[as] radici
ll linguaggio della relatività.
di Umberto Bottazzini
Con una contemporaneità non rara nella storia della scienza, e non priva di ironia, visto che i loro lavori mettevano tra l’altro in discussione l’idea di simultaneità di eventi, nel 1905 Poincaré e Einstein hanno pubblicato articoli che, ancora in tempi recenti, hanno giustificato contrapposte interpretazioni sul loro ruolo nella scoperta e nella formulazione della teoria della relatività (ristretta). Se per alcuni controversa è la priorità, per tutti non c’è dubbio che l’idea di onda “gravifica” (o gravitazionale, come si dice oggi) venga per la prima volta formulata da Poincaré in quell’occasione. Basta leggere quanto egli scrive in quei due articoli Sur la dynamique de l’électron.
Dapprima mostra che le trasformazioni di Lorentz formano un gruppo, sottogruppo di quello che Wigner ha proposto di chiamare “gruppo di Poincaré”, e che la forma quadratica x2 + y2 + z2 - t2 è invariante per trasformazioni del gruppo. Se si pensa all’importanza delle proprietà gruppali delle trasformazioni di Lorentz, dimostrate da Poincaré e asserite da Einstein, si capisce perché Pauli abbia detto una volta che “il concetto di gruppo sta alla base della teoria della relatività ristretta”. Il concetto di gruppo sta anche alla base della geometria. Anzi, tutta la geometria non è altro che una faccenda di gruppi, come aveva affermato Poincaré nel 1880. Di gruppi di trasformazioni e dei relativi invarianti. Come lo è quella forma quadratica per il gruppo di Lorentz.
Nell’ipotesi che tutte le forze, qualunque ne sia l’origine, comprese quelle gravitazionali, siano soggette alle trasformazioni di Lorentz, Poincaré indaga quali modifiche questa ipotesi comporti per le leggi della gravitazione.
Ed è a questo punto che introduce l’idea di onde “gravifiche”, che si propagano alla velocità della luce. Annunciata nella breve nota del 5 giugno all’Accademia delle scienze di Parigi, la questione è ripresa con maggiore ampiezza nella lunga memoria del successivo 23 luglio, inviata per la pubblicazione nei Rendiconti del Circolo matematico di Palermo. Ma per essere decisa, aveva detto Poincaré in chiusura della sua nota, richiede una discussione approfondita.
La biblioteca di Giovan Battista Guccia, prima sede del Circolo Matematico di Palermo. Guccia fondò nel 1884 il Circolo e nel 1885 i “Rendiconti”, rivista che si affermò in breve a livello internazionale.Il Circolo diventò una delle principali associazioni di matematici: nel 1914, contava 924 soci, dei quali 618 stranieri, tra cui figuravano molti tra i maggiori matematici del tempo.
Come quella intrapresa qualche anno dopo da Einstein. “Al momento mi sto occupando esclusivamente del problema della gravitazione e ora credo che riuscirò a superare tutte le difficoltà grazie all’aiuto di un amico matematico di qui. Ma una cosa è certa, in tutta la mia vita non ho mai lavorato tanto duramente, e l’animo mi si è riempito di un grande rispetto per la matematica, la parte più sottile della quale avevo finora considerato, nella mia dabbenaggine, un puro lusso. In confronto a questo problema, l’originaria teoria della relatività è un gioco da bambini”.
Siamo nell’ottobre del 1912 e Einstein è alle prese con i difficili problemi incontrati nel tentativo di giungere a una teoria relativistica della gravitazione. Da un paio di mesi Marcel Grossmann, l’“amico matematico”, gli sta spiegando gli elementi di uno speciale calcolo, il “calcolo differenziale assoluto”, per mezzo del quale Einstein, come confida a Arnold Sommerfeld, conta di riuscire a superare “tutte le difficoltà”. L’impresa richiederà comunque ancora anni di duro lavoro. Quando, all’inizio del 1916 Einstein dà finalmente alle stampe I fondamenti della teoria della relatività generale, nella prefazione sottolinea che “i mezzi matematici necessari per la teoria della relatività generale erano già pronti nel ‘calcolo differenziale assoluto’” che da anni era stato elaborato ed “eretto a sistema” da Gregorio Ricci Curbastro. Lavorando in condizioni di relativo isolamento scientifico, Ricci si era dedicato a ricerche di geometria, ispirate all’opera di Riemann sugli spazi a più dimensioni, spazi in cui la metrica è definita da una forma differenziale del secondo ordine i cui coefficienti variano (in generale) da punto a punto.
Nei suoi lavori Ricci aveva sottolineato i vantaggi che i suoi metodi “offrono nelle ricerche, in cui si tratti di proprietà indipendenti dalla scelta delle coordinate”. Come avviene appunto nella relatività generale. Il calcolo differenziale assoluto “conduce a formule ed equazioni, che si presentano sempre sotto identica forma per qualunque sistema di variabili”, dirà in un’altra occasione. Nel 1900, insieme all’allievo Tullio Levi-Civita, Ricci pubblica un articolo nei Mathematische Annalen, che può essere considerato un vero e proprio manifesto del nuovo calcolo, il calcolo tensoriale come si chiama oggi. “Poincaré ha scritto che nelle scienze matematiche una buona notazione ha la stessa importanza filosofica di una buona classificazione nelle scienze naturali”, affermano Ricci e Levi-Civita. “Evidentemente, e a maggior ragione, lo stesso si può dire dei metodi, perché è proprio dalla loro scelta che dipende la possibilità di costringere una moltitudine di fatti senza alcun legame apparente tra loro a raggrupparsi secondo le loro affinità naturali”. Con una serie di esempi Ricci e Levi-Civita mostrano i vantaggi che i metodi tensoriali presentano “quando si tratti di teorie generali, e quando lo scopo sia un’esposizione sistematica di queste teorie”. è l’articolo che finisce nelle mani di Grossmann e fornisce ad Einstein il provvidenziale soccorso matematico – altrettanto provvidenziale quanto quello avuto poi nel contatto diretto con Levi-Civita.Quando la teoria della relatività generale trova conferma nelle osservazioni di Eddington durante l’eclisse solare del maggio 1919, la notizia rimbalza sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. L’improvvisa e immensa fama che circonda Einstein si riflette sul nome di coloro che, come Ricci e Tullio Levi-Civita, hanno fornito i necessari strumenti matematici. Oggi, il nome di Ricci Curbastro è familiare solo a una ristretta cerchia di specialisti. Eppure, come scriveva ancora Einstein, “la teoria della relatività è un meraviglioso esempio di come la matematica ha fornito lo strumento teorico per una teoria della fisica, senza che il problema di fisica abbia avuto un ruolo risolutivo per le corrispondenti creazioni matematiche. I nomi di Gauss, Riemann, Ricci, Levi-Civita e le loro opere apparterrebbero ai contributi importanti del pensiero occidentale anche se questi non avessero portato al superamento dei sistemi inerziali”.
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