Cronoviaggi
La fantascienza del tempo
di Francesca Scianitti
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È̀ un fiore portato dal futuro il co-protagonista del romanzo La macchina del tempo di Herbert George Wells. Grazie all’invenzione di una prodigiosa macchina del tempo, un geniale scienziato accede a un futuro lontanissimo scoprendo forme di vita inimmaginate. Al suo ritorno, porterà nel presente l’unica prova di quel viaggio: un fiore sconosciuto.
Si narra di cronoviaggiatori rientrati dal futuro con un fiore in mano. Di mogli e mariti riemersi dalla tomba per rivivere la giovinezza e dimenticarsi l’uno dell’altra una volta tornati bambini. Avventurieri raddoppiati e copie di temponauti scomparsi in viziosi circoli temporali chiusi e inaccessibili. Buchi neri che invertono la rotta del tempo e universi sede di infiniti futuri possibili. Macchine del tempo che soltanto il genio di Einstein avrebbe potuto immaginare, se solo avesse osato farlo.
La fantascienza sembra il luogo naturale di una lotta impossibile tra immaginazione, realtà fisica, logica ed etica, capace di generare paradossi dalla straordinaria potenza narrativa. Forse non ha alcun senso interrogarsi sul fondamento scientifico di questi racconti, ma può essere interessante ribaltare la domanda: che fisica otterremmo se provassimo a dare coerenza alle invenzioni della fantascienza? La potenza delle risposte può dare luogo a sua volta a un viaggio nel tempo, sovvertendo il senso comune e il limite delle nostre conoscenze, e immaginando realtà considerate fino a quel momento inaccettabili o mai immaginate.
La più straordinaria delle previsioni concettuali della fantascienza si trova nel primo romanzo di questo genere,
La macchina del tempo di George Wells. Scritto nel 1895, dieci anni prima che Einstein pubblicasse il primo articolo sulla teoria della relatività speciale, il romanzo fonda la possibilità dei viaggi nel tempo sull’idea che non esista alcuna differenza tra le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale, se escludiamo la nostra percezione del procedere del tempo. È un’anticipazione della formulazione matematica di Minkowski dello spaziotempo quadridimensionale, costituito non più da eventi spaziali che evolvono nel tempo, ma da un
continuum, in cui l’evoluzione nel tempo viene rappresentata come un “moto” lungo la dimensione temporale (vd. approfondimento in
Time out, ndr). Come fotografie successive di un unico individuo, scattate in epoche diverse, la realtà che conosciamo è immaginata da Wells come una sezione, una rappresentazione tridimensionale dell’
unicum quadridimensionale, fisso e inalterabile. Ma se il tempo è solo una dimensione come le altre, osa l’immaginazione di Wells, deve pur essere possibile muoversi avanti e indietro lungo l’asse temporale come facciamo con le tre dimensioni spaziali. Con questa irresistibile semplicità la fantascienza sfonda per la prima volta la porta del tempo.
Wells però non si accontenta di precedere inconsapevolmente la teoria scientifica, ne sfida persino i confini futuri. I suoi viaggi temporali, infatti, come quelli della maggior parte degli scrittori di fantascienza, consentono viaggi nel passato, o ritorni dal futuro al presente, oltre che viaggi di sola andata nel futuro. Perché i viaggi nel futuro non sono poi così interessanti, almeno finché il viaggiatore non decide di tornare. Ed è il ritorno al presente ad avere conseguenze scientificamente ed eticamente paradossali. Lo stesso cronoviaggiatore potrebbe incontrare se stesso da giovane o, peggio, uccidere i propri genitori prima della sua nascita. Quale realtà sarebbe allora più reale, quella del presente in cui è nato o quella del presente in cui non può essere nato? E se anche volessimo accettare la possibilità di un ritorno dal futuro al presente (così come un viaggio nel passato), dal presente qualcosa dovrebbe scomparire. Perché un fiore portato dal futuro non può che essere fatto con gli stessi atomi già esistenti nel presente: il suo “ritorno dal futuro” significherebbe la presenza simultanea degli stessi atomi in due luoghi diversi e la materia risulterebbe così duplicata, creata dal nulla.
Eppure bisogna ammettere che, da un punto di vista puramente letterario, il paradosso è un irresistibile trampolino di lancio verso il fantastico. E non è raro che l’autore produca soluzioni geniali per restituire senso e consistenza alla sua sceneggiatura. Affondando così le radici in una nuova struttura della realtà, e non soltanto nell’invenzione pura, i nuovi mondi della fantascienza sono spesso insolitamente credibili.
b.
Isaac Asimov è autore di circa 500 volumi, non solo su argomenti scientifici, ma anche del genere romanzo poliziesco, di fantascienza umoristica e di letteratura per ragazzi. Le sue opere sono considerate una pietra miliare sia nel campo della fantascienza che nel campo della divulgazione scientifica.
c.
Una scena di Ritorno al futuro (1985, regia di Robert Zemeckis): Michael J. Fox (a destra) e Christopher Lloyd (a sinistra) con la DeLorean utilizzata nel film come macchina del tempo.
Per risolvere il paradosso della duplicazione, nel racconto Necrologio Isaac Asimov fa ricorso a una particolare macchina del tempo ideata da un oscuro dottor Stebbins: la macchina crea una copia del viaggiatore, l’uno viaggia nel tempo, l’altro resta nel presente. La macchina, tuttavia, è costruita in modo da uccidere gli esseri che richiama nel presente, prevenendo così la possibilità che il ritorno dal futuro possa cambiare la storia. L’individuo originale, in sostanza, non viaggia affatto: è il suo duplicato a essere costretto in un circolo vizioso presente-futuro-presente, che ripercorre di continuo, muovendosi su una linea temporale chiusa. Per la fisica questa situazione non è poi così assurda, se si considera l’analogia con il vuoto quantistico: dal vuoto possono emergere una particella e un’antiparticella, che subito si annichilano e si ricreano, e così via in un circolo chiuso infinito. Ma in questo caso, come in altri, la fantascienza supera la semplice soluzione del paradosso e nel racconto di Asimov il circolo a un certo punto si spezza. Approfittando del ritorno dal futuro della copia defunta del marito, la moglie del dottor Stebbins decide di uccidere l’originale riuscendo così, in modo insospettabile, a liberarsene per sempre.
Come propongono Robert Heinlein e Philip Dick in racconti simili a quello di Asimov, tuttavia, la duplicazione del cronoviaggiatore può essere evitata: di ritorno dal futuro, il viaggiatore potrebbe identificarsi con il se stesso presente, per “uscire” da questo prima di ripartire. L’idea è asfissiante, ma risolverebbe, oltre al problema del parricidio, la moltiplicazione infinita di quel Martin del famoso film Ritorno al futuro, che tornando dieci minuti prima di quando era partito può osservare il se stesso in partenza, il quale a sua volta potrebbe tornare dieci minuti prima a osser vare Mar tin che osser va Mar tin in par tenza, e così via senza fine.
La strategia per aggirare i paradossi, ed evitare le descrizioni incoerenti, segue in genere una filosofia molto personale, alla quale ciascun autore di fantascienza aderisce sulla base di scale di valori e conseguenze ritenute più o meno accettabili. Non è raro comunque che la scelta sia quella di cavalcare e portare all’estremo le conseguenze paradossali delle invenzioni fantascientifiche, progettando castelli privi di fondamenta, assurdi e tuttavia credibili. Un bell’esempio è rappresentato dal film Il curioso caso di Benjamin Button (2008), che vede un vecchissimo Brad Pitt ripercorrere a ritroso le fasi dell’esistenza, incrociando la vita di una moglie bambina, di cui sarà in diversi momenti amico-nonno, adulto- seduttore, marito, figlio e, infine, infante nipote. Ma non si tratta in questo caso di veri e proprio viaggi nel tempo, perché è il tempo stesso a invertire la sua rotta diventando “anti-tempo”, portando a eventi come la morte al “contrario”.
d.
Due possibili soluzioni del paradosso dei viaggi nel passato (o dei ritorni dal futuro). In entrambi i casi il viaggio modifica il futuro. Al centro, il futuro non modificato è da considerare impossibile, irrealizzabile e viene cancellato. A destra, i futuri modificati e non modificati dalle incursioni nel passato sono tutti conservati, dando luogo a un’infinità di futuri possibili. (Figura liberamente tratta da “La scienza della fantascienza” di Renato Giovannoli).
Anche quando si affidano totalmente ai paradossi, estremizzandone le conseguenze, i bravi scrittori di fantascienza si pongono il problema della coerenza dell’universo che inventano, che non può capitolare in una serie di catastrofi inaccettabili. Ma l’immaginazione ha bisogno di spazio, non di limitanti preconcetti, e la coerenza non può essere protetta da un semplice principio di censura, sulla base del quale ciò che è troppo paradossale, è semplicemente inaccettabile. Per questo i creatori di fantascienza sanno spesso rendere logicamente possibile ciò che fisicamente non lo è, mettendo in campo speculazioni che possono dare da pensare ai più affermati filosofi e fisici teorici. Una bella soluzione narrativa, e logica, dei paradossi temporali prevede, ad esempio, che si accettino gli interventi sul passato: questo è possibile solo eliminando il futuro, per così dire, originale, a favore di un nuovo futuro, modificato dall’incursione del cronoviaggiatore. È certamente una soluzione affascinante, ma darebbe inevitabilmente luogo a una serie di problemi di natura etica, poiché ammette, di fatto, la possibilità di realizzare un presente-futuro a proprio piacimento tramite rapide escursioni, di tanto in tanto, nel passato. Esiste una seconda soluzione, più accettabile, probabilmente la più elegante e coerente tra tutte le possibili: prevede che il futuro originale sia conservato e continui il suo corso insieme ad altri infiniti futuri e universi paralleli modificati dalle incursioni in infiniti passati preesistenti. Ecco una nuova previsione della letteratura che ha probabilmente la stessa dignità del continuum spaziotemporale previsto da Wells prima di Einstein. Resta da chiedersi, a questo punto, se si tratti davvero soltanto di fantascienza.
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