A caccia di asimmetrie
Grandi esperimenti per scoprire piccole violazioni.
di Fernando Ferroni
La nebulosa Occhio di Gatto. Al momento del Big Bang materia e antimateria furono prodotte nella stessa quantità, ma oggi ciò che conosciamo nel nostro Universo è fatto di materia. L’antimateria originaria sembra così scomparsa.
In fisica il concetto di simmetria gioca un ruolo fondamentale. In particolare nella meccanica quantistica, la teoria deputata a descrivere i fenomeni che avvengono nell’infinitamente piccolo, cioè a livello nucleare e subnucleare. È quasi ironico che, in un mondo dove tutte le leggi che lo governano sono figlie di una simmetria, ci sia una asimmetria fondamentale: quella tra materia e antimateria. Ad oggi non c’è alcuna evidenza che nell’Universo ci siano regioni composte di antimateria, tuttavia questa assenza è un fatto abbastanza misterioso. All’inizio del tempo, infatti, quando il Big Bang avvenne, necessariamente si produsse un’analoga quantità di materia e antimateria. Questo lo possiamo verificare quotidianamente nei nostri acceleratori di particelle dove l’annichilazione di un elettrone con la sua antiparticella, il positrone, produce stati finali assolutamente simmetrici rispetto alla quantità di materia e antimateria. La prova che all’inizio l’Universo fosse simmetrico è data inoltre dal cosiddetto fondo di microonde a 3 kelvin che lo permea (vd. Asimmetrie n.4, ndr). Esso è composto di fotoni, quelli creati nell’evoluzione iniziale dell’Universo dall’annichilazione delle particelle con le loro antiparticelle. Essi erano allora molto energetici ma il lungo cammino che hanno percorso, nei quasi 14 miliardi di anni di vita, per effetto dell’espansione dell’Universo seguita al Big Bang, li ha fatti diventare “freddi”, cioè di bassa energia. Bisogna anche dire che in un Universo totalmente simmetrico non saremmo ammessi noi, osservatori fatti di materia! Solo i fotoni dovrebbero esistere, mentre tutte le particelle dotate di massa dovrebbero aver subito il processo di annichilazione. Ma noi esistiamo e così i pianeti, le stelle e le galassie. Insomma, la materia c’è, persino quella “oscura”! Questo vuol dire che una parte delle particelle, quelle di un determinato “segno” (la materia, appunto), sono sopravvissute. Se le contiamo, vediamo però che esse sono straordinariamente poche: un protone ogni 100 milioni di fotoni. C’è dunque una violazione della simmetria tra materia e antimateria, ma da questo ultimo dato si deduce che essa debba essere molto piccola. Le particelle cioè si devono comportare in maniera impercettibilmente diversa dalle antiparticelle. Si è supposto che ciò si potesse attribuire a una differenza di comportamento tra particelle e antiparticelle per quanto riguarda le proprietà della coniugazione di carica (C) e della parità (P): questa differenza nel comportamento viene chiamata violazione CP (vd. CP, la simmetria imperfetta., ndr).
Alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo tutti erano convinti che la simmetria CP fosse inviolabile. Si pensava, cioè, che una particella riflessa da uno specchio si comportasse come la sua antiparticella davanti allo specchio. Due fisici statunitensi, Jim Cronin e Val Fitch, attaccarono questo tabù, e il coraggio fu premiato. La violazione fu osservata come un effetto minuscolo nel decadimento di un particolare tipo di particelle, i mesoni K0. Esistono due stati di mesoni K0: i “corti” (KS), a vita breve che generalmente decadono in 2 pioni, e i “lunghi” (KL), a vita medio-lunga, appunto, che decadono di solito in 3 pioni. Ciò che si trovò fu che il decadimento dei mesoni K0 “lunghi” produceva due pioni con una frequenza bassissima ma che corrispondeva comunque a un minuscolo effetto di violazione di CP. Così minuscolo che non a caso la scoperta della violazione di CP è del 1964 ma il successivo progresso significativo si è avuto dopo quasi 30 anni!
Una delle conseguenze di questo fondamentale esperimento, premiato col Nobel, fu la formulazione di Andrej Sacharov delle condizioni necessarie per spiegare l’asimmetria tra materia e antimateria nell’Universo. In breve esse sono: prima, l’esistenza del decadimento del protone (assai raro visto che noi, fatti di protoni, siamo qui a discuterne), che è oggetto di ricerca sperimentale in laboratori sotterranei nel mondo, e in Italia ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn; seconda, la violazione CP, per l’appunto osservata nell’esperimento di Cronin e Fitch; e, terza, il fatto che, al tempo della scomparsa dell’antimateria, a ogni reazione non sia corrisposta una reazione opposta, che la controbilanciasse mantenendo così il sistema in equilibrio.
La camera a vuoto dell’esperimento Na48, dove sono stati studiati i decadimenti spontanei dei mesoni K0 in coppie o triple di pioni. Nel 1999 dallo studio di questi decadimenti è stato ricavato un importante risultato: la misura della violazione CP diretta.
Il rivelatore Kloe ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn. L’esperimento, ancora in funzione, ha consentito di eseguire misure molto precise sul decadimento dei mesoni K0 contribuendo in modo significativo a far luce su questi eventi, la cui comprensione è fondamentale per lo studio della violazione CP.
Inizia a questo punto un’avventura non ancora conclusa che cerca di spiegare e inquadrare questa violazione nelle attuali teorie di fisica delle particelle, e soprattutto di capire se questo è quello che serve per rendere l’Universo asimmetrico. La prima domanda fondamentale che ci si pose fu se la violazione osservata potesse spiegarsi con effetti non ancora conosciuti delle interazioni deboli o se dipendesse da una nuova forza (in aggiunta alle quattro note). Solo gli esperimenti potevano dare la risposta e per darla era necessario osservare un altro caso di violazione CP in un diverso processo debole (e allora sarebbe stato un fenomeno comune alle interazioni deboli), oppure dimostrare l’unicità di quanto osservato.
Una premessa è necessaria. Perché si verifichi la violazione di CP serve che una particella e la sua antiparticella possano decadere nello stesso stato finale attraverso due percorsi quantistici diversi. La ricerca di un nuovo processo con i K “lunghi” richiedeva di misurare con precisione una quantità molto più piccola della violazione di CP osservata nell’esperimento di Cronin e Fitch. Se si fosse riuscito a misurare una quantità non nulla, allora la violazione di CP sarebbe stata figlia delle interazioni deboli.
Tre esperimenti si sono a lungo cimentati con questa misura in laboratori americani, al Cern di Ginevra e in Italia ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn, con l’esperimento Kloe all’acceleratore Dafne. Grazie alle prove sperimentali abbiamo verificato l’effetto, ed esso è sicuramente diverso da zero: dopo 30 anni si dimostra dunque che la violazione CP è generata dalle interazioni deboli.
Il secondo grande progresso avviene in congiunzione con lo studio della cosiddetta matrice CKM (dalle iniziali dei nomi dei tre scienziati che la formularono, Nicola Cabibbo, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa), che mostra come la violazione della simmetria CP nel caso delle interazioni deboli porti a prevedere l’esistenza di sei quark rispetto ai quattro allora noti. Si vuole verificare se la violazione di CP osservata sia quella prevista, non solo in base ai risultati sperimentali noti, ma anche in base alla teoria deputata a descrivere il fenomeno, cioè il Modello Standard delle interazioni elettrodeboli, che include anche la Cromodinamica Quantistica (Qcd, perché fa riferimento alle proprietà dei quark, dette colori, che non hanno però nulla a che vedere coi colori come li intendiamo noi comunemente). I mesoni K purtroppo però non sono efficaci per questa verifica perché la loro massa è piccola, così piccola che le correzioni dovute alla Qcd impediscono ogni calcolo capace di produrre predizioni.
Il rivelatore di Babar allo Stanford Linear Accelerator. Scopo dell’esperimento è studiare la violazione CP nel decadimento dei mesoni B. Per studiarla Babar fa scontrare un fascio di elettroni con uno di positroni che collidendo producono sia mesoni sia le loro antiparticelle. Attraverso l’attento studio delle differenze tra il decadimento del mesone B rispetto a quello del suo partner, l’antimesone B, sono stati forniti interessanti contributi allo studio della violazione CP.
Bisogna allora cambiare famiglia di particelle e sceglierne di più pesanti per le nostre ricerche: tocca ai mesoni B0, che sono particelle equivalenti ai K0 ma di massa circa 10 volte maggiore. Due acceleratori speciali, in grado di produrre mesoni B alla frequenza di 10 Hz, sono stati costruiti in Giappone e negli Stati Uniti, e gli esperimenti opportunamente progettati hanno avuto un completo successo, dimostrando in maniera inoppugnabile che la violazione CP è spiegata dalla matrice CKM.
La fisica della violazione CP è diventata oggi un settore di grande precisione e offre la possibilità di esplorare l’esistenza di una fisica che dia traccia di nuovi fenomeni. Questo compito è affidato a Lhc-b, uno dei quattro principali esperimenti del Large Hadron Collider al Cern di Ginevra, e sarà forse affidato alle SuperB-factory di cui si sta discutendo la costruzione sia in Giappone che in Italia. L’avventura continua anche perché la violazione CP, che Sacharov pose come seconda condizione per l’asimmetria tra materia e antimateria, nonostante tutto quello che abbiamo imparato, non è ancora stata compresa in modo soddisfacente: l’entità della violazione osservata, infatti, non è ancora sufficiente a spiegare perché il nostro Universo sia fatto di materia e non di antimateria.
Biografia
Fernando Ferroni, professore all’Università La Sapienza, si occupa di fisica delle particelle elementari dal 1975 e ha partecipato a molti esperimenti tra cui Babar allo Slac. Attualmente è presidente della Commissione Scientifica Nazionale di fisica delle alte energie con acceleratori dell’Infn.
Link
http://www.sciam.com/article.cfm?id=what-is-antimatter-2002-01-24
http://www.sciam.com/article.cfm?id=in-search-of-antimatter
http://arxiv.org/abs/hep-ph/9712475
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