Oltre la quarta dimensione
Gravità quantistica, superstringhe ed extra dimensioni per raccontare l'universo dell'infinitamente piccolo.
di Leonardo Castellani
La forza di gravità è di gran lunga la più debole delle quattro interazioni fondamentali: a distanze atomiche o molecolari risulta quindi del tutto trascurabile rispetto alle forze nucleari ed elettromagnetiche. Tuttavia, a distanze macroscopiche la gravità diventa la forza dominante, determinando il nostro peso, la forma e la struttura del sistema solare, delle galassie e, più in grande ancora, del nostro Universo.
Su dimensioni che vanno dalla scala cosmica al decimo di millimetro, tutti i fenomeni gravitazionali noti sono magnificamente descritti dalla teoria della relatività generale di Einstein, che si riduce alla teoria classica di Newton (le leggi della meccanica a cui facciamo normalmente riferimento) per velocità molto minori di quella della luce e campi gravitazionali deboli.
Ma perché ci interessa la gravità su scala ultramicroscopica? La risposta è proprio nella teoria della relatività generale, che prevede situazioni in cui l’Universo stesso è racchiuso in dimensioni microscopiche con un’elevatissima densità di energia.
Una condizione simile, ad esempio, è quella del nostro Universo subito dopo il Big Bang, circa 13,5 miliardi di anni fa, e gli effetti di gravità quantistica sono essenziali per spiegarne l’evoluzione. In tutte le teorie quantistiche, i processi che descrivono le interazioni tra particelle sono di tipo probabilistico e le probabilità, per avere significato fisico, devono assumere valori finiti, al massimo pari a uno (la teoria, cioè, deve essere normalizzata). Tuttavia, il carattere puntiforme delle interazioni tra particelle elementari porta a delle divergenze, ossia probabilità di valore infinito, che per il Modello Standard è possibile eliminare con la cosiddetta procedura di rinormalizzazione. Nel caso della teoria quantistica del campo gravitazionale, però, le divergenze sono ineliminabili.
A sinistra: interazione puntiforme di tre particelle. A destra: la zona d’interazione di tre stringhe è estesa e non puntiforme.
Avendo un’estensione estremamente ridotta (dell’ordine della lunghezza di Planck, pari a 10-36 m), le stringhe appaiono come particelle puntiformi anche ai nostri microscopi più potenti, cioè i grandi acceleratori capaci di sondare distanze fino a un miliardesimo di miliardesimo di metro. Che cosa prevede la teoria delle stringhe a questa scala? Le stringhe, che appaiono puntiformi, riescono a riprodurre correttamente l’insieme di particelle e di interazioni del Modello Standard?
Su questo problema stanno lavorando molti gruppi di ricerca, e i risultati ottenuti, seppure incoraggianti, non permettono ancora una risposta definitiva.
A bassissime energie, nel limite classico in cui spariscono gli effetti quantistici, la teoria delle stringhe contiene effettivamente il campo elettromagnetico (con le sue generalizzazioni, previste dal Modello Standard) e il campo gravitazionale della relatività generale. In questo limite, la teoria ha ispirato la costruzione di nuovi e interessanti modelli cosmologici. In quanto teoria quantistica, essa soffre del fatto (comune anche al Modello Standard) che le sue predizioni possono essere calcolate solo in modo approssimato, tramite la cosiddetta teoria delle perturbazioni.
Pur con queste difficoltà, tuttavia, la teoria delle stringhe ha potuto dare una prima spiegazione microscopica della termodinamica dei buchi neri. Essa, inoltre, prevede fenomeni nuovi, i cui effetti potrebbero essere rilevati con il nuovo acceleratore di particelle Lhc (Large Hadron Collider) che entrerà in funzione al Cern di Ginevra nel 2008. Le previsioni della teoria delle stringhe includono:
1. Una nuova simmetria della natura, chiamata supersimmetria. Essa agisce tra bosoni (ad esempio i fotoni e i gluoni, mediatori rispettivamente dell’interazione elettomagnetica e forte) e fermioni (come quark e leptoni, i mattoni fondamentali di tutta la materia) scambiando gli uni con gli altri: se la simmetria fosse esatta, per ogni bosone dovrebbe esistere un fermione di uguale massa. Tuttavia, questo non si verifica per le particelle elementari descritte dal Modello Standard e osservate negli esperimenti, il che implica una rottura della supersimmetria, come succede già per altre simmetrie del Modello Standard. Il meccanismo di questa rottura rappresenta una delle principali difficoltà nel confronto con i dati sperimentali.
Pur non verificata sperimentalmente, la supersimmetria è un ingrediente matematico necessario nella teoria delle stringhe (da qui il termine “superstringhe”): essa prevede l’esistenza di nuove particelle, compagne supersimmetriche di quelle descritte nel Modello Standard, che potremo forse rivelare alle energie accessibili a Lhc. A basse energie le superstringhe riproducono la supergravità, che generalizza la gravità di Einstein con l’aggiunta del gravitino, il fermione partner supersimmetrico del gravitone.
Spaziotempo, stringhe aperte e stringhe chiuse. Solo i gravitoni (stringhe chiuse) possono propagarsi nelle dimensioni extra.
2. Dimensioni “nascoste” dello spaziotempo. Per essere matematicamente consistente, la teoria quantistica delle superstringhe deve avere 6 dimensioni spaziali “extra” oltre alle 4 dello spaziotempo usuale. Queste dimensioni extra sono compatte, cioè arrotolate su se stesse: per esempio possono descrivere dei piccolissimi cerchi o sfere, ma anche infiniti altri spazi compatti, osservabili solo a energie molto elevate o a distanze infinitesime.
A tutte queste “compattificazioni” corrispondono particolari proprietà per le particelle a basse energie, ed è possibile trovare particolari spazi 6-dimensionali a cui corrispondono proprietà molto simili a quelle del Modello Standard. È però ancora del tutto ignoto il meccanismo con il quale la teoria “sceglie” un particolare spazio 6-dimensionale.
3. Modifiche alla legge di Newton. La teoria delle stringhe include anche altri oggetti estesi multidimensionali, le cosiddette p-brane (membrane p-dimensionali), e recentemente è stata avanzata l’ipotesi che lo spaziotempo usuale sia proprio una 4-brana fluttuante in uno spazio a 10 dimensioni, nel quale le 6 dimensioni extra siano “permeabili” solo alla forza gravitazionale. In questo caso, si prevedono deviazioni dalla legge di Newton su scala submillimetrica, che sono attualmente sotto investigazione da parte di numerosi gruppi sperimentali.
Biografia
Leonardo Castellani è professore di fisica teorica presso l’Università di Torino e presso la facoltà di scienze dell’Università del Piemonte Orientale, di cui è preside dal 2004. Ha conseguito il Ph.D. in fisica teorica presso l’Institute for Theoretical Physics dell’Università di Stony Brook (New York) e ha lavorato al Lauritsen Lab del Caltech e al Cern di Ginevra.
Link
http://scienzapertutti.lnf.infn.it/string/percorso/isola.swf
http://superstringtheory.com/
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