[as] riflessi
Equazioni di piombo.
di Eleonora Cossi
In principio era il piombo. Le mani esperte di un tipografo montatore che allineavano caratteri, che componevano parole che andavano a costituire righe che formavano poi un testo completo pronto per essere stampato. Fin dalla sua nascita, la stampa moderna, inventata da Johannes Gutenberg che per primo, almeno in Occidente, ideò e sperimentò i caratteri mobili, è stata caratterizzata dall’innovazione tecnologica, che l’ha trasformata nel corso dei secoli attraverso lo sviluppo di nuove macchine e tecniche di composizione tipografica. Ma nelle stamperie, oltre ai testi religiosi e letterari, si sono da sempre prodotte anche opere scientifiche: testi che contenevano equazioni e formule e dunque esponenti, deponenti, linee di frazione e altri caratteri difficili da allineare e comporre, che richiedevano mani esperte e tecnologie spesso costose. Generazioni di studenti di facoltà scientifiche hanno incontrato problemi analoghi e hanno scritto i propri lavori, prima, con macchine da scrivere portatili, coma la mitica Lettera 22 della Olivetti, battendo cautamente numeri e linee sui tasti e spostando con estrema attenzione in su e in giù il rullo di carta con la manopola, e poi al computer, usando linguaggi specifici per le formule matematiche come TeX, Metafont e LaTeX. Nomi sconosciuti ai colleghi umanisti.
Dario Cimaglia lavora da anni nel campo della stampa tipografica e dell’editoria. Oggi ha una società di servizi editoriali, che ha sede nel quartiere tiburtino, una delle aree della capitale che più si è trasformata e innovata negli ultimi anni. E tecnologia e trasformazione sono appunto anche le parole chiave dell’evoluzione della tipografia, settore che è stato completamente rivoluzionato dall’ingresso nel mercato di nuove macchine.
Dario Cimaglia lavora da anni nel campo della stampa tipografica e dell’editoria. Oggi ha una società di servizi editoriali, che ha sede nel quartiere tiburtino, una delle aree della capitale che più si è trasformata e innovata negli ultimi anni. E tecnologia e trasformazione sono appunto anche le parole chiave dell’evoluzione della tipografia, settore che è stato completamente rivoluzionato dall’ingresso nel mercato di nuove macchine.
b.
Dario Cimaglia da anni lavora nel campo della stampa tipografica e dell’editoria. Oggi ha una società di servizi editoriali a Roma, la Plan.ed.
Dario Cimaglia da anni lavora nel campo della stampa tipografica e dell’editoria. Oggi ha una società di servizi editoriali a Roma, la Plan.ed.
“Nell’800 la rivoluzione tecnologica industriale aveva portato a sviluppare la Lynotipe, la prima macchina che componeva le righe di testo in piombo, inventata nel 1886 da Ottmar Mergenthaler – ci racconta Cimaglia – Prima della Linotype il processo di stampa consisteva nell’assemblare manualmente ogni parola, carattere per carattere e in senso inverso. La Linotype meccanizzò questo processo, fondendo in metallo righe intere di scritto che venivano digitate su una tastiera meccanica da un operatore specializzato. Le linee di testo venivano assemblate per formare una pagina che poi veniva stampata”. Questa macchina fu una vera rivoluzione per l’editoria e per la diffusione dei giornali. Installata per la prima volta al New York Tribune nel luglio 1886, consentì di passare dai 1000 caratteri, fino ad allora tradizionali, a circa 8000-10.000. Per l’editoria scientifica però questo sistema aveva grossi limiti. “La Lynotipe ha rappresentato un salto tecnologico notevole, in particolare per la rapidità con cui si poteva andare in stampa – continua Cimaglia – Ma c’erano degli inconvenienti. Essendo una macchina che compone una riga per volta, per correggere un errore era necessario riscrivere l’intera riga. Un’operazione costosa. Inoltre, la riga non consentiva di mettere esponenti o deponenti. Insomma, tagliava fuori le formule matematiche”. La soluzione per i testi scientifici era una macchina per la composizione meccanica chiamata Monotype, inventata sempre nell'800, ma meno diffusa perché più lenta della Linotype. Usando sempre la tecnica della fusione a caldo con il piombo, la Monotype fondeva una lettera alla volta e consentiva, oltre a una maggiore precisione, di comporre formule ed equazioni, poiché era possibile posizionare i caratteri uno alla volta. “Nell’editoria scientifica la Monotype è stata usata per decenni, anche dopo l’introduzione della composizione al computer negli anni ’70. Ancora all’inizio degli anni ’80 ho curato un libro di fisica con molte formule ed equazioni: Lezioni di fisica, di Carlo Bernardini e Silvia Tamburini. Sono dovuto arrivare fuori Roma in un borgo vicino a Tivoli che si chiama Castelmadama, dove c’era una tipografia che componeva ancora in Monotype. Una delle pochissime in grado di fare questo tipo di lavorazione!”, conclude Cimaglia. La composizione di testi scientifici cambierà radicalmente solo con l’informatica e con la diffusione di programmi evoluti di impaginazione, come per esempio QuarkXPress o Adobe InDesign, che prevedono caratteri pensati per stampare le formule e hanno semplificato enormemente l’editoria scientifica. Nonostante ciò una minoranza nostalgica non riesce proprio a separarsi dal LaTeX!
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