al giorno.
Il ciclotrone per la protonterapia, installato nel febbraio del 2005 al National Cancer Center di Ilsan, in Korea. Ha trattato il primo paziente nel 2007.
[as]: Gli strumenti per accelerare particelle sono progettati per investigare più a fondo nella materia; il loro primo obiettivo è quindi un contributo alla conoscenza. Che caratteristiche deve avere un ciclotrone per trovare applicazione in medicina?
[Yves Jongen]: La radioterapia fa una sorta di ritratto del tumore, come uno scanner, all’interno del corpo del paziente. Il fascio di particelle è utilizzato quindi come un pennello, modulandone l’intensità per conformare esattamente la dose di radiazione al bersaglio, alla massa tumorale. La capacità di fornire realmente al paziente la dose più corretta dipende dalla capacità di regolare molto rapidamente e con grande accuratezza il fascio di protoni o di ioni. E i ciclotroni sono decisamente gli acceleratori di particelle più adatti a questo scopo. I principi su cui si basano i ciclotroni per applicazioni mediche, poi, non sono diversi da quelli su cui si basano i ciclotroni per la ricerca. Cambiano solo alcune specifiche. Una macchina per la radioterapia lavora con uno spettro di particelle molto ristretto, quindi non è necessario che abbia prestazioni particolarmente flessibili. D’altra parte, deve essere molto semplice da usare in modo da poter essere utilizzata da personale meno qualificato: non vogliamo che il suo utilizzo richieda la presenza di fisici con il dottorato di ricerca, e per questo deve essere anche una macchina molto affidabile e sicura.
[as]: Quale vantaggio può offrire a una compagnia solida e avviata come Iba la collaborazione con università e centri di ricerca come l’Infn?
[Yves Jongen]: A un’azienda non conviene mai pretendere di sviluppare tutto internamente, conviene piuttosto collaborare con la ricerca di base: nelle università e nei centri di ricerca ci sono molte persone con idee nuove e interessanti. Ed entrambe le parti possono trarre giovamento dal lavoro di squadra: l’azienda beneficia delle buone idee dei ricercatori, i quali a loro volta guadagnano dall’esperienza dell’azienda nel risolvere problemi di natura tecnica e manageriale. Iba, poi, sta crescendo così rapidamente che abbiamo da sviluppare più progetti di quanti ne possiamo gestire; i ricercatori, d’altra parte, hanno spesso le idee ma non i soldi per sperimentarle e in questi casi l’azienda può contribuire a finanziare un prototipo. Per lo sviluppo di acceleratori, una collaborazione tra i ricercatori di un laboratorio come i Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn, capaci di contribuire con nuove idee e conoscenze, e un’azienda affidabile con esperienza nella realizzazione di acceleratori, beh, credo sia davvero una bella squadra. Grazie alla collaborazione con l’Infn e a quella con altri laboratori nel mondo, oggi stiamo sviluppando un nuovo sistema per l’adroterapia con fasci di carbonio.
[as]: Guardando al passato, deve essere piuttosto soddisfatto di quello che ha realizzato...
[Yves Jongen]: Nel mondo moderno, creare una società è un’avventura possibile. Ma si può anche fallire. Adesso ho 60 anni e si approssima in qualche modo la fine della mia vita professionale; sono portato a guardare più verso il passato che verso il futuro, ma posso dire che creare un’impresa è una bellissima avventura. E non solo tecnica. È una sfida caratterizzata da molti aspetti umani: bisogna motivare le persone verso un obiettivo comune e creare un’equipe nella quale tutti si riconoscano. In paesi come il Belgio, ma anche in Italia, non è molto diffuso l’istinto che porta ad affrontare se stessi dicendo con convinzione: “prendo il futuro nelle mie mani e provo a creare qualcosa di nuovo”. Penso invece che sia qualcosa che vale la pena di fare e che può agire da forte stimolo nella vita. Se generalmente, poi, il progresso della fisica avviene in seno alla ricerca fondamentale, subito dopo i progressi ottenuti nella ricerca di base ricadono su applicazioni utili per l’umanità. E per un fisico è davvero esaltante poter dire: “sto lottando per debellare il cancro”.
{jcomments on}