Spaziotempo in movimento
Interferometri per astronomia gravitazionale.
di Francesco Fidecaro
Gli straordinari progressi della fisica durante il XX secolo hanno permesso di costruire strumenti che gli astronomi vissuti in precedenza non avrebbero mai potuto immaginare. Sono cresciute le dimensioni dei telescopi, si è ampliato lo spettro osservato passando dal visibile all'infrarosso, alle onde radio, oppure all'ultravioletto, ai raggi X e gamma. Non solo, sono state osservate particelle di altissima energia, oppure fiotti di raggi gamma, da associare a qualche violento evento successo nell'Universo milioni di anni fa. Oggi le osservazioni si susseguono numerose, anche grazie alla strumentazione imbarcata sui satelliti, usata per osservare direttamente quelle particelle che altrimenti sarebbero assorbite dall'atmosfera terrestre prima di essere rivelate, e si va costruendo un'immagine del cosmo sempre più ricca e affascinante.
Accanto a queste varie forme di luce, che ci hanno anche permesso di ricostruire l'evoluzione dell'Universo risalendo fino a qualche centinaia di migliaia di anni dall'inizio, esiste un altro tipo di radiazione, associato al moto di una qualsiasi massa presente nello spazio. Questa radiazione è associata alla più debole delle interazioni fondamentali, la gravitazione, ed è il meccanismo con il quale si trasmette, alla velocità della luce, la forza di gravità. Le proprietà delle onde gravitazionali, come si generano e come si rivelano, sono state dedotte nel 1916 da Albert Einstein dalla sua teoria della gravitazione, ovvero la relatività generale.
La radiazione gravitazionale è stata messa in evidenza attraverso osservazioni di sistemi astrofisici, ma tuttora non si è riusciti a captarla con strumentazione terrestre, talmente è debole il segnale atteso. Ma già da ora ci si prepara all'osservazione sistematica dell'Universo per il tramite di questi nuovi segnali.
I rivelatori per onde gravitazionali hanno come elemento sensibile delle masse, isolate al meglio dalle perturbazioni locali, e come trasduttore un fascio di luce che misura di quanto esse distino l'una dall'altra. L'onda gravitazionale, al suo passaggio, cambia la posizione relativa delle masse di una quantità quasi assurda: un miliardesimo di miliardesimo di metro, pari a un millesimo del raggio del nucleo di un atomo. Queste distanze possono essere misurate con il metodo dell'interferometria, confrontando le distanze misurate dalla luce in due direzioni diverse. Lo strumento risultante è un interferometro con due bracci perpendicolari tra loro, che funziona come un'antenna.
E siccome con antenne più grandi si ha maggiore sensibilità, gli interferometri per onde gravitazionali sono cresciuti e hanno ora dimensioni di qualche chilometro, mentre è in sviluppo un interferometro, chiamato Lisa (Laser Interferometer Space Antenna) con bracci di 5 milioni di chilometri, da collocare ovviamente nello spazio.
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Al lavoro su uno degli specchi di Virgo. Questi specchi hanno una riflettività del 99,999%. La loro superficie è così levigata che le dimensioni di eventuali irregolarità sono dell’ordine del miliardesimo di metro. Per evitare che movimenti del terreno li facciano anche impercettibilmente vibrare è stato costruito un sistema di superattenuatori, giganteschi ammortizzatori che sostengono gli specchi mediante catene di pendoli.
L’interno di uno dei bracci dell’interferometro Virgo, a Cascina, nella campagna pisana. Ciascuno dei suoi due bracci è lungo 3 chilometri, ma il percorso compiuto dal raggio laser che vi scorre all’interno viene aumentato virtualmente per mezzo della riflessione su speciali specchi.
Una sottile striscia di gas fluttua nella nostra galassia. Fa parte dei resti della supernova SN1006, prodotti dall’esplosione, vista dagli antichi astronomi ormai più di un migliaio di anni fa, di una nana bianca distante circa 7.000 anni luce. Questa supernova è stata probabilmente l’oggetto più brillante mai visto dall’uomo nel cielo. Oggi i resti di questa violentissima esplosione hanno un diametro di circa 60 anni luce e si stanno ancora espandendo a una velocità di quasi 10 milioni di chilometri all’ora.
Attualmente sono in funzione tre grandi interferometri nel mondo, due negli Stati Uniti per il progetto Ligo (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory), con bracci di 4 km e uno in Italia, vicino a Pisa, con bracci di 3 km, chiamato Virgo, dal nome dell'ammasso di galassie a decine di milioni di anni luce dalla Via Lattea. Completano il quadro un interferometro di 600 m in Germania (Geo 600) e uno in Giappone di 300 m (Tama).
Questi strumenti sono ora in ascolto, in attesa della "prima luce", ovvero della prima evidenza di un segnale gravitazionale da registrare e studiare. Ma già da ora vi sono accordi per un uso congiunto dei dati raccolti. Infatti, il singolo interferometro è in ascolto di tutta la sfera celeste, ma non è in grado di fornirne la direzione di provenienza dell'onda gravitazionale. Invece, sfruttando i tempi di arrivo nei vari rivelatori è possibile ricostruire la posizione della sorgente. Se a questa posizione corrisponde un oggetto astrofisico già visto con altri mezzi, si avranno ulteriori notizie sulla natura della sorgente. Se verranno osservati fenomeni transitori, come l'aumento di luminosità originato da una supernova oppure fiotti di raggi gamma, allora si potrà associare alla forma d'onda registrata, già segnale di violenti movimenti di enormi masse, le altre osservazioni e avere una ben maggiore comprensione di ciò che avviene quando sono in gioco energie estreme.
Le onde gravitazionali possono attraversare indisturbate tutto l'Universo a noi conosciuto, tale è la trasparenza della materia nei loro confronti. Quindi esse giungono dal cuore del cataclisma stellare, fornendo dati altrimenti inaccessibili. Si ritiene che le onde gravitazionali siano quindi anche il primo segnale emesso in eventi di altissima energia e quindi gli interferometri, sfruttando la loro capacità di ascolto omnidirezionale, forniranno informazioni affinché tutti gli strumenti utili vengano puntati verso la sorgente per studiarne l'evoluzione fin dai primi istanti.
Questo programma ambizioso può essere a giusto titolo chiamato astronomia gravitazionale. Esso conta tra i suoi obiettivi l'osservazione di candele standard gravitazionali, cioè sorgenti di onde gravitazionali di ampiezza nota per cui se ne può determinare la distanza dalla Terra, un dato molto difficile da ottenere in astronomia classica. Le candele standard gravitazionali ci consentono di studiare in modo completamente nuovo la scala delle distanze e la distribuzione di materia nell'Universo. L'osservazione di fenomeni violenti a distanze cosmologiche, quali la coalescenza di buchi neri di milioni di masse solari, una prerogativa questa della missione Lisa, darà ulteriori informazioni su ciò che avveniva nell'Universo giovane. Altrettanto interessante risulterà l'astronomia multi messaggero, in cui lo stesso fenomeno viene visto in tanti modi diversi. Le varie radiazioni osservate, con diversa evoluzione della loro intensità nel tempo, daranno ciascuna un'immagine complementare. I modelli proposti dovranno essere in grado di spiegare tutte le osservazioni, dalle onde radio a quelle gravitazionali, ma vi sarà sicuramente qualcosa di nuovo e inatteso.
Con il miglioramento degli strumenti, e con l'interferometro spaziale Lisa, che osserva fenomeni su scale di tempo più lunghe, inizierà anche l'astrometria gravitazionale, dalla quale si conta di ottenere misure di precisione relative alla forza di gravità e quindi di estendere il campo di validità della teoria della gravitazione o, ancora una volta, richiederne una drastica revisione.
Radiografia a muoni
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L'idea di usare la misura dell'assorbimento dei raggi cosmici per sondare l'interno di volumi altrimenti inaccessibili, nello stesso modo in cui l'assorbimento di raggi X fotografa l'interno del corpo umano, risale a circa mezzo secolo fa. Tra le applicazioni concrete la più spettacolare venne realizzata dal premio Nobel Luis W. Alvarez, che esaminò la piramide di Chefren alla ricerca di sale nascoste (senza trovarne!). Nel 2003 un gruppo di ricercatori dei Laboratori di Los Alamos ha proposto un diverso uso dei muoni cosmici, basato sulla misura non dell'assorbimento ma della deviazione angolare che essi subiscono attraversando un materiale. L'analisi delle deviazioni dei singoli muoni con un sofisticato programma di imaging fornisce la distribuzione del materiale in tre dimensioni. La nuova tecnica, chiamata tomografia muonica, richiede un numero inferiore di muoni e, di conseguenza, un tempo di attesa inferiore rispetto alla misura dell'assorbimento, ma richiede una strumentazione più complessa, dovendo misurare la direzione, e non solo la posizione, di ciascuna particella. Rivelatori adeguati sono stati sviluppati per gli esperimenti a Lhc, ed è proprio utilizzando due camere a deriva per muoni dell'esperimento Cms che un gruppo Infn-Università di Padova, assieme a colleghi di Genova e Brescia, ha costruito ai Laboratori Nazionali di Legnaro dell'Infn il primo, e finora unico al mondo, prototipo di tomografo a raggi cosmici di grandi dimensioni (circa 11 m3). Questo strumento ha permesso di dimostrare che anche all'interno di grandi volumi è possibile determinare posizione, forma e densità del materiale contenuto, in particolar modo per elementi con elevato numero atomico (piombo o uranio, ad esempio). L'elevato potere di penetrazione dei muoni permette inoltre di ottenere immagini anche dietro schermi impenetrabili ai normali strumenti per radiografie con raggi X. Al momento sono allo studio applicazioni della tecnica per controlli di sicurezza, con l'obiettivo di identificare la presenza di sorgenti radioattive anche se efficacemente schermate da metalli pesanti. [Gianni Zumerle e Germano Bonomi]
Biografia
Gianni Zumerle è professore all'Università di Padova. È stato responsabile nazionale dell'esperimento Cms a Lhc al Cern, al quale tuttora collabora.
Germano Bonomi è ricercatore all'Università di Brescia. È attualmente impegnato nel campo dell'antimateria, della fisica ipernucleare e in quello della fisica applicata alla sicurezza.
Biografia
Francesco Fidecaro insegna all'Università di Pisa ed è attualmente il responsabile scientifico della collaborazione Virgo. Ha collaborato al progetto e alla realizzazione del sistema di isolamento sismico per gli specchi di Virgo.