Quando hanno iniziato il loro viaggio, l'universo aveva all'incirca la metà dei suoi anni. Dopo sette miliardi di anni, i fotoni emessi dalla galassia "QSO B0218+357", che ospita un buco nero supermassiccio, hanno raggiunto la Terra. Ma in due momenti differenti, a distanza di 11 giorni. In questo modo, come spiega uno studio pubblicato su Astronomy&Astrophysics, è stata possibile una doppia osservazione di quella che è considerata la più distante fonte di raggi gamma mai osservata alle alte energie (i fotoni catturati sono centinaia di miliardi di volte più energetici di quelli del Sole).
Quando per primo il telescopio spaziale Fermi-Lat (Large Area Telescope) - che effettua una scansione completa del cielo ogni tre ore -, ha catturato questi fotoni energetici, ha subito allertato i suoi "colleghi" a Terra: i due telescopi Magic (Major Atmospheric Gamma-ray Imaging Cherenkov), alle isole Canarie. I loro sofisticati occhi erano, però, accecati dalla Luna piena. E hanno potuto osservare la galassia lontana solo 11 giorni dopo. La Natura ha, in pratica, fornito agli scienziati di Magic e Fermi-Lat, tra cui i ricercatori dell'Infn e dell'Inaf, una seconda chance di osservare questo violento fenomeno cosmico. Come in una sorta di replay.
Come mai questo ritardo? La spiegazione è riconducibile a un fenomeno previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein: la lente gravitazionale. La luce della galassia lontana è stata in pratica deflessa - per effetto della curvatura dello spaziotempo indotta dalla presenza di una seconda galassia lungo la linea di osservazione, "B0218+357G", a un miliardo di anni luce dalla prima -, mostrandosi ai nostri occhi separata in due diversi cammini. Con un ritardo di 11 giorni l'uno dall'altro. La seconda galassia, grazie alla distorsione gravitazionale dello spaziotempo, ha agito, quindi, da vera e propria lente d’ingrandimento. Mostrando meglio agli scienziati che cosa si celava più lontano. E, quindi, più indietro nel tempo.
Gli studiosi hanno calcolato il ritardo dei due cammini della luce, e questo ritardo corrispondeva esattamente agli 11 giorni dell'osservazione. Dal punto di vista fisico, questa corrispondenza indica che la struttura del vuoto cosmico è quella prevista dalle teorie, con particolare riferimento al numero di fotoni di fondo, circa un centinaio per centimetro cubo. [Davide Patitucci]