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Dalla fisica alla medicina.

di Vincenzo Napolano

È soddisfatta della sua professione Giulia Bazzano, giovane fisica sperimentale, che lavora nei Laboratori Nazionali di Frascati per conto della Fondazione Cnao, di cui l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) è uno dei principali attori istituzionali.
Soddisfatta e fortunata – ci dice – poiché oltre a fare un lavoro che le piace e per cui ha studiato a lungo, ha una posizione stabile e una prospettiva più serena di molti ricercatori suoi coetanei.
“Fare ricerca – ci assicura – è un mestiere entusiasmante. Significa trovarsi di fronte a problemi sempre nuovi, che devi affrontare usando la tua testa e avendo, in definitiva, l’opportunità di pensare”. E proprio la voglia di ragionare e di trovare risposte originali ai problemi è stata, da ragazza, la molla della sua passione per la matematica e soprattutto per la fisica. E dopo la laurea, la motivazione maggiore a cercare una strada per continuare a fare ricerca.
“La via più comune – continua la giovane fisica – è quella del dottorato, che sfocia poi in una serie talvolta infinita, di borse di studio e assegni di ricerca in giro per il mondo. Fino al fatidico concorso per una posizione come ricercatore, che però quasi sempre è assegnata a chi ‘aspetta’ da più tempo, secondo un criterio che a volte fa passare in secondo piano il merito”. L’alternativa è stata allontanarsi dal campo della ricerca fondamentale, in cui aveva svolto la tesi di laurea, e guardare a settori più applicativi. “Non credo infatti si debba chiedere a una persona di sacrificare ogni aspetto della propria vita, come purtroppo spesso accade, per un lavoro, che pure ama e la appassiona”.
Dopo un master in applicazioni delle tecnologie nucleari, Giulia viene assunta dalla fondazione Cnao (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, ndr), per cui lavora ancora, con un contratto a tempo indeterminato. Un vero e proprio miraggio per chiunque oggi a ventinove anni nel nostro paese abbia un impiego. “Il fatto che la fondazione Cnao sia un ente sostanzialmente privato – riprende Giulia – svincolato dalle logiche e dalle regole che spesso non aiutano i più giovani ad affermarsi, per me è stata in effetti una grossa fortuna”. E ha consentito di premiare i suoi meriti.
“D’altra parte il nostro lavoro spesso è guardato con ammirazione, ma allo stesso tempo è poco compreso e non solo dalla gente comune, ma anche da chi governa e gestisce le risorse. Nel caso di un’applicazione letteralmente vitale, come nel caso delle terapie tumorali, è più semplice spiegare l’importanza e il valore di ciò che fai”.
In questa fase Giulia Bazzano si occupa di misure magnetiche per il sincrotrone del Cnao, ma una volta che l’acceleratore sarà avviato, prevede di interessarsi ad altri aspetti del suo funzionamento. “Lavorare con un obiettivo così utile per tutti, come la costruzione di una macchina per l’adroterapia, costituisce naturalmente una motivazione in più”. Probabilmente mette al riparo anche dagli entusiasmi e dalle frustrazioni della ricerca fondamentale. “Forse sì, ma non bisogna dimenticarsi mai – conclude la ricercatrice – che senza la ricerca pura e ‘disinteressata’ della fisica delle particelle, come quella che si fa al Cern di Ginevra o in molti altri laboratori italiani, un acceleratore come quello di Pavia non sarebbe stato nemmeno concepibile".

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