[as] radici
Cacciatori di eclissi.

di Eleonora Cossi

Il 7 novembre del 1919 il quotidiano britannico The Times pubblicò un articolo dal titolo Revolution in Science, New Theory of the Universe, Newtonian Ideas Overthrown (“Rivoluzione nella scienza. Nuova teoria dell’Universo: rovesciate le idee di Newton”). L’eccezionale notizia, ripresa dai quotidiani di tutto il mondo, raccontava l’avventurosa storia della conferma sperimentale di una delle predizioni della teoria della relatività generale di Einstein, la deflessione gravitazionale della luce. Le prove arrivavano da due luoghi remoti del pianeta: l’Isola di Principe nel golfo di Guinea e la città di Sobral nel nord del Brasile, entrambi sulla linea dell’equatore. La teoria della relatività generale, elaborata da Einstein nella sua versione definitiva tra il 1915 e il 1916, fu oggetto di grandi discussioni, scetticismi ed entusiasmi nella comunità scientifica, ma rimase in attesa di verifica fino alla fine della prima guerra mondiale. In quegli anni, l’unica possibilità per confermare l’esistenza di un effetto relativistico, compatibile con quello previsto, era offerta dalle eclissi totali di Sole, ma organizzare una spedizione durante la guerra era decisamente troppo rischioso. In Inghilterra Arthur Stanley Eddington, tra gli astrofisici più importanti del ’900, fu uno dei primi studiosi a venire a conoscenza della nuova teoria, grazie all’intermediazione del collega Willem De Sitter che, vivendo in Olanda, allora neutrale, gli poté inviare gli articoli pubblicati da Einstein sulle riviste scientifiche tedesche. Eddington comprese pienamente la potenza rivoluzionaria della teoria einsteiniana e ne divenne un acceso sostenitore in patria; ed è proprio alla relatività generale che lo scienziato inglese deve la sua enorme popolarità e forse anche la vita. Eddington, infatti, quacchero e pacifista convinto, avendo rifiutato di arruolarsi in guerra rischiava una dura condanna. Ma a salvarlo fu Frank Dyson, astronomo reale, che lo mise a capo di una delle due spedizioni per l’osservazione dell’eclisse del 29 maggio 1919.

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La strumentazione utilizzata da Crommelin per osservare l’eclisse a Sobral, in Brasile.
In quella primavera due gruppi di astronomi britannici partirono per un’ambiziosa missione scientifica, che si proponeva di verificare la teoria di Einstein. Il primo, guidato da Eddington, era diretto all’Isola di Principe, a circa 250 chilometri dalla costa dell’attuale Gabon nell’Africa occidentale. Il secondo era guidato da Andrew Crommelin, astronomo di origine francese, che scelse come luogo di osservazione la cittadina di Sobral, nello stato del Cearà in Brasile. Le due località, collocate ai due estremi dell’oceano Atlantico, si trovavano in una posizione ideale per osservare l’eclisse del 29 maggio: il Sole oscurato avrebbe avuto come sfondo il gruppo delle Iadi, una porzione di cielo particolarmente luminosa. Durante le eclissi, la luce solare, normalmente molto più intensa di quella stellare, è oscurata dalla Luna. Ciò rende possibile osservare e misurare la posizione delle stelle la cui luce è rasente al bordo solare, operazione impossibile quando la luce del Sole impedisce questo tipo di osservazioni. Secondo la teoria, la posizione (apparente) delle stelle osservate durante l’eclissi sarebbe dovuta risultare diversa da quella conosciuta, perché la deformazione dello spaziotempo prodotta dalla massa del Sole curva la traiettoria della luce stellare (vd. in Asimmetrie n. 12, fig. c in [as] radici - Dall'etere alla luce deviata). Eddington e Crommelin incontrarono però notevoli difficoltà. Sull’Isola di Principe il cielo fu nuvoloso con un’unica schiarita durante l’osservazione, a Sobral le variazioni di temperatura compromisero il funzionamento della strumentazione e il gruppo di Crommelin dovette ricorrere a un piccolo telescopio di riserva che si rivelò però fondamentale. Entrambi ottennero delle fotografie in cui erano chiaramente visibili circa una decina di stelle vicine al bordo solare. Il confronto tra le fotografie diurne e quelle realizzate di notte indicava che durante l’eclisse la posizione apparente delle stelle era effettivamente diversa. L’entità dello spostamento angolare rilevato da Eddington e Crommelin, una misura difficilissima e di precisione estrema, concordava con il valore dell’effetto previsto da Einstein: mezzo millesimo di grado. Queste osservazioni, realizzate in condizioni difficili e in luoghi remoti, fornirono la prima evidenza diretta della curvatura dello spaziotempo e confermarono le previsioni della teoria della relatività generale. I risultati furono annunciati a Londra il 6 novembre 1919 in una seduta congiunta della Royal Society e della Royal Astronomical Society e fecero il giro del mondo rimbalzando dalla comunità scientifica ai media molto velocemente. Il nuovo modello dello spazio e del tempo era un fatto e Einstein un genio riconosciuto in tutto il mondo e con una insospettabile carriera da icona irriverente davanti a sé.
b.
Nel corso del IX secolo alcune foto di Albert Einstein sono diventate delle vere e proprie icone.
[as] approfondimento
Mission impossible

Le imprese del 1919 diedero la prima conferma sperimentale della teoria di Einstein, ma non furono la prima missione scientifica ideata a tale scopo. Un gruppo di scienziati tedeschi guidati dall’astronomo Erwin Freundlich, grande amico di Einstein, partì da Berlino nel luglio del 1914 con l’obiettivo di giungere in Crimea per osservare l’eclissi di Sole del 21 agosto di quell’anno. L’idea della spedizione fu dello stesso Einstein, che nel 1913 propose a Freundlich di misurare la posizione delle stelle durante un’eclissi, progetto su cui si rivelò estremamente insistente al punto che entrambi sottovalutarono gli eventi politici in corso e i loro potenziali sviluppi. Freundlich e i suoi, difatti, non raggiunsero mai la Crimea e vennero invece arrestati dai soldati russi, dato che la Russia e la Germania nel frattempo erano divenute nemiche. Era scoppiata la prima Guerra Mondiale. Fortunatamente gli scienziati furono scambiati con dei prigionieri russi e poterono tornare in patria. Guardando retrospettivamente, il fallimento di questa prima spedizione conteneva in sé una fortuna. Nel 1914 la teoria della relatività generale non era ancora matura e i calcoli elaborati da Einstein, che non aveva ancora intuito che lo spazio è curvo, contenevano un errore che avrebbe comportato delle discrepanze tra la teoria della relatività generale e le osservazioni sperimentali che dovevano confermarla. L’anno successivo Einstein rivide la teoria e propose un’equazione oggi nota come equazione di campo di Einstein, che descrive la gravità come curvatura dello spaziotempo.

 

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