[as] radici
Libertà impossibile.
di Francesca Scianitti
a .
Al centro della foto, Murray Gell-Mann riceve il Research Corporation Award nel 1969.
La caccia ai quark liberi ha inizio con l’idea stessa di quark. Fu l’ideatore dei quark, Murray Gell-Mann, a proporre per primo di verificare l’ipotesi secondo cui non esisterebbero quark isolati, non associati ad altri quark, cercando alle più alte energie prodotte dai grandi acceleratori. I primi esperimenti portano la data del 1964 e furono compiuti al protosincrotrone del Cern e all’acceleratore Ags del Brookhaven National Laboratory, che, lavorando alle alte energie dell’epoca (centinaia di volte inferiori a quelle ottenute oggi da Lhc), permettevano di rivelare nuove particelle in una camera a bolle (vd. in Asimmetrie n. 15 [as] illuminazioni: Particelle nella nebbia., ndr). I risultati, come Gell-Mann stesso si aspettava, furono negativi. Da allora, gli scienziati non hanno mai smesso di cercare i quark liberi, nonostante nessuno si aspetti davvero di trovarli. Sembra che a rendere appetitosa la sfida sia proprio quel pregiudizio iniziale: e se invece esistessero, da qualche parte, nascosti in un luogo diverso da quello in cui si è cercato?
Componenti della maggior parte delle particelle, e quindi dei nuclei degli atomi, i quark hanno cariche elettriche pari a un terzo o a due terzi di quella dell’elettrone. Se esistessero in forma libera, cioè slegati da altri quark, si dovrebbero poter misurare cariche frazionarie di questo valore, ma fino ad oggi nessun esperimento ha mai osservato cariche frazionarie: i quark sembrano presentarsi sempre in associazione con altri quark (o antiquark), confinati in stati legati a gruppi di due o di tre, dando luogo a cariche intere. Concepire un esperimento per trovare quark liberi è quindi un’impresa coraggiosa, anche perché le aspettative degli scienziati possono influenzare l’analisi dei dati e il loro risultato. Lo scenario non è quindi molto incoraggiante e forse è questo a rendere la sfida ancora più eccitante.
b.
William Fairbank (a destra) che, come professore alla Stanford University, ideò e realizzò l’esperimento per la rivelazione dei quark liberi. Fairbank si è dedicato per oltre trent’anni a delicati esperimenti sulla superconduttività alle basse temperature.
L’esperimento più famoso sulla ricerca dei quark liberi è certamente quello che William Fairbank e i suoi colleghi della Stanford University condussero nel 1977. La fama dell’esperimento di Fairbank si deve al fatto che è stato l’unico nella storia ad avere riportato risultati positivi sull’esistenza di cariche frazionarie, che si sarebbero potute associare naturalmente ai quark. L’esperimento non utilizzava la tecnologia dei grandi acceleratori, prendeva spunto piuttosto dal lavoro del fisico Robert Millikan, che con il famoso esperimento delle gocce d’olio fu in grado di rivelare e misurare quella che per tutti oggi è l’unità elementare della carica elettrica della materia, la carica dell’elettrone. E come avverrebbe oggi se fossero scoperti i quark isolati, questo risultato consegnò a Millikan il premio Nobel nel 1923.
Fairbank e i suoi colleghi sostituirono alle gocce d’olio delle sfere di niobio, un materiale superconduttore, tenendole in sospensione sfruttando la levitazione magnetica per bilanciare la gravità. Dopo avere monitorato accuratamente il modo in cui le singole sfere si muovevano sotto l’effetto di un campo elettrico variabile, il gruppo di Fairbank affermò di avere misurato la presenza di cariche frazionarie pari a +1/3 e -1/3 dell’unità di carica elettrica. Dopo la pubblicazione di questo risultato, il fisico statunitense Luis Alvarez (premio Nobel nel 1968), animato da giustificato sospetto, suggerì di ripetere l’esperimento facendo un’analisi “alla cieca” dei dati ottenuti, aggiungendo cioè valori casuali e sconosciuti alle cariche elettriche misurate, in modo che chi conduceva l’esperimento non conoscesse il reale valore delle singole cariche fino al completamento dell’analisi dei dati. Metodi analoghi sono applicati anche oggi, nei moderni esperimenti, per evitare che la pressione di eventuali pregiudizi condizioni l’analisi e porti a una falsa interpretazione dei dati, facendo emergere forzatamente il risultato atteso (vd. in Asimmetrie n. 14
[as] traiettorie: Ricerca al buio., ndr). La procedura fu applicata a un nuovo insieme di dati dell’esperimento di Fairbank e, quando l’analisi fu conclusa, il valore dei numeri casuali fu reso pubblico e sottratto alle cariche misurate. Dopo l’“apertura” (in inglese,
unblinding) l’esito dell’esperimento non mostrava più la quantizzazione della carica a +1/3 o -1/3. L’analisi “alla cieca” portava quindi a risultati in disaccordo con quanto pubblicato da Fairbank: non c’era alcuna evidenza di cariche frazionarie libere. Già alcuni anni prima, a partire dal 1966 e per una quindicina d’anni a seguire, era stata condotta anche a Genova, dal fisico Giacomo Morpurgo, una lunga sperimentazione che sfruttava la levitazione magnetica di piccole sfere e grani di grafite, senza che fosse mai osservato il minimo segnale della presenza di cariche elettriche frazionarie libere.
È ormai opinione comune che l’esperimento di Fairbank sia stato affetto da qualche influenza esterna, forse un “effetto di fondo” magnetico, e che dunque non abbia realmente osservato quark liberi. Ma le gocce d’olio di Millikan hanno continuato a ispirare i fisici anche dopo l’esperienza di Fairbank. Sempre con l’idea di verificare la presenza di cariche frazionarie, la sola firma possibile dell’esistenza dei quark liberi, nel 1996 un gruppo di ricercatori condotto da Martin Perl ripropose nei laboratori americani dell’acceleratore Slac di Stanford l’esperimento delle gocce d’olio. L’esperimento condotto da Perl ripercorreva quello di Fairbank, con poche ma significative differenze: l’uso di uno stroboscopio e di una videocamera permise al gruppo di monitorare automaticamente milioni di gocce, ottenendo valori molto precisi del diametro di ogni goccia, della loro velocità finale e della carica elettrica. In tutto, l’esperimento mostrò che, se ci fossero quark isolati con cariche ±1/3 o ±2/3, allora questi sarebbero presenti in quantità inferiori a uno su centinaia di miliardi di miliardi di protoni e neutroni. Questo non permette di affermare che i quark liberi non esistono, e la cosa è per definizione impossibile da dimostrare sperimentalmente. Risultati come quello di Perl consentono soltanto di concludere che è molto improbabile che i quark isolati esistano o che, se esistono, sono estremamente rari.
c.
Martin Perl, fisico statunitense dello Stanford Linear Accelerator Center (Slac), insignito nel 1995 del premio Nobel per la fisica (con Frederick Reines) per “i contributi sperimentali pionieristici alla fisica dei leptoni”. Il Nobel a Perl si deve in particolare alla scoperta del leptone tau. Perl ha condotto a Slac nel 1996 l’ultima delle verifiche sperimentali sull’esistenza delle cariche frazionarie associabili ai quark liberi.
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